Il governo ha introdotto i test psico-attitudinali per i futuri magistrati

Furono proposti a lungo da Silvio Berlusconi, ma mai introdotti: dal 2026 faranno parte del concorso per entrare in magistratura e sono già stati molto criticati

Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, durante la conferenza stampa al termine del Consiglio dei Ministri, Roma, 26 marzo 2024 (ANSA/FABIO FRUSTACI)
Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, durante la conferenza stampa al termine del Consiglio dei Ministri, Roma, 26 marzo 2024 (ANSA/FABIO FRUSTACI)
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Il Consiglio dei ministri di martedì 26 marzo ha, tra le altre cose, approvato una serie di modifiche al concorso per entrare in magistratura: prevedono che si possa provare per quattro volte e non più solo per tre, e introducono i test psico-attitudinali per i candidati e le candidate. Quest’ultima misura, che sarà applicata solo a partire dal 2026, è stata molto criticata, in particolare dall’Associazione nazionale magistrati (ANM), l’organismo di rappresentanza dei magistrati italiani. Il presidente dell’ANM Giuseppe Santalucia ha infatti detto che la norma avrebbe come unico obiettivo quello di screditare la magistratura e ha sostenuto che con questa il governo si sia dato poteri che non gli spettano.

Nello specifico il Consiglio dei ministri ha approvato in via definitiva un decreto attuativo della legge di riforma dell’ordinamento giudiziario del 2022, nota anche come “riforma Cartabia”, dal nome dell’ex ministra della Giustizia Marta Cartabia. La legge dava al governo una serie di deleghe «per la riforma dell’ordinamento giudiziario e per l’adeguamento dell’ordinamento giudiziario militare, nonché disposizioni in materia ordinamentale, organizzativa e disciplinare, di eleggibilità e ricollocamento in ruolo dei magistrati e di costituzione e funzionamento del Consiglio superiore della magistratura». Nell’esercitare tale delega, l’attuale ministro della Giustizia Carlo Nordio ha scelto all’ultimo momento di accogliere i pareri sulla bozza di decreto attuativo delle Commissioni Giustizia di Camera e Senato, che invitavano il governo a valutare l’introduzione dei test psico-attitudinali per i futuri magistrati.

Dopo il Consiglio dei ministri, durante la conferenza stampa, Nordio ha chiarito alcune questioni su come saranno questi test. Ha detto che i questionari con i test psicologici saranno introdotti nei concorsi per l’ingresso in magistratura a partire dal 2026, che si svolgeranno al termine delle prove scritte già previste e che saranno una precondizione per essere ammessi all’orale, dove ci sarà poi l’esame psico-attitudinale vero e proprio. Prevedere i test prima delle prove scritte, ha spiegato Nordio, avrebbe infatti potuto essere illegittimo a livello costituzionale: la Costituzione stabilisce che «in magistratura si entra per concorso».

La gestione della procedura dei test sarà affidata al Consiglio Superiore della Magistratura (CSM), l’organo di autogoverno della magistratura composto per un terzo da membri laici, cioè eletti dal parlamento. A ogni concorso, il CSM nominerà alcuni docenti universitari in materie psicologiche su indicazione del Consiglio universitario nazionale, l’organo indipendente che sovrintende alle università, che avranno il compito di preparare i test scritti. Dopo il test scritto il colloquio psicologico durante la prova orale sarà gestito dal presidente della commissione del concorso. Sarà la stessa commissione esaminatrice a valutare tutto l’esame, compresa l’idoneità psico-attitudinale, e a formulare di conseguenza un giudizio conclusivo. La valutazione non spetterà dunque solamente a uno psicologo, che sarà presente al colloquio orale ma solo con un ruolo di consulenza e assistenza alla commissione.

