Una canzone dei DeYarmond Edison

E un pianoforte sparso

(Karl Walter/Getty Images)
(Karl Walter/Getty Images)

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Sono stato assai in giro in macchina, in questi giorni, e ho fatto andare a lungo una vecchia playlist di canzoni italiane: in macchina ascolti sempre meglio i testi, perché non sei distratto da altro, e per esempio ho notato quanto sia brutto e stupido il testo di La mente torna di Mina, non a caso opera del frequente maschilismo di Mogol (lui sostenne poi che la dipendenza di lei dall’uomo, nella canzone, sia espressa con rammarico: ma sembra proprio il contrario).
Non ci son più per meEsitazioniTi chiedo soloSe mi perdoni
Un’altra cosa che ho realizzato è quanto ci fosse tra i desideri di Lucio Dalla quello di godersi ozi, pigrizie, spensieratezze, nelle loro forme più terrene e semplici.
– Potrai sdraiarti sotto un albero, fare solo quello che ti va
– Ed ogni estate do il mio voto e vado al mareE resto nudo tutto il giorno
– Cosa sarà?
Che ci fa lasciare la bicicletta sul muroE camminare la sera con un amicoA parlare del futuro
– Si tratterebbe di nuotarePrendendola con calmaFarsi trasportare
– Io vado via, io vado via, io vado viaDove c’è ancora un posto per pensareDue o tre persone e metterci insieme

Poi ogni tanto Stefania si stufa delle mie playlist e decide di provare ad ascoltare la radio: esperienza che genera in me reazioni di cui mi vergogno a proposito della produzione musicale italiana contemporanea, ma magari ci tornerò. Invece quello che confesso ora è di avere ascoltato per la prima volta (lo so, lo so: ho dei buchi di competenza), da una qualche radio, Luca di Raffaella Carrà, con tutto il suo carico del 1978.
Per darvi un’altra ragione di venire ai concerti di luglio, Peccioli ha vinto una combattuta competizione ed è diventata “Borgo dei borghi“.
Parlando di borghi, per tutt’altre ragioni, e parlandone a proposito di musica e di suoni: il silenzio spettrale che c’era a Camerino, dove sono stato l’altroieri, esterrefatto io stesso.

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