Le correnti del Partito Democratico sono ancora lì
Prima di diventare segretaria Elly Schlein aveva promesso che le avrebbe smantellate, in realtà si stanno riorganizzando e ora sono insofferenti per la scelta dei candidati alle europee
La segretaria del Partito Democratico Elly Schlein aveva fondato buona parte della sua campagna congressuale sulla necessità di superare la logica delle correnti del partito, e si era impegnata a «travolgerle», cioè insomma a smantellarle. Non era la prima volta che una persona candidata alla segreteria del PD ricorreva a slogan di questo genere, ma nel caso di Schlein il proposito pareva più credibile di altri precedenti perché la sua candidatura nasceva effettivamente come estranea alle dinamiche tradizionali del partito, era caratterizzata da una forte radicalità e aveva coinvolto personaggi pubblici e politici non iscritti al PD.
Anche per questo, la sua vittoria alle primarie a febbraio del 2023 e le scelte fatte nei primi mesi del suo mandato ebbero l’effetto di disarticolare alcune correnti, cioè le influenti fazioni interne che da sempre condizionano moltissimo la gestione del partito, rimettendo in discussione i rapporti di forza. Un anno dopo questo proposito in grossa parte è stato mancato: le correnti sono ancora lì, e più che dissolversi si stanno semmai riorganizzando. Lo si vede in questi giorni in cui la segretaria Schlein sta definendo la strategia elettorale e soprattutto le candidature del partito per le elezioni europee di giugno: le varie correnti stanno rivendicando ciascuna i propri spazi nelle liste elettorali, generando così discussioni interne alle correnti stesse.
Le correnti sono dei gruppi di parlamentari, di amministratori locali e di semplici funzionari di partito e militanti sul territorio che si riconoscono in una stessa area culturale e politica e in uno o più esponenti di rilievo del partito, quelli che vengono appunto chiamati “capicorrente”. Sono un po’ dei piccoli partiti nel partito: organizzano eventi, propongono dibattiti e iniziative di vario tipo, e soprattutto cercano di valorizzare e fare avanzare gli esponenti della propria fazione. Sono l’espressione delle varie sensibilità e delle varie culture politiche di un partito, come il PD, che nacque nel 2007 dalla fusione di partiti che si riconoscevano in una comune idea di progressismo riformista di centrosinistra, ma che venivano da storie piuttosto diverse, quella democristiana e quella comunista.. Questa ricomposizione fu piuttosto tribolata, e la strutturazione di correnti come derivati di quelle diverse esperienze precedenti ha fatto un po’ da collante, permettendo al PD di essere ampio e plurale. Delle correnti si parla però di solito soprattutto per le loro degenerazioni, quando cioè la dialettica correntizia alimenta una lotta interna per accaparrarsi incarichi, rivendicare ruoli, avviare “scalate” al partito (cioè impossessarsi della leadership).
Il problema delle candidature per le europee
Era abbastanza prevedibile che intorno alla definizione delle candidature si generassero tensioni nel PD. Schlein vuole favorire l’elezione di un gruppo di europarlamentari che le siano più fedeli, visto che il gruppo attuale è perlopiù composto da rappresentanti di altre correnti e in generale piuttosto vicini al suo avversario alle primarie, Stefano Bonaccini.
Martedì Schlein ha convocato la segreteria del PD, l’organo esecutivo del partito, per discutere proprio della scelta di candidate e candidati per le europee di giugno. Dopo mesi di ambiguità, Schlein ha confermato ai componenti della segreteria che vuole candidarsi in tutte e cinque le circoscrizioni elettorali in cui è divisa l’Italia, anche se non in tutte come capolista, cioè in cima all’elenco dei candidati del partito. Ha anche detto che le capilista alle europee saranno tutte e cinque donne non iscritte al partito: è il caso per esempio della giornalista Lucia Annunziata, storica conduttrice della Rai da cui si dimise nel maggio scorso. A quel punto però la presenza della segretaria e di altre donne scelte da lei ridurrebbe lo spazio per candidature di altre aree, e questo ha prodotto risentimenti anche tra gli esponenti delle correnti che hanno finora sempre convintamente sostenuto Schlein.
La giornalista Lucia Annunziata, ex conduttrice e presidente della RAI, a Roma, il primo febbraio 2024 (ANGELO CARCONI/ANSA)
La sinistra del PD
Questa rinnovata tensione nel partito si è generata in una fase in cui le correnti che negli ultimi anni avevano governato maggiormente la vita del partito sono in profonda evoluzione: alcune si stanno ristrutturando, altre fondendo o ricomponendo, altre ancora appaiono in progressiva dissoluzione.
Sul fronte più “a sinistra” del partito c’è un certo attivismo di Andrea Orlando, deputato e più volte ministro, principale figura di riferimento dell’area e capo della corrente chiamata DEMS. Il suo obiettivo è grosso modo rafforzare, essendone un po’ il punto di riferimento, la cosiddetta “ala sinistra” del PD e mettere d’accordo le varie correnti dell’area: più in particolare la sua corrente punta a consolidare l’alleanza col Movimento 5 Stelle, e quindi sostenere la linea tenuta fin qui da Schlein, ma in una prospettiva in cui sia appunto il PD la forza egemone del centrosinistra.
A sinistra del PD ci sono anche altre correnti, tra le quali negli ultimi tempi sono stati notati alcuni movimenti: due influenti deputati, Matteo Orfini ed Enzo Amendola, hanno avviato un lavoro ancora molto preliminare – qualche cena, alcuni incontri e scambio di opinioni – per capire se c’è modo di coordinare un gruppetto di parlamentari rimasti fuori dalle correnti dopo l’ultimo congresso: il congresso è il lungo processo politico con cui i membri del PD avevano discusso il posizionamento del partito per arrivare poi alle primarie in cui era stata eletta Schlein l’anno scorso, ed era stata l’occasione per l’adesione alle correnti esistenti o la formazione di nuove.
