In Corea del Sud c’è tutta una questione attorno ai ciliegi
Sono considerati un simbolo del dominio coloniale giapponese e alcune associazioni vorrebbero gradualmente sostituirli con varietà considerate più autoctone
In Corea del Sud un gruppo di attivisti guidati dall’ecologista Shin Joon Hwan vorrebbe gradualmente sostituire tutti gli alberi di ciliegio del paese di varietà Yoshino, o ciliegio di Tokyo, con una tipologia che sostiene essere nativa della Corea del Sud, chiamata ciliegio reale. I ciliegi coreani sono infatti da tempo al centro di un dibattito perché furono importati nel periodo dell’occupazione della penisola coreana da parte dell’Impero giapponese, dal 1910 al 1945.
Il passato coloniale della Corea del Sud è un argomento piuttosto scomodo e problematico, che da decenni è fonte di dissidi e recriminazioni col Giappone. Per questo motivo, recentemente alcuni hanno proposto di sostituire i ciliegi giapponesi con altre varietà per “liberare” il paese da quello che viene considerato un simbolo coloniale. Come raccontato in un recente articolo pubblicato sul New York Times però non è così semplice.
I fiori di ciliegio sono da secoli uno dei simboli della cultura giapponese. Nel Medioevo erano associati ai guerrieri più potenti, che venivano chiamati un “fiore tra i fiori” e divennero un simbolo dell’identità giapponese durante il periodo Edo, che va dall’inizio del Seicento alla metà dell’Ottocento. Nel Novecento i soldati che morivano in guerra venivano paragonati dal governo giapponese a dei petali di fiori di ciliegio caduti. Oggi la fioritura dei ciliegi in Giappone (dove vengono chiamati sakura) è un evento conosciuto in tutto il mondo che attira milioni di turisti ogni anno.
In Corea del Sud, dove i ciliegi sono presenti in grande quantità, sono comunque legati alla storia del Giappone: come ha spiegato lo storico David Fedman al New York Times, durante il periodo del dominio dell’Impero giapponese sulla penisola dal 1910 al 1945, i ciliegi Yoshino furono piantati in grande quantità: secondo i giapponesi, per instillare «raffinatezza culturale» nella popolazione coreana. Per facilitare la loro diffusione, in quegli anni gli scienziati giapponesi descrissero gli Yoshino come discendenti di una varietà di ciliegi, i ciliegi reali, che erano originari dell’isola di Jeju, a sud della penisola coreana.
In seguito al ritiro delle forze giapponesi, con la loro resa alla fine della Seconda guerra mondiale, gli Yoshino diventarono un simbolo della loro colonizzazione e la teoria che derivassero dall’isola di Jeju vene smontata. Per questo motivo negli anni alcuni esemplari sono stati anche occasionalmente abbattuti dai sudcoreani. Oggi associazioni come quella di Shin Joon Hwan sostengono che una volta completato il loro ciclo di vita di circa 60 anni gli Yoshino che muoiono dovrebbero essere sostituiti dai ciliegi reali, che secondo molti sarebbero nativi della penisola coreana.
In realtà diversi studiosi non sono convinti di questa ipotesi. Wybe Kuitert, professore in pensione di studi ambientali dell’Università Nazionale di Seul, ha detto al New York Times che il termine “ciliegio reale” si riferisce a un insieme di ibridi, non a una specie con un habitat geograficamente definito, e che risalire alla specie originaria e “corretta” sia impossibile: «in una tale confusione di ibridi, qual è quello corretto?», ha detto Kuitert, aggiungendo che «non si può sapere» e «non si può decidere con sequenze genomiche o campionamenti di DNA».
Altri sostengono però che, indipendentemente dalla varietà con cui verrebbero rimpiazzati, avrebbe comunque senso sostituire gli Yoshino in Corea del Sud, come atto politico di indipendenza. Il gruppo di Shin per esempio propone di iniziare da quelli che si trovano in luoghi simbolici o politicamente rilevanti, come ad esempio quelli che costeggiano la passeggiata vicino all’edificio dell’Assemblea Nazionale, il parlamento monocamerale coreano, a Seul.
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