Lo Zimbabwe continua a cambiare la sua valuta
Il governo ha presentato la sesta dal 2008, tutte abbandonate a causa dell'iperinflazione: questa volta vuole legare le banconote alle riserve d'oro, una mossa molto rischiosa
Lo Zimbabwe presenterà venerdì una nuova valuta, la sesta dal 2008: tutte le precedenti hanno rapidamente perso valore a causa dell’iperinflazione. Il governo del presidente Emmerson Mnangagwa ha detto che il valore della nuova valuta sarà legato alle riserve d’oro del paese, e quindi garantito da queste. Ci sono però grossi dubbi sul fatto che lo Zimbabwe possieda oro sufficiente per sostenere una nuova valuta, mentre la popolazione si è abituata negli anni a non fare affidamento sulla valuta locale, mantenendo in casa i propri pochi risparmi in dollari statunitensi.
La Repubblica dello Zimbabwe è un paese dell’Africa meridionale con circa 16 milioni di abitanti, alle prese da decenni con problemi economici legati a un forte indebitamento con l’estero e attualmente colpito da una crisi della produzione di beni agricoli dovuta a un forte siccità. L’attuale valuta, il dollaro dello Zimbabwe, era stata messa in circolazione cinque anni fa, ma solo nel 2024 ha perso oltre tre quarti del suo valore rispetto al dollaro statunitense. Da alcuni mesi la banca centrale del paese ha rinunciato a varare misure per provare a difenderne il valore: servono attualmente 36mila dollari dello Zimbabwe per avere un dollaro statunitense nei cambi non ufficiali, contro la quotazione ufficiale di 26mila.
Il dollaro dello Zimbabwe, cioè la valuta che sta per essere tolta dalla circolazione, era stato lanciato dopo un periodo di grande confusione, in cui la precedente valuta aveva cambiato tre denominazioni (cambiando ogni volta quotazione rispetto al dollaro), ed era poi stata abbandonata nel 2009 perché priva di valore, sostituita per alcuni anni da un sistema multivaluta, in cui avevano corso legale nel paese dollari statunitensi, rand sudafricani, pula del Botswana, sterline britanniche, dollari australiani, yuan cinesi, rupie indiane e yen giapponesi.
Il lancio della nuova moneta nelle intenzioni del presidente dovrebbe superare i problemi di svalutazione grazie alla convertibilità in oro. Legare il valore di una valuta alle riserve auree significa stampare moneta in una quantità fissa, pari al valore delle riserve di oro che il paese detiene: questo da una parte dovrebbe garantire la stabilità della valuta, dall’altra limita molto le possibilità di intervento sull’economia e le capacità di spesa. Negli ultimi anni il governo dello Zimbabwe aveva stampato ripetutamente moneta per rispondere alle crisi di liquidità pubbliche, contribuendo alla grande crescita dell’inflazione, che attualmente è intorno al 47 per cento su base annua.
Al momento non esiste alcun paese al mondo che segua la regola del cosiddetto gold standard, piuttosto comune fino alla Prima guerra mondiale: allora le banche centrali dovevano sempre assicurare la convertibilità delle banconote e delle monete in oro vero, che doveva essere tenuto come riserva in proporzione alla quantità di banconote e monete in circolazione. In termini pratici si poteva andare in banca e chiedere di scambiare le proprie banconote con oro e questo garantiva un certo livello di valore alle banconote e alle monete.
Uno dei problemi centrali che evidenziano gli economisti è che lo Zimbabwe non possiede particolari riserve d’oro, inferiori a quelle anche di altri paesi africani. Si stima che le riserve equivalgano a circa 3 tonnellate, in parte conservate nelle banche locali, in parte all’estero. Il valore dell’oro si muove intorno ai 70mila euro al chilo, le riserve attuali permetterebbero di stampare valuta solo per coprire un mese delle spese consuete per le importazioni del paese. Il Sudafrica, per fare un confronto, ha 125 tonnellate di riserve d’oro.
Lo Zimbabwe è economicamente isolato da alcuni decenni, per i ritardi accumulati nel rimborsare i debiti contratti con l’estero: salito al potere, il presidente Mnangagwa aveva annunciato di voler lavorare per superare questa situazione, ma la collaborazione internazionale si è presto bloccata per i metodi repressivi e antidemocratici con cui governa il paese.
Mnangagwa è al potere dal 2017, quando organizzò un colpo di stato non violento sostenuto dai militari contro il precedente presidente autoritario Robert Mugabe (allora Mnangagwa era vicepresidente e capo dei servizi di sicurezza). Fa parte dell’Unione Nazionale Africana di Zimbabwe – Fronte Patriottico (ZANU-PF), il partito che governa lo Zimbabwe ininterrottamente dal 1980, anno in cui il paese ottenne l’indipendenza dal Regno Unito. Nel 2023 ha vinto elezioni non libere, iniziando quindi un secondo mandato.
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