Orfini è l’ex presidente del PD ed è a capo della corrente cosiddetta dei “Giovani Turchi”, uscita piuttosto indebolita dall’ultimo congresso, mentre Amendola viene dall’area di sinistra del partito ma è difficilmente collocabile in una corrente. Entrambi hanno molto ridimensionato la portata di questi colloqui, specificando che al momento non c’è nulla di consistente in ballo. Ma i loro incontri hanno destato interesse per almeno due aspetti: il primo è che sono entrambi eletti alla Camera, dove nel gruppo del PD c’è un generale malcontento per come sta lavorando la capogruppo Chiara Braga; il secondo è che sia Amendola sia Orfini avevano sostenuto Bonaccini alle primarie, e da tempo se ne stanno invece allontanando, senza tuttavia rinunciare a esprimere critiche alla linea della segretaria Schlein.
Il centro, cioè Dario Franceschini
Nell’area di centro resta piuttosto solida la componente che fa capo all’ex ministro Dario Franceschini, e cioè la corrente chiamata AreaDem. Da ormai vent’anni coordinatore dell’area centrista degli ex democristiani, Franceschini sorprese un po’ tutti quando, nell’autunno del 2022, annunciò che alle primarie del partito avrebbe sostenuto Schlein, che invece sembrava una politica più radicalmente di sinistra. Questa scelta ha da un lato garantito una sorta di protezione istituzionale a Schlein all’interno del PD, mentre dall’altro era sembrata subito una negazione dei propositi della nuova segretaria di disarticolare le correnti, visto che Franceschini è forse il più abile e consumato esperto della gestione dei rapporti tra le correnti: non a caso la capogruppo alla Camera, Braga, fa parte di AreaDem. Franceschini e Schlein però avevano effettivamente un punto di incontro in partenza: lui era stato un precoce sostenitore della necessità dell’alleanza strutturale col M5S, lei si era da subito mostrata aperta all’alleanza nella campagna per le primarie e ora sta continuando su questa linea.
Franceschini sta conducendo al centro un’operazione per certi versi analoga a quella di Orlando nella fazione più a sinistra, e cioè una ricomposizione che vada oltre la sua AreaDem e che coinvolga anche esponenti del PD che hanno sostenuto Bonaccini: in questo senso è significativo l’impegno di Franceschini e dei suoi seguaci a favore della candidatura alle europee di Dario Nardella, il sindaco di Firenze che era stato uno dei più convinti sostenitori del presidente dell’Emilia-Romagna per la segreteria. Sono coerenti con questi tentativi di Franceschini anche i movimenti dei cosiddetti lettiani, cioè i parlamentari vicini all’ex segretario del PD Enrico Letta: dopo essere stati dalla parte di Bonaccini al congresso, nell’agosto scorso hanno creato una nuova componente, CREA, coordinata dal senatore sardo Marco Meloni, che ha un atteggiamento dialogante con Schlein.
Tutti questi riposizionamenti al centro e a sinistra, che in teoria mirano a rafforzare la maggioranza e dunque l’area del partito che sostiene Schlein, sono tuttavia almeno in parte animati da un’insofferenza per il modo con cui la segretaria gestisce il PD: e cioè in modo personale, confrontandosi perlopiù solo coi pochi suoi fidati collaboratori, molti dei quali estranei alle gerarchie del PD, e senza condividere molto coi capicorrente che l’avevano aiutata a vincere il congresso.
L’area di Bonaccini
E infine c’è appunto l’area di Bonaccini, che almeno nominalmente dovrebbe avere nel partito un ruolo di opposizione interna: anche questa è in una fase di travagliata transizione. Dopo la clamorosa e inaspettata sconfitta al congresso, Bonaccini ha rifiutato di aprire un conflitto con Schlein, ma anzi ha definito con lei un accordo per cui non le sta facendo opposizione interna. Col tempo, però, questa sua crescente accondiscendenza nei confronti della segretaria ha finito per esasperare le divergenze all’interno della sua area. Nella corrente che lo aveva sostenuto, e cioè Base Riformista, si è rafforzata la componente vicina all’ex ministro dello Sport Luca Lotti, che vorrebbe un atteggiamento più combattivo di Bonaccini e ne ha criticato la pavidità anche nel difendere le candidature alle europee di esponenti dell’area: è il caso dell’eurodeputata Pina Picierno o della ex deputata Alessia Rotta, che hanno negoziato un posto in lista per le elezioni europee senza il sostegno del loro capocorrente, cioè proprio Bonaccini.
D’altra parte finora Bonaccini non è sembrato risoluto neppure nel rivendicare la propria candidatura alle europee (il suo mandato da governatore scadrà l’anno prossimo), nonostante in parecchi dei suoi sostenitori lo spronino a mettersi in discussione in prima persona, anche per misurare le sue preferenze con quelle di Schlein. Lui nel frattempo sta strutturando sul territorio una nuova corrente, Energia Popolare, che ha creato nel luglio scorso anche per avere maggiore autonomia rispetto alla corrente che lo aveva sostenuto, Base Riformista, che aveva già delle gerarchie consolidate.
Sempre in quest’area c’è poi l’altro riferimento di Base Riformista, forse il più importante, e cioè l’ex ministro della Difesa Lorenzo Guerini, che ha un po’ una posizione intermedia: sprona come può Bonaccini a non assecondare troppo Schlein ma al tempo stesso sconsiglia i più insofferenti dei suoi a criticare la segretaria, almeno fino alle elezioni europee di giugno.