Com’era scontato, Vladimir Putin ha stravinto le presidenziali in Russia
Con l'87 per cento dei voti: non c'erano dubbi perché non sono state elezioni democratiche e non c'era una vera opposizione
Com’era ampiamente atteso, le elezioni presidenziali in Russia sono state stravinte da Vladimir Putin, il presidente autoritario che è al potere da 24 anni. Era scontato perché da tempo le elezioni in Russia non sono libere e non rispettano alcuna minima garanzia democratica: non c’era una vera opposizione e il voto è avvenuto in un clima in cui ogni minimo dissenso nei confronti del presidente è stato sistematicamente represso. Oltre a Putin erano presenti sulle schede tre candidati “di facciata”, usati dal regime per dare al sistema una parvenza di democraticità.
Secondo i risultati ufficiali diffusi dalla commissione elettorale russa basati sulla quasi totalità dei voti scrutinati Putin ha vinto con l’87,32 per cento dei voti, e l’affluenza è stata di poco superiore al 74 per cento: è un record, ma è un dato su cui non si può fare affidamento perché fortemente influenzato dalle coercizioni del regime.
Una vittoria con l’87 per cento è la più ampia nella storia della Russia postsovietica (cioè dal 1991, dopo lo scioglimento dell’Unione Sovietica): Putin voleva un risultato del genere per allontanare ogni ipotesi di malcontento nei suoi confronti da parte della popolazione e per mostrarsi forte davanti al resto del mondo, in particolare ai paesi del blocco occidentale che sostengono l’Ucraina nella sua difesa dall’invasione russa, che va avanti ormai da oltre 2 anni. Nella televisione di stato russa, controllata dal governo e quindi emblematica dell’idea che Putin vuole maggiormente diffondere di questo voto, un giornalista ha dato notizia dei risultati dicendo che «questo è un livello incredibile di sostegno e unità attorno alla figura di Vladimir Putin» e «un segnale ai paesi occidentali».
A questo proposito, a queste elezioni presidenziali il governo russo ha fatto votare anche le quattro regioni ucraine di Donetsk, Luhansk, Zaporizhzhia e Kherson, occupate dall’esercito russo e annesse dalla Russia nel settembre del 2022 con un referendum farsesco e illegale: qui i primi risultati della commissione elettorale, a seconda delle zone, danno Putin tra l’88 e il 94 per cento.
Secondo i risultati finora diffusi, nessuno dei tre candidati di facciata che non erano Putin ha superato il 4 per cento: erano Nikolai Kharitonov del Partito comunista, Leonid Slutsky del Partito liberal-democratico, nazionalista di destra, e Vladislav Davankov del partito Popolo nuovo, che si definisce liberale.
Putin ha 71 anni e la vittoria nelle presidenziali, che pure non era mai stata in discussione, gli garantisce almeno formalmente altri 6 anni di mandato fino al 2030. Sarà il suo quinto mandato da presidente: due li aveva fatti tra il 2000 e il 2008 e altri due dal 2012 a oggi (nel frattempo la durata del mandato presidenziale era stata estesa da 4 a 6 anni; dal 2008 al 2012 Putin era stato primo ministro mentre il presidente era Dmitri Medvedev, ma era comunque ampiamente considerato il vero gestore del potere nel paese.
A queste elezioni presidenziali si era potuto ricandidare grazie a una riforma costituzionale approvata nel 2020, che gli consente di restare al potere per altri due mandati presidenziali oltre a quelli che ha già fatto. Con la riforma infatti è stato imposto un limite di due mandati presidenziali consecutivi, ma è stato azzerato il conteggio dei mandati precedenti di Putin, che in questo modo potrebbe restare al potere fino al 2036, quando avrà 84 anni. Putin è la persona che è stata più a lungo al potere in Russia dopo Josef Stalin, che governò l’Unione Sovietica in modo dittatoriale per 31 anni.
Le elezioni si sono svolte in tre giorni, da venerdì a domenica, durante i quali ci sono state varie iniziative di protesta ai seggi, più o meno esplicite, e sono state arrestate diverse persone. Domenica è stato organizzato il cosiddetto “Mezzogiorno contro Putin”, una manifestazione di protesta pacifica che era stata sollecitata dal dissidente russo Alexei Navalny prima di morire in una prigione in Siberia un mese fa: era un’iniziativa che invitava le persone ad andare a votare tutte nello stesso momento (mezzogiorno, appunto) per segnalare la propria contrarietà al regime di Putin e mostrare che nel paese esiste ancora una forma di dissenso, ma evitando allo stesso tempo la sistematica repressione esercitata dalle autorità russe a qualsiasi forma di protesta contro il governo.
– Leggi anche: Le code ai seggi per il “mezzogiorno contro Putin” in Russia
Nella conferenza che ha tenuto per dichiarare la propria vittoria Putin ha risposto a una domanda sul “Mezzogiorno contro Putin”, dicendo di non esserne rimasto impressionato e accusando alcuni dei partecipanti alla manifestazione di aver rovinato i seggi in cui erano andati a votare. Per la prima volta in molti anni, inoltre, Putin ha nominato Alexei Navalny, di cui solitamente evitava di dire il nome in discorsi pubblici: ha confermato un’informazione che nelle scorse settimane aveva dato una collaboratrice dello stesso Navalny, secondo cui il governo russo aveva accettato di liberarlo in uno scambio di prigionieri.
Putin non ha specificato in cambio di chi sarebbe stato liberato Navalny e si è limitato a dire che è morto prima che potesse succedere: «Questa è la vita», ha detto Putin, che invece secondo i governi di moltissimi paesi democratici e molti analisti avrebbe enormi responsabilità nella morte di Navalny e anzi avrebbe fatto proprio in modo che avvenisse.