Più di 8mila statue di due millenni fa, scoperte per caso
Sono l'esercito di terracotta di Xi'an, in Cina, uno dei più grandi ritrovamenti archeologici del Novecento: avvenne cinquant'anni fa
Il 29 marzo 1974, in una zona rurale della Cina centrale, avvenne una delle più importanti scoperte archeologiche del Novecento, anche se chi la fece ancora non poteva saperlo. Scavando in un terreno per creare un pozzo, un gruppo di agricoltori trovò una gran quantità di pezzi di terracotta che erano solo una piccolissima parte di più di 8mila statue vecchie di oltre duemila anni, il cosiddetto “esercito di terracotta” di Xi’an, che oggi è una delle principali attrattive turistiche della Cina oltre che un sito del patrimonio dell’UNESCO dal 1987. In gran parte i guerrieri di terracotta si possono vedere dall’alto, ancora all’interno delle fosse in cui furono trovati: al di sopra è stata costruita una struttura simile a un hangar per gli aerei.
L’esercito di terracotta è composto da migliaia di statue più o meno a grandezza naturale che rappresentano guerrieri e cavalli disposti in assetto di battaglia. Furono realizzate per il mausoleo di Qin Shi Huang, l’uomo considerato il primo imperatore della Cina. Vissuto tra il 259 e il 210 a.C., cioè più di 2.200 anni fa, Qin Shi Huang – si pronuncia più o meno “Cin Sciu Huan” – era figlio di uno dei re che governavano le regioni in cui all’epoca era divisa la Cina. Nel corso della sua vita conquistò i regni vicini al suo: è per questo che si dice che unificò la Cina (e la stessa parola Cina deriva probabilmente da Qin).
Il sito archeologico in cui cinquant’anni fa furono trovati i guerrieri di terracotta è vicino a dove sorgeva l’antica capitale dell’impero di Qin Shi Huang, Xianyang, a circa 35 chilometri dall’attuale città di Xi’an. Poco lontano da dove furono rinvenuti i primi pezzi dell’esercito di terracotta si trova la tomba dell’imperatore, che tuttora non è stata scavata dagli archeologi: le autorità cinesi dicono che facendolo si rischierebbe di danneggiarne il contenuto.
Secondo le credenze del tempo, l’esercito di terracotta avrebbe dovuto difendere e combattere per l’imperatore dopo la morte. Nel suo insieme il complesso sotterraneo del mausoleo e della necropoli che lo circonda si estende su una superficie di 56 chilometri quadrati (maggiore di quella dei due municipi più centrali di Roma): secondo un resoconto dello storico cinese Sima Qian (vissuto più o meno tra il 145 e il 95 a.C.) furono coinvolte persone da ogni parte dell’impero di Qin Shi Huang per realizzare una sorta di città sotterranea per l’aldilà.
L’esercito di terracotta è straordinario non solo per il gran numero di pezzi che lo compongono, per la sua età e per lo stato di conservazione, ma anche per come venne realizzato. Ogni statua è composta di più parti, che furono prodotte in serie, ma con diverse variazioni: i volti dei guerrieri ad esempio non sono tutti uguali, furono disegnate decine di facce di terracotta, poi realizzate ciascuna in gran numero. Anche la posizione delle braccia può variare da guerriero a guerriero, così come i dettagli dell’abbigliamento. Ciascuna statua può pesare fino a 272 chili nella sua interezza e raggiungere quasi due metri di altezza.
Probabilmente una scoperta archeologica come quella dell’esercito di terracotta, se avvenisse oggi, riceverebbe immediatamente molta attenzione in gran parte del mondo. Nella Cina del 1974 però le cose andarono diversamente. Il gruppo di agricoltori che di fatto scoprì il sito si rese conto di non aver trovato dei cocci qualsiasi, pur non potendo immaginare esattamente di cosa si trattasse.
Nel 2009 uno di loro, Zhifa Yang, raccontò al giornale statale China Daily che inizialmente venne estratta la testa di un guerriero, che fu scambiata per un vaso: «Un altro abitante del villaggio mi chiese di scavare intorno con delicatezza per poter portare il “vaso” a casa e usarlo come contenitore». Così venne scavato un primo guerriero. Gli agricoltori quindi avvisarono le autorità del ritrovamento e Kangmin Zhao, un funzionario che lavorava per un ente pubblico che si occupava di beni culturali, andò a controllare cosa fosse stato trovato. Sia Yang e i suoi compagni che Zhao sono considerati tra gli scopritori dell’esercito di terracotta, anche se di fatto nessuno di loro ebbe tutto il merito del ritrovamento.
Zhao portò i primi pezzi estratti dal terreno in un museo locale e cominciò a ricostruire una delle statue, ma inizialmente non avvisò della scoperta il governo centrale cinese. Erano gli anni della cosiddetta “rivoluzione culturale”, il grande movimento di rivolta, persecuzioni ed epurazione interna volute dal dittatore cinese Mao Zedong tra il 1966 e il 1976 per preservare l’ideologia rivoluzionaria ed eliminare ogni elemento borghese e capitalista nel governo, nell’economia e nella società cinese (e contestualmente gli oppositori del regime comunista): molti oggetti e siti di valore storico furono distrutti perché legati al passato imperiale della Cina e Zhao temeva che anche i guerrieri di terracotta avrebbero potuto fare la stessa fine.
La notizia del ritrovamento però venne diffusa quando un giornalista di un’agenzia di stampa statale che si trovava in viaggio a Xi’an ne sentì parlare. I timori di Zhao – che è morto nel 2018 a 81 anni – si rivelarono infondati e cominciò uno scavo ben più ampio di quello fatto fino a quel momento. In pochi mesi furono trovate più di 500 statue, poi molte di più. Nel 1975, un anno dopo la scoperta, venne aperto il museo del sito archeologico.
– Leggi anche: La strana ossessione per i manghi nella Cina di Mao Zedong