La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso di Alfredo Cospito per la revoca del 41-bis
La Corte di Cassazione ha giudicato inammissibile la richiesta del militante anarchico Alfredo Cospito di ottenere la revoca anticipata del regime 41-bis, a cui è sottoposto in carcere a Sassari. A ottobre la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo si era espressa a favore della revoca del provvedimento, che prevede una serie di forti limitazioni, tra cui l’isolamento dagli altri detenuti, la riduzione dell’ora d’aria (solamente due ore sempre in isolamento), la limitazione dei colloqui (solo con familiari, con un vetro divisorio e senza possibilità di contatto fisico), il visto di controllo della posta in entrata e in uscita, il divieto di accesso a giornali e libri.
Il tribunale di sorveglianza di Roma aveva però già respinto la richiesta, sostenendo che non ci fossero «elementi concreti che possano giustificare una rivalutazione», e aveva definito «non coerenti» le conclusioni della Direzione. Cospito aveva presentato ricorso in Cassazione contro quella decisione, ma anche un parere favorevole di quest’ultima non sarebbe stato definitivo, dato che il caso sarebbe tornato al tribunale di sorveglianza.
Cospito è un anarchico insurrezionalista, cioè seguace della teoria anarchica che prevede atti di ribellione violenta, sia individuale che collettiva. Nel 2013 fu condannato per aver ferito a Genova, con colpi di pistola alle gambe, il dirigente dell’Ansaldo Roberto Adinolfi: per quella condanna sta scontando una pena a 9 anni e 6 mesi. Quando era già in carcere venne condannato per un attentato con due bombe alla caserma dei carabinieri di Fossano, in provincia di Cuneo, avvenuto nel 2006. Fu inizialmente condannato ad altri 20 anni di carcere, in primo e secondo grado, per il reato di “strage”. L’attentato non causò morti né feriti, ma in Italia non esiste un reato di “tentata strage”.
A maggio del 2022 però la Corte di Cassazione, l’ultimo grado della giustizia italiana, stabilì che Cospito dovesse essere giudicato non per “strage comune” ma per “strage politica”, un reato più grave che prevede come pena l’ergastolo anche se l’attentato non ha ucciso nessuno (come nel caso di Cospito). Contestualmente alla decisione della Cassazione a Cospito fu imposto il 41-bis, in quanto ritenuto appartenente a un’organizzazione terroristica: il 41-bis si applica infatti per impedire ad appartenenti a organizzazioni mafiose, terroristiche e altre ancora di mantenere i contatti con il proprio gruppo criminale all’esterno.
Dal 20 ottobre al 19 aprile, per 182 giorni, Cospito aveva condotto uno sciopero della fame che aveva l’obiettivo di riportare l’attenzione su come vengono applicati in Italia i regimi di detenzione estremi, come il 41-bis. Una parte della vicenda giudiziaria di Cospito si concluse a giugno del 2023, poco più di due mesi dopo la fine del suo sciopero della fame, con l’udienza della Corte d’assise d’Appello di Torino che doveva rideterminare la pena sulla base del reato di strage politica: Cospito fu condannato a 23 anni, quindi tre in più rispetto alla precedente condanna.
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