Ad Haiti l’alleanza tra le bande criminali ha cambiato tutto
La ragione che ha fatto precipitare la crisi nel paese, già in condizioni molto gravi, è stata la decisione delle gang di coalizzarsi contro il governo, per rovesciarlo
La ragione principale della gravissima crisi che dall’inizio di marzo ha colpito Haiti è che le bande criminali che operano nel paese hanno deciso per la prima volta di coalizzarsi contro il governo, provocando le dimissioni del primo ministro Ariel Henry e portando Haiti a uno stato di emergenza senza precedenti recenti.
Ad Haiti la crisi politica, sociale ed economica dura da anni: le bande criminali controllano da tempo grosse parti della capitale Port-au-Prince, e terrorizzano la popolazione con frequenti rapimenti e omicidi. Ma dall’inizio di marzo «tutto è cambiato», come scrive il New York Times: le maggiori bande criminali del paese si sono coalizzate, hanno compiuto una serie di attacchi contro stazioni di polizia, prigioni, porti e aeroporti, e hanno di fatto tolto al governo il controllo del paese.
Ariel Henry era presidente dal luglio 2021, dopo l’assassinio del presidente Jovenel Moïse, avvenuto in in circostanze sospette e ancora non chiare, che potrebbero coinvolgere anche persone vicine a Henry. Da tempo Henry era fortemente impopolare, nel paese le proteste per chiedere le sue dimissioni erano state numerose, e il controllo dello stato sul territorio era molto limitato. Il presidente e primo ministro aveva però sempre rifiutato di dimettersi e organizzare nuove elezioni (avrebbe dovuto farlo entro il 7 febbraio).
La situazione è precipitata negli ultimi giorni di febbraio: in quel momento Henry era in Kenya, dove stava trattando l’arrivo di forze di sicurezza keniane per ristabilire condizioni minime di sicurezza ad Haiti. Era una missione di peacekeeping approvata dall’ONU per contrastare le bande criminali e prevedeva l’arrivo di 1.000 poliziotti e militari. L’efficacia della misura era da verificare, ma costituiva comunque una minaccia per il potere delle bande, che hanno quindi deciso di prevenirla: hanno stabilito per la prima volta un’alleanza tra loro e si sono coalizzate contro il governo e contro le forze di sicurezza haitiane, per impedire il piano di Henry di portare poliziotti keniani nel paese, e far cadere il governo.
Con azioni coordinate le bande criminali hanno occupato e bloccato gli aeroporti, impedendo al presidente di rientrare sull’isola (Haiti è un piccolo stato dei Caraibi che si trova sull’isola di Hispaniola, non lontano da Cuba), hanno attaccato i porti e gli scali merci, hanno preso il controllo di decine di stazioni di polizia e assaltato alcune prigioni, liberando oltre 4.600 detenuti.
Le successive dimissioni di Henry sono arrivate per le forti pressioni internazionali (anche dagli Stati Uniti): erano viste come un passo necessario per recuperare una situazione fuori controllo. In seguito in Giamaica sono iniziate le negoziazioni per trovare una via per uscire dalla crisi: vi partecipano rappresentanti dei partiti haitiani e dei governi degli stati caraibici vicini, diplomatici francesi, statunitensi e internazionali.
Ora i capi più riconosciuti e potenti delle bande, fra cui Jimmy Chérizier detto “Barbecue” e Guy Philippe (ex comandante di polizia coinvolto in un tentativo di colpo di stato nel 2004) stanno trattando per ottenere una sorta di amnistia per i membri delle bande, utilizzando i propri legami con le forze politiche haitiane. In cambio potrebbero promettere una riduzione della violenza e abbandonare il controllo di alcune delle strutture fondamentali del paese.
Non è però chiaro quanto possa reggere il patto fra le varie bande, che in questi anni sono state in continua e feroce guerra per il controllo del territorio. Il loro potere è peraltro molto consolidato, dopo anni in cui hanno operato in collaborazione con i vari governi, compreso quello dell’ex presidente Jovenel Moïse.
Alcuni esperti hanno parlato di un processo di «gangsterizzazione» di Haiti, uno dei paesi più poveri al mondo: i politici locali vicini a Moïse avrebbero usato le bande per controllare meglio le proprie aree di competenza, per esempio ostacolando il voto e le proteste dei sostenitori dei loro avversari. In cambio, avrebbero fornito alle bande armi, munizioni, mezzi di trasporto e finanziamenti, cosa che ne ha man mano fatto accrescere il potere, fino a renderle incontrollabili.
La situazione ad Haiti resta molto pericolosa: dopo gli Stati Uniti anche l’ONU ha deciso di richiamare il proprio personale “non essenziale” per questioni di sicurezza, garantendo però il proseguimento dei progetti di assistenza in corso.
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