La prima nave di aiuti umanitari è arrivata a Gaza
Sono cominciate le operazioni di scarico per le oltre 200 tonnellate di cibo che trasportava, ma non è ancora chiaro come sarà gestita la distribuzione
Venerdì pomeriggio verso le 16:45 (ora italiana) la prima nave del “corridoio umanitario” verso la Striscia di Gaza è arrivata molto vicino alla costa nella parte nord della Striscia di Gaza e ha iniziato le operazioni per lo sbarco degli aiuti. La nave era partita martedì scorso da Cipro ed è gestita dalla ong Open Arms: trainava una chiatta con circa 200 tonnellate di cibo fornito dalla ong statunitense World Central Kitchen.
Scaricare a terra la merce è particolarmente complicato, soprattutto perché a Gaza non ci sono porti funzionanti. Per questi negli ultimi giorni World Central Kitchen e Open Arms avevano costruito un piccolo molo temporaneo da usare per agevolare gli sbarchi: quando la nave è arrivata vicina alle coste di Gaza la chiatta è stata scollegata e trainata fino al molo con delle imbarcazioni più piccole.
Venerdì sera José Andrés, chef e fondatore di World Central Kitchen, ha detto che erano in corso le operazioni per sbarcare le 200 tonnellate di cibo e altri aiuti a bordo della chiatta. Andrés si è detto soddisfatto dell’esito del viaggio: «È stato un tentativo per imparare. Potremmo portare centinaia di tonnellate [di aiuti] ogni settimana», ha scritto su X.
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Un video diffuso da Open Arms mostra alcuni container che vengono sollevati dalla chiatta, attraccata al molo temporaneo, per essere depositati sulla terraferma.
Al momento non è chiaro come gli aiuti verranno distribuiti alla popolazione: negli ultimi mesi diverse agenzie umanitarie hanno avuto molti problemi, in particolare nel nord della Striscia, per problemi di sicurezza. Le difficoltà rischiano di allungare ulteriormente i tempi per la distribuzione degli aiuti nella Striscia, dove da mesi parte della popolazione non ha più nulla da mangiare.
Le 200 tonnellate di cibo trasportate dalla nave arrivata oggi a Gaza non sono comunque sufficienti a contrastare la gravissima crisi umanitaria in corso nella Striscia di Gaza, dove secondo le Nazioni Unite almeno 576mila persone – un quarto della popolazione – sono a un passo dalla carestia. Soprattutto al nord la situazione umanitaria è sempre più grave, e la popolazione civile si sta arrangiando come può: cammina per ore per cercare avanzi, raccoglie erbe di campo da bollire su stufe improvvisate all’aperto oppure si ciba di mangime per animali.
Il trasporto degli aiuti via nave è previsto da un corridoio umanitario marittimo che era stato annunciato venerdì scorso dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. All’iniziativa hanno aderito vari paesi tra cui l’Italia, la Germania, la Grecia, i Paesi Bassi, gli Emirati Arabi Uniti, il Regno Unito e gli Stati Uniti. Nel frattempo gli Stati Uniti hanno anche detto che costruiranno un molo galleggiante vicino alle coste di Gaza dove far attraccare altre navi cariche di aiuti.
A Cipro è in preparazione la partenza di una seconda nave di aiuti prevista dal corridoio marittimo, che dovrebbe essere più grande di quella arrivata venerdì e contenere più scorte di cibo. Non si sa quando partirà, dato che a bordo sono ancora in corso i controlli delle autorità israeliane.
La pressione della comunità internazionale su Israele per far arrivare nella Striscia più aiuti via terra è sempre maggiore. Mercoledì il portavoce dell’esercito israeliano Daniel Hagari aveva detto che il governo ha intenzione di aprire più punti di ingresso per far entrare a Gaza i camion di cibo e medicinali: finora infatti sono arrivati quasi tutti dal confine con l’Egitto, con molti rallentamenti. «Stiamo cercando di “inondare” l’area, di “inondarla” di aiuti umanitari», ha detto Hagari.
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