Perché le uova di Pasqua costano di più
A causa di un raccolto del cacao scarsissimo, causato da pessime condizioni meteorologiche nei paesi produttori, il prezzo della materia prima è aumentato arrivando a costare più del rame
Secondo un monitoraggio di Altroconsumo, in Italia quest’anno le uova di Pasqua costano in media il 7,2 per cento in più dello scorso anno, quando erano già rincarate a causa di quei fattori che dopo la pandemia e l’inizio della guerra in Ucraina avevano fatto salire i prezzi più o meno di tutto, come la crisi dei commerci internazionali e l’aumento dei costi energetici e delle materie prime.
Il recente aumento del prezzo delle uova di cioccolato però ha poco a che vedere con l’inflazione che negli ultimi anni abbiamo imparato a conoscere: dipende dagli ultimi ed eccezionali aumenti del prezzo del cacao, che è arrivato a costare quasi 10mila dollari alla tonnellata, più del doppio rispetto all’inizio dell’anno, quando ne costava circa 4mila, e più del triplo rispetto a un anno fa, quando ne costava 2.700.
Il cacao costa così tanto di più per una banale questione di domanda e offerta: a causa di condizioni meteorologiche particolarmente sfavorevoli nei paesi produttori – principalmente africani – il raccolto di fave di cacao è stato più scarso del solito e difficilmente riuscirà a soddisfare gli ordini, facendo aumentare così i prezzi. In aggiunta a questo c’erano già alcune condizioni di lungo periodo che rendevano questa materia prima particolarmente esposta alle crisi: il settore del cacao è uno dei meno sostenibili al mondo, in cui gli agricoltori e i territori sono sfruttati sia dai governi locali che detengono di fatto il controllo dei raccolti sia dalle grandi multinazionali produttrici di cacao che vogliono pagare poco la materia prima. Gli investimenti negli anni sono stati scarsissimi e il settore non è mai diventato efficiente.
Il risultato è che il cacao non era mai costato così tanto, pur essendo una materia prima piuttosto economica, in condizioni normali: molti analisti hanno fatto notare che è arrivata a costare più del rame, un metallo costoso e richiestissimo per il suo utilizzo come conduttore di elettricità.
Rincari così importanti sono un bel guaio per le aziende del cioccolato che usano il cacao per i loro prodotti, devono trovare il modo di non rimetterci e allo stesso di tempo di restare competitive sul mercato. Per farlo hanno due opzioni, non del tutto alternative: aumentare i prezzi o ridurre la quantità di cacao usata nei loro prodotti.
L’aumento del prezzo è una decisione rischiosa a livello commerciale, perché se lo si aumenta troppo c’è la possibilità che i clienti smettano di comprare il prodotto. Per questo di solito le aziende non riversano del tutto l’aumento dei costi di produzione sui clienti, ma solo una parte: se il cacao necessario a produrre un uovo di cioccolato è aumentato di 5 euro, è probabile che l’azienda decida di aumentare il prezzo finale solo di 3, accollandosi il resto del rincaro e rinunciando a una parte dei guadagni. In questo modo riesce a recuperare qualcosa e riduce il rischio di perdere clienti.
In questi casi, quando l’aumento dei prezzi è eccezionale e noto, il rischio commerciale è solitamente più basso: il grosso aumento del prezzo del cacao, di cui si parla molto recentemente, potrebbe aver reso più giustificabile un aumento dei prezzi delle uova di Pasqua e dei prodotti di cioccolato nella percezione dei consumatori, che quindi è improbabile che rinuncino del tutto a comprarli.
Quello che invece è più probabile è che i rincari dei prodotti di cioccolato continueranno, e che quelli che ci sono stati finora siano solo l’inizio. È possibile che i prodotti in circolazione, come le uova di Pasqua attualmente in vendita, siano stati prodotti con scorte di cacao, che sono state pagate sicuramente meno rispetto ai prezzi di oggi: i prezzi erano dunque stati fissati sulla base di un costo del prodotto non ancora adeguato alle quotazioni attuali del cacao.
Come dicevamo il prezzo non è l’unica variabile su cui possono agire le aziende che devono fare i conti con il rincaro del cacao: per ridurre i costi di produzione si può anche decidere di ridurre la quantità di cacao all’interno dei prodotti, lasciando invariato il prezzo. Si può fare sostituendolo con un altro ingrediente, come per esempio con l’aumento delle dosi di oli vegetali o di frutta secca, o più agilmente riducendo le dimensioni del prodotto.
La seconda opzione, cioè proporre prodotti di ridotta quantità allo stesso prezzo, è una scelta commerciale diffusa e in economia è chiamata “sgrammatura” (in inglese shrinkinflation o abbreviato shrinkflation, da shrink che significa “restringersi” e inflation, “inflazione”). In questo modo il consumatore non vede l’aumento del prezzo, che incide di più nelle scelte di acquisto, e spesso neanche si accorge della piccola riduzione della quantità. A causa dell’inflazione degli ultimi due anni e mezzo è diventato facile trovare in commercio allo stesso prezzo di prima pacchi di pasta da 400 grammi invece dei soliti 500, confezioni di yogurt più piccole, flaconi di detersivo pieni solo in parte.
Le associazioni dei consumatori sono molto critiche nei confronti di questa pratica, perché di fatto rende gli acquisti meno consapevoli. Per questo nelle scelte di consumo è sempre bene fare attenzione al prezzo al chilogrammo o al litro (che si trova sulle etichette degli scaffali dei supermercati) in modo da non essere ingannati dai prezzi delle confezioni.
Al momento non ci sono casi segnalati dalle associazioni di uova di Pasqua più piccole rispetto al passato, mentre all’estero sì. Come ha scritto il Financial Times, rispetto all’anno scorso il peso di un uovo di Pasqua al cioccolato e arancia del marchio Terry si è ridotto di 30 grammi e quello dell’uovo del marchio Mars è sceso da 252 grammi a 201.
Non sono solo le uova di Pasqua a diventare più piccole e più costose, ma anche altri prodotti di cioccolato, come le tavolette o le barrette.
Nel suo ultimo discorso sullo Stato dell’Unione – un appuntamento annuale della politica statunitense con cui il presidente si rivolge ai parlamentari e al paese per fare il punto sulla sua attività e sulle condizioni della nazione – il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha criticato apertamente la decisione delle aziende di ridimensionare i loro prodotti mantenendo lo stesso prezzo: ha citato la barretta al cioccolato e arachidi Snickers, che secondo lui si trovava in commercio ridotta di circa il 10 per cento. Mars, l’azienda che produce Snickers, ha negato.
Non è comunque la prima volta che nel settore ci sono problemi di questo tipo. Nel 2016 fece molto discutere la decisione dell’azienda che produce il Toblerone, la celebre tavoletta di cioccolato, di cambiare la sua forma caratteristica per ridurre la quantità di cioccolato e nocciole al suo interno. La decisione valeva solo per il mercato britannico, a seguito dell’aumento dei costi delle materie prime usate nella produzione. La confezione grande del Toblerone fu ridotta da 400 grammi a 360, mentre quella da 170 grammi a 150, e venne criticato il fatto che le piccole piramidi di cui è composto erano state allontanate le une dalle altre. Nel 2018 l’azienda tornò a farlo con la forma originaria.
Toblerone cut its 170g bars to 150g and its 400g bars to 360g only in UK after post Brexit £ slide forced up costs pic.twitter.com/jjNztu3RBT
— Faisal Islam (@faisalislam) November 8, 2016