Da dove arriva Truth Social
È la piattaforma social lanciata da Donald Trump nel 2022 e da poco quotata in borsa: l'idea fu proposta anni fa da due concorrenti di un reality televisivo, e da quel momento molte cose sono cambiate
Martedì 26 marzo Trump Media, la società proprietaria del social network Truth Social dell’ex presidente statunitense Donald Trump, è entrata in borsa e ha rapidamente raggiunto una valutazione da oltre 8 miliardi di dollari: una cifra altissima per una compagnia relativamente sconosciuta e un indiscutibile successo per Trump, che nonostante si sia sempre presentato come un ricco imprenditore ultimamente sta avendo molti problemi economici, soprattutto a causa dei costi legati ai vari procedimenti giudiziari in cui è coinvolto.
Secondo molti analisti Truth Social non vale realmente 8 miliardi di dollari. La valutazione è stata inflazionata da fattori che hanno poco a che fare con la finanza e molto con la politica, legati principalmente alla figura di Trump e alla possibilità concreta che vinca le elezioni presidenziali del prossimo novembre.
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Per capire meglio cosa sta succedendo bisogna fare un salto indietro nel tempo di circa tre anni, e tornare a gennaio del 2021. Trump aveva appena perso le elezioni presidenziali contro l’attuale presidente Joe Biden, e il 6 gennaio i suoi sostenitori avevano assaltato a Washington la sede del Congresso per protestare contro i risultati che consideravano “truccati”: una tesi priva di fondamento, per la quale non sono mai state presentate prove convincenti. Trump però aveva alimentato le bugie, sostenendo in molti post pubblicati sui suoi canali social che l’esito del voto fosse stato modificato a suo sfavore.
Pochi giorni dopo la rivolta Trump fu sospeso da tutti i principali social network, tra cui Twitter (oggi X), dove l’ex presidente aveva decine di milioni di follower e che usava spesso per pubblicare messaggi dai toni polemici e provocatori. La sospensione fu un duro colpo per Trump, che improvvisamente perse un importante strumento di comunicazione diretta con i suoi sostenitori. Partì da lì l’idea di Truth Social.
A gennaio del 2021, poco dopo l’annuncio della sua sospensione dai social, l’ex presidente fu avvicinato da Wes Moss e Andy Litinsky, due giovani imprenditori ed ex concorrenti del reality show The Apprentice, programma televisivo che Trump condusse tra il 2004 e il 2015. Proposero a Trump di creare una nuova società di comunicazione digitale, basata sul rispetto del diritto alla libertà di parola e quindi priva di qualsiasi tipo di censura.
Secondo le ricostruzioni di vari giornali statunitensi, tra cui il New York Times, Trump fu attratto dall’idea e decise di mettere a disposizione il suo nome, senza però offrire finanziamenti. A febbraio del 2021 fu quindi fondata la società Trump Media & Technology Group, e poco dopo Trump iniziò a far intendere, seppur vagamente, che presto avrebbe lanciato una sua piattaforma social.
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Moss e Litinsky iniziarono a cercare investitori per finanziare il progetto, un’impresa non facile: in quel momento Trump era considerato un politico molto scomodo e controverso (ancora più del solito), dato che aveva appena perso un’elezione ed era ritenuto almeno parzialmente responsabile dell’assalto al Congresso del 6 gennaio, un fatto che aveva scosso molto l’opinione pubblica statunitense (Trump fu poi incriminato con l’accusa di aver cercato di sovvertire il risultato delle elezioni presidenziali del 2020).
Alla fine Moss e Litinsky riuscirono a trovare un imprenditore disposto a lavorare con loro: Patrick Orlando, un banchiere di Miami proprietario della SPAC Digital World Acquisition. Una SPAC è una società che raccoglie capitali in borsa per poi fondersi con un’azienda non quotata (quella di Trump, in questo caso), costituendo per quest’ultima un’alternativa alle quotazioni in borsa tradizionali.
Digital World Acquisition entrò in borsa a settembre del 2021 raccogliendo circa 300 milioni di dollari, una cifra modesta per questo tipo di operazioni. Circa un mese dopo, a ottobre del 2021, venne diffusa la notizia che Trump Media e Digital World Acquisition stavano negoziando i termini per una fusione, come previsto dal piano di Moss e Litinsky. L’accordo però fu intralciato da vari problemi legali e si è concluso solo la settimana scorsa, oltre due anni dopo il suo annuncio. Nel frattempo molte cose sono cambiate.
Sempre a ottobre del 2021 Trump annunciò che avrebbe lanciato Truth Social, un nuovo social network che in teoria avrebbe dovuto competere con le più grandi società del settore, tra cui Twitter e Facebook, con l’obiettivo dichiarato però di tutelare sempre la libertà di espressione, senza censure o moderazioni.
Truth Social divenne disponibile a febbraio del 2022, ma i risultati iniziali furono deludenti. In una recente intervista per il podcast The Daily del New York Times, il giornalista economico Matthew Goldstein ha detto che nei primi mesi di attività «c’era ben poco traffico» su Truth Social, dato che «nessuno lo usava» e anche gli investimenti pubblicitari erano molto limitati. La piattaforma non è mai riuscita a ingranare: lo scorso febbraio ha avuto circa 5 milioni di visitatori, una cifra ben lontana dai 2 miliardi di visitatori di TikTok e i 3 miliardi di Facebook. Trump stesso ha poco meno di 7 milioni di follower su Truth Social, meno di un decimo degli 87 milioni che ha su Twitter.
Graficamente Truth Social è molto simile a Twitter, e anche la modalità di utilizzo è sostanzialmente la stessa.
A ottobre del 2022 l’imprenditore statunitense Elon Musk comprò Twitter e ne cambiò poi il nome e in X. Musk iniziò a riabilitare gli account di molti utenti che erano stati bloccati a causa dei loro messaggi fuorvianti o cospirazionisti, tra cui Donald Trump. L’ex presidente però disse fin da subito di non essere interessato a tornare su Twitter e continuò a pubblicare su Truth Social, nonostante questo fosse senza dubbio meno noto e influente (oggi l’account X di Trump è accessibile, ma non pubblica quasi nulla).
Nel frattempo proseguivano anche le negoziazioni per l’acquisizione di Trump Media da parte della SPAC Digital World Acquisition. Le procedure furono rallentate da alcuni problemi e obiezioni sollevate dagli enti regolatori statunitensi: tra le altre cose la transazione fu inizialmente bloccata dalla Securities and Exchange Commission (SEC, l’ente che vigila sulla borsa negli Stati Uniti), secondo cui il fatto che le due società avessero già intenzione di fondersi ancora prima dell’entrata in borsa di Digital World Acquisition rappresentava un comportamento illecito. L’accordo è stato infine chiuso lo scorso 22 marzo, e il 26 marzo Trump Media ha debuttato sui mercati finanziari con la sigla DJT, le iniziali di Donald John Trump.
Come detto l’entrata in borsa è stata un grande successo, tanto che la compagnia ha raggiunto un valore stimato da 8 miliardi di dollari alla fine del primo giorno di scambi: dopo il successo iniziale il valore ha però cominciato a diminuire, e secondo molti analisti l’andamento delle azioni di Truth Social sarebbe più legato alle dinamiche politiche che a quelle finanziarie, e quindi all’influenza di Trump sulla politica e sulla società statunitense.
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