Alla fine la torretta per le gare di surf delle Olimpiadi a Tahiti è stata costruita
Negli scorsi mesi c'erano state diverse proteste dei residenti per via dell'impatto ambientale della struttura, che è in alluminio e servirà a ospitare i giudici
Nelle acque di fronte a Teahupo’o, un villaggio sull’isola di Tahiti, nella Polinesia francese, è stata costruita una torretta di alluminio in vista delle prossime Olimpiadi, per permettere ai giudici di osservare da vicino le gare di surf, che si terranno lì dal 27 al 30 luglio del 2024. Lo scorso dicembre il cantiere era stato temporaneamente bloccato dopo che una chiatta usata per la costruzione aveva urtato un pezzo di barriera corallina, danneggiandola. Nelle ultime settimane i lavori erano ripresi nonostante le proteste della comunità locale, preoccupata per l’impatto ambientale della nuova piattaforma e sostenuta anche dalla Federazione internazionale di surf: la torretta adesso è pronta, come si vede in un video girato con un drone dal fotografo australiano di surf Tim McKenna.
Teahupo’o è un villaggio di circa 1.500 abitanti della costa sud-occidentale di Tahiti, nell’oceano Pacifico, ed è famoso per le sue onde spettacolari e pericolose, a causa della poca distanza tra la barriera corallina e la superficie dell’acqua. Per questo è stato scelto per le gare di surf delle prossime Olimpiadi, nonostante la sede principale sarà Parigi, insieme alla volontà degli organizzatori di portare i Giochi anche nelle Collettività d’oltremare (come vengono chiamati i territori al di fuori della Francia continentale che fanno ancora capo al governo centrale). Teahupo’o sarà così la sede di una gara olimpica più distante di sempre dalla città organizzatrice (la separano da Parigi circa 15.700 chilometri).
Teahupo’o ospita abitualmente altre competizioni surfistiche internazionali, come il World Championship Tour, che fa tappa lì ogni anno dal 1999. In quelle occasioni, i giudici della gara stanno su una piattaforma di legno che viene montata e smontata ogni volta in mezzo all’oceano, perché le onde su cui avviene la competizione sono a circa 400 metri di distanza dalla costa, e stando a terra i giudici non potrebbero osservare bene i surfisti. Solitamente durante le gare sulla torretta ci sono tra le 10 e le 20 persone, ma alle Olimpiadi della prossima estate potrebbero essercene fino a quaranta (tra cui anche operatori televisivi), così il comitato organizzatore ha deciso di costruire la torretta in alluminio (che, comunque, dovrebbe essere smontata alla fine dei Giochi).
Da subito gli abitanti di Teahupo’o, molti surfisti e diverse associazioni ambientaliste si erano opposte alla sua costruzione. Una petizione per bloccarla, lanciata lo scorso ottobre, ha ormai superato le 250mila firme. Le barriere coralline sono ecosistemi fondamentali per la biodiversità marina e soprattutto sono molto delicati: qualsiasi costruzione sopra di esse, o nelle loro vicinanze, potrebbe danneggiarle.
La nuova piattaforma per i giudici non è peraltro l’unica minaccia ambientale portata a Tahiti da un evento imponente come le Olimpiadi, come scriveva già la scorsa estate il Guardian, perché arriveranno molte persone in una parte dell’isola non attrezzata per accoglierle. I 48 surfisti e i loro staff, per esempio, alloggeranno su una nave da crociera che sosterà al largo della costa, vicino al luogo delle gare. I motori della nave dovranno rimanere accesi tutto il giorno, inquinando l’aria e l’acqua circostanti, con potenziali danni alla barriera corallina.
La nave è stata comunque preferita a delle strutture permanenti. Il piano iniziale degli organizzatori era infatti di costruire varie infrastrutture come un ponte (per consentire alle auto di arrivare a Teahupo’o), un villaggio olimpico e un hotel. I residenti, però, hanno chiesto che non venissero fatte, temendo che una volta terminati i quattro giorni di gare venissero abbandonate (una cosa già successa in diversi luoghi che hanno ospitato le Olimpiadi). «Non ero contro l’idea di tenere qui le Olimpiadi, ma contro tutte le costruzioni che volevano fare», aveva detto al Guardian Cindy Otcenasek, presidente dell’associazione ambientalista Vai Ara o Teahupo’o, la stessa della petizione contro la torretta. Alla fine, dopo mesi di campagne dei residenti e degli ambientalisti, il governo di Tahiti e il comitato organizzatore si sono impegnati a ridurre al minimo la costruzione di nuove infrastrutture ma tra queste, evidentemente, la torretta è stata ritenuta necessaria.