Si vota in Russia, vincerà Putin
Le elezioni presidenziali cominciano oggi e si concluderanno domenica: la questione non è chi vincerà, ma di quanto
Da oggi a domenica in Russia ci sono le elezioni presidenziali, un voto il cui risultato è ampiamente scontato dato che il presidente uscente Vladimir Putin, che si è candidato per un quinto mandato, non ha nessuna vera opposizione. Sono di fatto “elezioni farsa”, ma hanno comunque una rilevanza politica per Putin, che vuole ottenere una larghissima vittoria per legittimare ancora di più il suo potere. Sono anche le prime nazionali da quando è iniziata l’invasione russa dell’Ucraina, e si svolgono a poche settimane dalla morte di Alexei Navalny, il più importante oppositore politico di Putin in Russia, morto il 16 febbraio in un carcere nel nord del paese in circostanze ancora non chiare.
Il punto centrale non è tanto chi vincerà, ma di quanto Putin vincerà. Alle elezioni del 2018 Putin aveva ottenuto il 76,7 per cento delle preferenze (più di 56 milioni di voti) e l’affluenza era stata del 67,5 per cento. A queste elezioni, secondo gran parte degli analisti politici internazionali, Putin punta a ottenere circa l’80 per cento dei voti, con un’affluenza di almeno il 70 per cento.
Una così larga vittoria gli permetterebbe di rafforzare il proprio potere e scacciare ogni ipotesi che tra la popolazione russa possa esserci malcontento nei confronti del governo, dato che da ormai due anni il paese vive in condizioni economiche molto complicate per via delle sanzioni occidentali seguite all’invasione dell’Ucraina.
L’affluenza sarà certamente condizionata dal fatto che si vota anche nelle quattro regioni ucraine di Donetsk, Luhansk, Zaporizhzhia e Kherson, occupate dall’esercito russo e annesse dalla Russia nel settembre del 2022 con un referendum farsesco e illegale: si stima che nelle regioni ci siano circa 4,5 milioni di elettori (in totale i cittadini russi che possono votare sono circa 114 milioni). Un altro fattore che potrebbe contribuire alla crescita dell’affluenza, e al margine di vittoria di Putin, è il fatto che da quest’anno in 29 regioni russe è possibile votare online, una modalità di voto la cui regolarità è difficilmente controllabile, motivo per cui si temono brogli.
Putin ha 71 anni e ha potuto ricandidarsi grazie a una riforma costituzionale approvata nel 2020, che gli consente di restare al potere per altri due mandati presidenziali. Con la riforma è stato imposto un limite di due mandati presidenziali consecutivi, ma il referendum ha azzerato il conteggio dei mandati precedenti di Putin e gli ha quindi permesso di candidarsi: se vincerà queste elezioni, come è certo, ed eventualmente anche quelle del 2030, Putin potrebbe restare al potere fino al 2036, quando avrà 84 anni.
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In queste elezioni l’unica incertezza per Putin riguarda il margine che avrà sui suoi avversari. Non c’è una vera opposizione contro di lui, e le elezioni si svolgono in un clima che non ha nessuna base democratica, in cui ogni minimo dissenso nei confronti del presidente russo è stato sistematicamente represso. Non ci sono candidati che possano realmente sperare di contendere la vittoria al presidente uscente, ma solo “candidati di facciata”.
In Russia i partiti che fanno opposizione a Putin sono infatti usati dal regime solo per dare una parvenza di democraticità a tutto il sistema, ma nei fatti poi su tutte le questioni più importanti votano insieme al partito di Putin, Russia Unita. I principali candidati sono Nikolai Kharitonov, del Partito comunista, Leonid Slutsky, del Partito liberal-democratico, nazionalista di destra, e Vladislav Davankov, del partito Popolo nuovo, che si definisce liberale. Altri due politici di rilievo nazionale che si erano candidati sono stati esclusi nei mesi scorsi: Yekaterina Duntsova e Boris Nadezhdin.
In tutto questo ci sono gli ex sostenitori di Navalny, che hanno detto di non ritenere nessuno dei candidati una reale alternativa a Putin e hanno solo suggerito di votare «chiunque» ma non il presidente uscente. La vedova di Navalny, Yulia Navalnaya, ha inoltre invitato tutti i russi che si oppongono al governo di Putin a organizzare una protesta collettiva e pacifica, andando tutti insieme ai seggi nello stesso momento, il 17 marzo a mezzogiorno, per «far vedere che esistiamo e che siamo tanti». L’idea di una protesta simile era stata proposta da Navalny stesso poco prima della sua morte. Gli ex collaboratori di Navalny hanno definito la protesta come «il mezzogiorno contro Putin».