In Nigeria la popolazione non può più permettersi il cibo
I generi alimentari costano sempre di più per via di alcune riforme introdotte dall'attuale governo e anche i saccheggi ai depositi di cibo stanno diventando più frequenti, con conseguenti tensioni sociali
Nelle ultime settimane in Nigeria sono stati segnalati vari assalti a magazzini di prodotti alimentari per rubare scorte di cibo. È successo alla periferia della capitale, Abuja, dove centinaia di persone hanno assalito un magazzino di cereali, saccheggiandolo fino all’intervento delle forze dell’ordine; prima ancora era stato assaltato un magazzino della dogana di Lagos, la città più grande del paese, dove erano custoditi sacchi di riso di contrabbando: negli scontri con le forze dell’ordine sono morte sette persone.
Questi eventi non sono casi isolati e si riconducono a una situazione generale di tensione sociale e politica, dovuta alla forte crisi economica e alimentare in cui si trova il paese, uno dei più grandi e importanti dell’Africa: secondo il Fondo Monetario Internazionale al momento quasi una persona su dieci si trova in una condizione di difficile accesso al cibo.
E questo perché la popolazione può permettersene sempre meno a causa di un grave problema di inflazione: a gennaio i prezzi erano più alti del 30 per cento rispetto a un anno prima, l’aumento più alto dal 1996. I rialzi sono stati spinti soprattutto dalle quotazioni dei generi alimentari, che pure sono aumentate in media del 35 per cento in un anno: per alcuni prodotti l’aumento è stato ancora più consistente, come nel caso del riso, il cui prezzo è raddoppiato. In un paese mediamente povero, in cui i consumi di buona parte della popolazione sono perlopiù di sussistenza, rincari del genere sono un problema enorme.
Gran parte di questi aumenti deriva da alcune decisioni di politica economica prese dall’attuale governo, in carica da quasi un anno: rientrano in un piano di riforme più ampio per l’economia nigeriana, che però potrà avere benefici solo nel lungo termine, e che nel breve sta causando gravi squilibri economici e sociali.
La prima misura è stata quella di tagliare gli storici sussidi per i carburanti con l’obiettivo di ridurre la spesa pubblica, il che ha provocato un grave aumento del costo dei trasporti, in particolare per il cibo, che viaggia soprattutto su strada. La seconda è stata quella di abbandonare un complicato regime in cui i tassi di cambio con la valuta locale, la naira, erano stabiliti per legge, mentre ora oscillano secondo la domanda e l’offerta di mercato.
Il regime di cambio fisso per i paesi poveri e in via di sviluppo con valute deboli è generalmente garanzia di tutela da grosse oscillazioni nei mercati dei cambi, anche se, semplificando, nel lungo termine comporta alcune distorsioni che ostacolano l’afflusso di capitali stranieri e la crescita. La logica nella decisione del governo nigeriano sta nell’eliminare queste distorsioni sul lungo termine, tuttavia al prezzo di conseguenze piuttosto serie sul breve.
Dalla fine del cambio fisso il valore della moneta nigeriana è calato tantissimo e rispetto a giugno dello scorso anno servono ora più del triplo delle naira per ottenere gli stessi dollari: un anno fa per avere un dollaro ne servivano 460, oggi 1.590. E questo è un problema per un paese che importa quasi tutto dall’estero: ci vogliono sempre più naira per comprare la merce straniera. Il risultato è stato un aumento generale del costo della vita, soprattutto di quello del cibo.
La Nigeria è comunque in forte crisi economica da tempo, anche per la risposta ritenuta generalmente fallimentare data dal governo precedente, quello di Muhammadu Buhari, che per otto anni aveva guidato il paese promettendo di renderlo più ricco e sicuro.
Con 218 milioni di abitanti la Nigeria è il sesto paese al mondo per popolazione: è grande circa tre volte l’Italia, è una delle nazioni più giovani al mondo ed è il più grande produttore di petrolio del continente. È stata spesso descritta come una “superpotenza emergente”: secondo dati della Banca Mondiale, come altri paesi africani, l’economia nigeriana aveva goduto di una certa crescita nei primi quindici anni di questo secolo, per poi tornare a contrarsi.
Durante i due mandati di Buhari la crescita economica nigeriana è stata nettamente più lenta rispetto a quella di altri paesi africani. Dal 2015 al 2020 il reddito medio annuale pro capite in Nigeria è sceso e l’estesissima povertà non solo è rimasta uno dei problemi principali del paese, ma è anche aumentata. Tra il 2014 e il 2019 la percentuale di persone che vivono sotto la soglia della povertà è lievemente calata, passando dal 43 al 37 per cento, per poi tornare al 40 per cento e aumentare nuovamente durante la pandemia da coronavirus. Oltre alla povertà, ci sono gravi e radicati problemi di instabilità politica, dovuti soprattutto ai conflitti territoriali interni e ai frequenti attacchi compiuti da gruppi criminali o terroristi.
– Leggi anche: In Nigeria i rapimenti di massa continuano a essere un problema