Il primo ministro irlandese Leo Varadkar ha annunciato che si dimetterà
È in carica dal 2022, dopo esserlo già stato tra il 2017 e il 2020: ha detto che la decisione ha motivi sia personali che politici
Mercoledì Leo Varadkar, primo ministro dell’Irlanda dal 2017 al 2020 e dal 2022 a oggi, ha annunciato inaspettatamente che si dimetterà immediatamente da leader del partito di centrodestra Fine Gael e, non appena sarà nominato un successore per quel ruolo, anche dalla carica di primo ministro, chiamata ufficialmente “taoiseach” in Irlanda. Varadkar ha detto che le sue dimissioni hanno motivi sia personali che politici, che però non ha specificato.
Le sue dimissioni non implicano necessariamente che ci saranno delle nuove elezioni: quasi sicuramente sarà sostituito dal nuovo leader del Fine Gael. La coalizione con cui è al governo, in cui ci sono anche i Verdi e il partito conservatore Fianna Fáil, in tal caso resterebbe al potere fino alle elezioni parlamentari dell’anno prossimo.
Varadkar, 45 anni, ha il padre indiano e la madre irlandese. È parlamentare dal 2007 e quando venne nominato per la prima volta primo ministro, nel 2017, era la persona più giovane della storia irlandese a ricoprire la carica di taoiseach. È stato anche il primo taoiseach apertamente omosessuale: fece coming out durante la campagna in sostegno del referendum che legalizzò le unioni omosessuali in Irlanda, nel 2015.
Alle elezioni parlamentari del 2020 il suo partito arrivò terzo, con 35 seggi nella camera bassa del parlamento, dopo il Fianna Fáil (che ne aveva 38) e il partito di centrosinistra Sinn Féin (37). Una delle condizioni per la formazione dell’attuale coalizione di governo prevedeva che Varadkar, primo ministro uscente, sarebbe stato per due anni vice primo ministro (chiamato ufficialmente “tánaiste”). Il leader del Fianna Fáil, Micheál Martin, venne quindi nominato primo ministro: nel 2022 si sono scambiati l’incarico, come previsto dagli accordi, e quindi Martin è diventato vice primo ministro.
Durante i suoi mandati Varadkar organizzò il referendum che ha portato alla legalizzazione dell’aborto in Irlanda e prese parte ai negoziati sulla gestione del confine fra Irlanda e Regno Unito dopo la Brexit. Negli ultimi mesi aveva sostenuto due referendum per rendere meno sessista e più inclusiva la Costituzione irlandese. Entrambi sono stati sconfitti nettamente (la costituzione irlandese è quindi rimasta uguale): e la responsabilità della sconfitta è stata attribuita in gran parte alla gestione della campagna elettorale da parte di Varadkar, che l’aveva molto affrettata per far coincidere il voto con la Giornata internazionale della donna, l’8 marzo.