L’indagine sulle finte università si allarga
Dopo il caso delle lauree non valide rilasciate da un istituto siciliano, il ministero ha inviato esposti alle procure per denunciare altre scuole che utilizzerebbero lo stesso sistema
Il ministero dell’Università e della Ricerca ha iniziato a inviare esposti alle procure di diverse province per denunciare istituti scolastici pubblicizzati come università che rilasciano lauree e altri titoli di studio senza valore. La ricognizione è partita dal caso di un’università online siciliana, il dipartimento tecnico-scientifico di studi europei Jean Monnet, su cui sta indagando la procura di Palermo e di cui si era parlato molto negli ultimi giorni. I suoi dirigenti sono accusati di truffa per aver rilasciato titoli non validi agli studenti che pagavano rette piuttosto costose. Secondo il ministero, lo stesso sistema è utilizzato da diversi altri istituti in Italia.
Il caso dell’istituto siciliano è stato raccontato nei dettagli da Repubblica Palermo. Tra il 2022 e il 2023 il dipartimento tecnico-scientifico di studi europei Jean Monnet aveva circa 250 iscritti a cui venivano chieste costose rette annuali per partecipare ai corsi online e ottenere un titolo di studio presentato come una laurea, ma che in realtà non lo era: 20mila euro per una laurea in Medicina, Odontoiatria e Farmacia, 15mila l’anno per Medicina veterinaria, 12mila per Fisioterapia e Logopedia, 8mila per Podologia, Ortottica e Tecnico di radiologia, 6mila per Infermieristica.
Sono cento gli studenti che hanno completato i corsi prevalentemente online, a cui seguivano poi tirocini in alcune strutture sanitarie siciliane. A tutti è stata data la finta laurea sulla base di un accordo tra l’istituto siciliano e l’università di Gorazde, in Bosnia. L’inchiesta, che è stata chiamata “Bosniagate”, è partita dalle denunce presentate alla Guardia di Finanza da studenti a cui era stata rifiutata l’iscrizione agli ordini professionali per via della laurea non valida.
Il ministero dell’Università e della Ricerca ha chiarito ai magistrati che l’università di Gorazde – a cui tra l’altro lo scorso settembre era stato revocato l’accreditamento dalle autorità universitarie bosniache – non era mai stata autorizzata a operare in Italia, e dunque i titoli rilasciati agli studenti «non hanno alcun valore né ai fini accademici né ai fini professionali: tali titoli non sono riconosciuti né da altro ateneo né da altra autorità pubblica».
Nonostante non abbia le autorizzazioni, il dipartimento tecnico-scientifico di studi europei Jean Monnet ha messo in piedi veri corsi online. Tra i professori dell’università – dai primi accertamenti all’oscuro del meccanismo – c’erano professionisti piuttosto noti in Sicilia, come il presidente dell’Ordine dei medici di Palermo Toti Amato e altri professori universitari reclutati in altre regioni. Il “Dipartimento Jean Monnet” aveva infine collaborazioni con le aziende sanitarie provinciali siciliane e con ospedali pubblici e privati, dove gli studenti hanno fatto tirocini ed esami pratici. La Regione Siciliana ha sospeso i tirocini di tutti gli studenti del dipartimento Jean Monnet. La procura di Palermo ha indagato Salvatore Messina, che si presentava come “rettore” dell’istituto, il figlio Dario e un’altra persona, Salvatore Culotta, che secondo l’accusa era un prestanome.
La ministra dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini, ha detto di aver affidato la ricognizione su altri casi simili al CIMEA, il centro di informazione sulla mobilità e le equivalenze accademiche che dal 1984 aiuta il ministero a verificare l’accreditamento di titoli di studio rilasciati da università straniere. Da questi controlli sono emersi altri casi segnalati poi dal ministero alle procure. Il ministero, infatti, non ha potere di sanzionare le finte università. «L’unica cosa a cui stiamo pensando è la segnalazione sul nostro sito dei casi sospetti, purché ciò sia compatibile con la normativa comunitaria», ha detto Bernini.
Il CIMEA ha individuato almeno altri sei casi sospetti tra Napoli, Milano, Lecce, Firenze, Ragusa e Palermo. Sono istituti che sul loro sito si pubblicizzano come università e dicono di rilasciare lauree e master, quasi sempre in collaborazione con università straniere, senza però avere le autorizzazioni del ministero. «Chi ottiene un titolo di studio estero non può utilizzare in Italia i termini “laurea” e “laurea magistrale” e nemmeno utilizzare il titolo di “dottore” senza un riconoscimento specifico», ha detto a Repubblica Palermo Luca Lantero, direttore del CIMEA. «Si tratta di termini protetti dal nostro ordinamento e questi titoli possono essere rilasciati solo dal sistema accademico italiano».
Uno degli istituti segnalati era già al centro di un’indagine della procura di Firenze. L’inchiesta era partita dalla denuncia per esercizio abusivo della professione presentata dall’Ordine nazionale dei biologi nei confronti di un 45enne che lavorava come nutrizionista in un centro medico di Pistoia, dove forniva consulenze a pazienti con problemi di colesterolo alto e gastrite. L’uomo è anche proprietario di un negozio di vitamine e integratori a Campi Bisenzio e si definiva nutrizionista sulla base di una laurea ottenuta dall’università popolare scienze della Salute e nutrizionali, fondata da un 45enne e con sede in un palazzo di Montespertoli, in provincia di Firenze.
Anche in questo caso i magistrati sostengono che questa università abbia rilasciato lauree non riconosciute dal ministero. È stato indagato anche il direttore sanitario del centro medico di Pistoia perché avrebbe agevolato l’esercizio abusivo della professione.