Molti giornali, in questi giorni, hanno ricordato come la questione dei test fosse stata più volte proposta da Silvio Berlusconi nei suoi anni a capo del governo, caratterizzati da una contrapposizione pressoché permanente tra politica e magistratura. L’ipotesi dei test era ad esempio contenuta, sotto forma di delega, nella riforma dell’ordinamento giudiziario proposta e approvata nel 2005, durante il secondo governo di Berlusconi, dall’allora ministro della Giustizia Roberto Castelli. Poi quella delega non fu mai esercitata dal governo, per l’impossibilità di stabilire in cosa dovessero consistere i test. A quel tempo, tra l’altro, quasi 200 professionisti della salute mentale, tra psichiatri e psicologi, avevano scritto una lettera in cui dicevano che nessun tecnico avrebbe potuto dare «un giudizio predittivo» sull’adeguatezza a svolgere il ruolo di magistrato.

Anche la nuova norma ha ricevuto diverse critiche. L’ANM ha innanzitutto ipotizzato che l’introduzione dei test potrebbe in futuro essere annullata dalla Corte Costituzionale per eccesso di delega, nel senso che il governo sarebbe andato oltre i principi di delega della riforma Cartabia. Quel testo, infatti, faceva sì riferimento alla modifica dei presupposti per l’accesso in magistratura, ma solo per quanto riguarda la preparazione tecnica dei candidati e delle candidate e non per quanto riguarda la valutazione di altri profili. In un’intervista al Corriere della Sera il presidente dell’ANM Giuseppe Santalucia ha detto che «il governo esorbita dai suoi poteri, dando a un decreto del ministro il potere di stabilire i contenuti della prova». Nonostante il concorso faccia parte delle modifiche previste dalla riforma Cartabia, quella legge «parlava del concorso, non dettava criteri che contenessero le parole “test psicoattitudinali”», ha aggiunto Santalucia.

Secondo Santalucia introdurre la valutazione della personalità sarebbe inoltre una misura arbitraria, e il fatto che a determinarne le modalità sarà il CSM non sarebbe comunque una garanzia perché il CSM «non ha competenze di questo tipo, è composto da giuristi non psichiatri». L’obiettivo del governo per Santalucia è dunque solo quello di «creare una suggestione: che i magistrati hanno bisogno di un controllo psichico o psichiatrico (…), che i magistrati non sono equilibrati. È un messaggio simbolico per gettare ombra sulla magistratura».

Il presidente dell’ANM ha anche minacciato un futuro sciopero dei magistrati per protestare contro l’introduzione dei test. Ma ha detto che la norma entrerà in vigore nel 2026 e che dunque potrebbe ancora esserci modo di eliminarla.

Sui test si è pronunciato anche il Comitato di presidenza del CSM, che ha ricordato come «il governo autonomo della magistratura conosca già reiterate e continue verifiche sull’equilibrio del magistrato che viene sottoposto a valutazione dal momento del suo tirocinio e, successivamente, con intervalli regolari ogni quattro anni»: esiste dunque già un meccanismo di «controllo sull’equilibrio dei singoli», ma «in un contesto di salvaguardia dell’indipendenza della magistratura».

Nel difendere la nuova norma Carlo Nordio ha invece detto che «non c’è alcuna interferenza da parte dell’autorità politica o del governo» sulla magistratura poiché tutta la procedura dei test «è sotto la gestione e la responsabilità del CSM». Il ministro ha poi aggiunto che l’esame psico-attitudinale «è previsto per tutte le funzioni più importanti del paese, ma soprattutto è previsto per le forze dell’ordine. Il pubblico ministero è il capo della polizia giudiziaria che è sottoposta al test. Se sottoponiamo ai test chi obbedisce al comandante, è possibile non sottoporre a test chi ha la direzione della polizia giudiziaria?». In realtà non tutti gli ufficiali di polizia giudiziaria vengono sottoposti a test di questo tipo.

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Una precedente versione di questo articolo diceva nel primo paragrafo che con le nuove modifiche gli aspiranti magistrati potranno provare l’esame cinque volte, come è scritto nel comunicato del governo: fonti del ministero della Giustizia fanno sapere che in realtà si potrà provare quattro volte, una in meno, e che il comunicato aveva un errore. L’errore nell’articolo è stato corretto.