Scrivere “Call My Agent” non è come scrivere le altre serie
Per coinvolgere attori e celebrità che interpretino delle versioni romanzate di se stessi serve una certa collaborazione
La seconda stagione di Call My Agent – Italia, adattamento della serie tv francese Dix pour cent (in italiano Chiami il mio agente!), andrà in onda su Sky e in streaming su Now dal 22 marzo, ed è un caso di successo non scontato di una serie che ha avuto diversi adattamenti (oltre a quello italiano anche in India, Indonesia, Turchia, Polonia, Spagna e Regno Unito) non necessariamente apprezzati. La versione britannica per esempio non è stata rinnovata dopo la prima stagione. Il format è incentrato su una società di agenti dello spettacolo e sulle star che rappresentano, sui rapporti tra questi agenti e su quello che accade con i loro clienti.
La particolarità sta nel fatto che ogni puntata prevede la partecipazione di veri attori, registi o musicisti noti che interpretano una versione romanzata, spesso esagerata, di se stessi. In più compaiono anche altre persone note in brevi camei, oltre a essere menzionati e tirati in ballo veri film o vere testate (anche il Post, in una puntata della seconda stagione). Alla prima stagione hanno partecipato in qualità di clienti di questa agenzia di finzione Paola Cortellesi, Matilda De Angelis, Pierfrancesco Favino, Stefano Accorsi, Paolo Sorrentino e Corrado Guzzanti.
In questa seconda hanno invece un episodio dedicato a sé Claudio Santamaria, Valeria Golino e Valeria Bruni Tedeschi, Gabriele Muccino, Elodie, Sabrina Impacciatore, Serena Rossi e Davide Devenuto. I diritti per l’Italia li possiede la società di produzione Palomar che per adattare e scrivere la serie ha scelto Lisa Nur Sultan (già sceneggiatrice di Sulla mia pelle, Studio Battaglia e Beata te), la quale ha prima ideato le puntate, poi contribuito a scegliere le star ospiti e infine scritto tutti gli episodi con Federico Baccomo e Dario D’Amato.
Per queste particolarità la produzione di una serie come Call My Agent – Italia è diversa da quella di qualsiasi altra, perché chi scrive deve modellare una parte di ogni puntata su una celebrità e questa celebrità deve accettare la versione esagerata di sé che ne uscirà. Il primo passo quindi, per ogni stagione, è scegliere gli ospiti: «Cominciamo con grandi discussioni su chi ci piacerebbe avere, prima ancora di sapere quale sarà la trama che li riguarderà» spiega Lisa Nur Sultan. «Io in particolare poi penso anche a chi mi piacerebbe contattare mentre scrivo il soggetto di ogni singola puntata». I nomi devono essere coerenti, cioè devono avere un senso per il formato della serie e per la storia, devono essere disponibili, cioè non devono avere impegni concomitanti alle date in cui si girerà il loro episodio, e poi devono avere voglia di farlo. «Iniziamo con delle telefonate informali, che spesso faccio io, per capire chi ha voglia e chi non se la sente. Generalmente la proposta viene accolta con entusiasmo, ovviamente è anche capitato che qualcuno non se la sentisse».
Una volta trovato un cast di celebrità principali, e di altri nomi noti per brevi apparizioni, inizia la scrittura degli episodi. Ogni puntata è scritta su misura per l’ospite, la trama in alcuni casi è centrata su qualcosa per la quale sono noti o che è plausibile li riguardi. La puntata con Elodie riguarda un fan ossessionato da lei, quella con Corrado Guzzanti la sua ritrosia ad accettare ruoli, quella di Sabrina Impacciatore la sua carriera internazionale. In certi casi poi le puntate hanno replicato puntate francesi pensate per attori francesi trovando equivalenti italiani. È il caso di quella della prima stagione in cui Stefano Accorsi è raccontato come un attore che non sa dire di no a nessun lavoro fino al paradosso, che in originale era stata scritta per un’altra attrice notoriamente molto impegnata, Isabelle Huppert.
