Una canzone dei DeYarmond Edison
E un pianoforte sparso
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Sono stato assai in giro in macchina, in questi giorni, e ho fatto andare a lungo una vecchia playlist di canzoni italiane: in macchina ascolti sempre meglio i testi, perché non sei distratto da altro, e per esempio ho notato quanto sia brutto e stupido il testo di La mente torna di Mina, non a caso opera del frequente maschilismo di Mogol (lui sostenne poi che la dipendenza di lei dall’uomo, nella canzone, sia espressa con rammarico: ma sembra proprio il contrario).
Non ci son più per me Esitazioni Ti chiedo solo Se mi perdoni
Un’altra cosa che ho realizzato è quanto ci fosse tra i desideri di Lucio Dalla quello di godersi ozi, pigrizie, spensieratezze, nelle loro forme più terrene e semplici.
– Potrai sdraiarti sotto un albero, fare solo quello che ti va
– Ed ogni estate do il mio voto e vado al mare E resto nudo tutto il giorno
– Cosa sarà? Che ci fa lasciare la bicicletta sul muro E camminare la sera con un amico A parlare del futuro
– Si tratterebbe di nuotare Prendendola con calma Farsi trasportare
– Io vado via, io vado via, io vado via Dove c’è ancora un posto per pensare Due o tre persone e metterci insieme
Poi ogni tanto Stefania si stufa delle mie playlist e decide di provare ad ascoltare la radio: esperienza che genera in me reazioni di cui mi vergogno a proposito della produzione musicale italiana contemporanea, ma magari ci tornerò. Invece quello che confesso ora è di avere ascoltato per la prima volta (lo so, lo so: ho dei buchi di competenza), da una qualche radio, Luca di Raffaella Carrà, con tutto il suo carico del 1978.
Per darvi un’altra ragione di venire ai concerti di luglio, Peccioli ha vinto una combattuta competizione ed è diventata “Borgo dei borghi“.
Parlando di borghi, per tutt’altre ragioni, e parlandone a proposito di musica e di suoni: il silenzio spettrale che c’era a Camerino, dove sono stato l’altroieri, esterrefatto io stesso.
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