Gli attacchi di Israele in Siria hanno una lunga storia
Hanno come obiettivo l'Iran e il gruppo libanese Hezbollah, come si è visto anche lunedì con l'uccisione di un importante generale delle Guardie rivoluzionarie iraniane: dall'inizio della guerra a Gaza i bombardamenti sono diventati sempre più ambiziosi
Il bombardamento che ha distrutto un edificio annesso all’ambasciata iraniana a Damasco, in Siria, è il quinto attribuito a Israele dall’inizio dell’anno, e uno dei tanti che Israele è accusato di compiere sul territorio siriano ormai da anni. Queste attribuzioni sono molto affidabili: benché Israele non rivendichi quasi mai questo tipo di attacchi, non fa nemmeno tanto per nasconderli, e tutti gli esperti ritengono che si tratti effettivamente di bombardamenti israeliani.
Come è avvenuto nell’attacco di lunedì – e prima ancora in un grosso attacco compiuto venerdì in cui erano state uccise più di 40 persone – i bombardamenti israeliani in Siria non colpiscono quasi mai obiettivi siriani: colpiscono soprattutto obiettivi legati all’Iran o a Hezbollah, gruppo armato libanese alleato dell’Iran e nemico di Israele. Entrambi hanno in Siria una forte presenza, che il governo israeliano cerca di contrastare.
Nel caso del bombardamento di lunedì all’ambasciata, è stato ucciso tra gli altri Mohammad Reza Zahedi, un generale delle Guardie rivoluzionarie, la forza militare più potente dell’Iran, e il suo vice, che era anche lui un generale. Questo attacco è particolarmente grave non soltanto per l’importanza del generale, ma anche perché è stata colpita un’ambasciata, un luogo che tradizionalmente viene risparmiato dalle ostilità.
La storia delle ostilità tra Israele e la Siria è assai lunga: i due paesi sono formalmente in stato di guerra dal 1948, anno della fondazione di Israele, e dal 1967 Israele occupa le alture del Golan, un territorio di confine tra i due paesi che la comunità internazionale ritiene parte della Siria.
Le ostilità più recenti cominciarono nel 2011, con l’inizio della guerra civile in Siria, quando il dittatore siriano Bashar al Assad, messo in difficoltà dalle rivolte armate contro di lui, chiese aiuto all’Iran e a Hezbollah, che inviarono soldati e mezzi che risultarono determinanti per sconfiggere i ribelli.
Da allora la Siria è diventata uno stretto alleato dell’Iran, da cui dipende sia dal punto di vista militare sia dal punto di vista economico, e tanto l’Iran quanto Hezbollah hanno una forte presenza militare nel paese. Di fatto, la Siria fa parte del «fronte della resistenza», o «asse della resistenza», un insieme di milizie e paesi alleati che il regime iraniano utilizza per portare avanti i suoi obiettivi di politica estera.
Tra le altre cose, è importante dal punto di vista geografico, perché il suo territorio consente di collegare l’Iran, l’Iraq (un altro alleato) e il Libano, dove ha sede Hezbollah. Inoltre, avendo un confine con Israele (che corrisponde alle alture del Golan), la Siria può essere usata per eventuali attacchi in territorio israeliano.
Per questo ormai da anni Israele bombarda con una certa frequenza obiettivi iraniani in Siria, principalmente con due intenti: quello di impedire le consegne di armi e mezzi tra l’Iran e il Libano, e quello di uccidere importanti leader dell’Iran o di Hezbollah che si trovano nel paese. Capita comunque che Israele bombardi anche obiettivi legati al regime siriano, ma è diventato via via più raro nel corso degli anni.
Dopo l’attacco del 7 ottobre compiuto contro i civili israeliani da Hamas (un altro alleato dell’Iran) e l’inizio della guerra nella Striscia di Gaza, i bombardamenti di Israele contro la Siria non sono più di tanto aumentati di numero: sono stati dieci in poco più di sei mesi, un ritmo alto ma paragonabile a quello di altri anni. È aumentata l’ambizione degli obiettivi.
A dicembre Israele ha ucciso un importante generale delle Guardie rivoluzionarie; venerdì ha compiuto uno degli attacchi più estesi da vari anni a questa parte, uccidendo più di 40 persone e lunedì ha colpito l’ambasciata iraniana a Damasco, uccidendo altri due generali. Questo atteggiamento (unito a un lento ma costante aumento della violenza al confine nord di Israele, quello con il Libano) è piuttosto preoccupante perché potrebbe portare a un’estensione regionale della guerra a Gaza.
Hossein Akbari, l’ambasciatore iraniano in Siria, ha detto parlando con dei giornalisti a Damasco che «per la prima volta il regime sionista [cioè Israele] ha osato attaccare un edificio ufficiale della Repubblica islamica [cioè l’Iran] su cui sventolava la bandiera iraniana». Il presidente iraniano Ebrahim Raisi ha detto martedì che l’attacco «non resterà senza risposta».