Più in generale l’adattamento italiano mantiene molte delle caratteristiche principali dell’originale, in particolar modo i protagonisti, molto simili, e alcuni rapporti tra di loro. Tuttavia già nella prima stagione non tutto è identico, e nella seconda ancora meno: «Ho visto che tutti gli adattamenti nel mondo hanno mantenuto i protagonisti piuttosto simili agli originali, per poi cambiare nelle dinamiche successive. Nella prima stagione avevo tolto la morte del fondatore per levare il lutto e raccontare un caso di “grandi dimissioni”. Ma la verità secondo me è che se cambi i dialoghi, cioè cosa i personaggi si dicono e come, hai cambiato tutto. Le parole sono tutto. Ma lo so che poi agli spettatori invece sembra tutto identico».
Call My Agent – Italia è poi anche un modo di raccontare l’industria del cinema e della televisione italiana, con le sue dinamiche e i suoi personaggi. Molti comprimari meno noti sono veramente chi dicono di essere, a partire dal direttore della Mostra del cinema di Venezia Alberto Barbera. La prima stagione è stata scritta per mostrare come ci siano molti talenti nella nostra industria e molte opportunità che non vengono colte (a partire dal fatto che nella finzione l’agenzia si sia fatta scappare Perfetti sconosciuti, film italiano di grandissimo successo replicato poi in tutto il mondo). La seconda invece, ha più a che fare con gli errori che l’industria italiana fa quando crede in qualcosa che poi va molto male.
Una volta scritte le puntate queste vengono condivise con le celebrità ospiti, che le leggono e danno il proprio parere sulle parti che le riguardano. C’è chi preferisce dare degli spunti (che possono essere accolti oppure no) e chi chiede di modificare le proprie battute per adattarle di più alla maniera in cui parla: «Ho un po’ di orecchio e con gli altri sceneggiatori ci documentiamo molto, così ci è capitato che qualcuno ci dicesse che siamo riusciti a centrare esattamente la maniera in cui parla».
Per scrivere una puntata di Call My Agent è necessario ascoltare interviste e documentarsi su atteggiamenti, caratteri e parlata di ogni guest star, e questo nonostante poi l’esito non siano le persone come sono in realtà ma una loro versione parodistica: «È la cosa più complicata da spiegare alle volte. Perché in alcuni c’è il timore che poi il pubblico fraintenda e pensi che loro siano effettivamente così». Anche per questa ragione molti degli attori e registi coinvolti preferiscono esagerare con la parodia, per allontanarsi il più possibile dal vero sé e prendersi molto in giro: «È capitato con Serena Rossi e Davide Devenuto che mi hanno chiesto di spingere e insistere sulla presa in giro del fatto che lei ha più successo di lui».
Uno degli sforzi principali nella scrittura di Call My Agent è quindi far sembrare che gli ospiti non stiano recitando, che non parlino come si parla nelle serie tv ma come farebbero nella vita normale. Nella prima stagione l’improvvisazione degli attori è stata molto limitata, il più delle volte si sono attenuti ai dialoghi che avevano approvato o che avevano contribuito ad aggiustarsi. Un’eccezione fu quella di Paolo Sorrentino, che scrisse per sé un monologo, poi molto circolato online come forma di promozione della serie. In quel caso la sceneggiatura ne prevedeva un altro, scritto da Lisa Nur Sultan: «Sorrentino dopo averlo letto mi disse che faceva fatica a memorizzarlo e mi chiese di scriverne uno lui. Così non ha dovuto nemmeno dire su Roma cose che penso io. E poi quando Paolo Sorrentino ti chiede di scrivere una cosa lui, puoi solo ringraziare».
In questa seconda stagione invece l’improvvisazione è stata maggiore. In certi casi poi che gli attori improvvisassero era previsto nel copione, come per esempio alcune parti che coinvolgono Corrado Guzzanti ed Emanuela Fanelli (il primo nel ruolo di se stesso, la seconda nella parte di Luana Pericoli): «La scena in cui rifanno lo spogliarello di Ieri, oggi, domani è tutta improvvisata da loro, l’avevo proprio prevista così. Ho scritto l’ambientazione e poi ho indicato che lì loro avrebbero improvvisato, perché so che sono maestri nel farlo. E infatti è venuta benissimo».
Infine, una volta terminata la scrittura dei copioni, quando li si gira esiste un margine di aggiustamento per rispondere a problemi pratici che sorgono o per far sentire più a proprio agio il talent che è un po’ superiore al consueto: «Per la particolarità di questa serie tutto il set tende a far sentire comoda la guest star e quindi c’è un po’ più di differenza del solito tra quello che si scrive e quello che si gira».