E Pasquale Striano, in tutto questo?

Chi è il finanziere al centro dell'inchiesta della procura di Perugia sui presunti accessi abusivi a informazioni riservate: del caso si parla molto, di lui assai meno

Inaugurazione dell'anno di studi della Guardia di Finanza, il 19 novembre 2019 a Roma (Valerio Portelli/LaPresse)
Inaugurazione dell'anno di studi della Guardia di Finanza, il 19 novembre 2019 a Roma (Valerio Portelli/LaPresse)

Da giorni l’inchiesta della procura di Perugia per i presunti accessi abusivi alle banche dati della Direzione nazionale antimafia, e la conseguente rivelazione di documenti segreti, alimenta dibattiti politici e articoli sui giornali. Assai meno si è raccontato invece del protagonista di questa vicenda, e cioè il tenente della Guardia di Finanza Pasquale Striano, che secondo il procuratore di Perugia Raffaele Cantone sarebbe la persona che ha effettuato di gran lunga il numero maggiore di accessi illeciti alle banche dati riservate non solo della Direzione nazionale antimafia, ma anche di altri organi di polizia. Durante la sua audizione alla commissione parlamentare Antimafia, Cantone ha fornito i numeri relativi a questa cospicua ricerca di informazioni sensibili su più di mille tra politici, imprenditori, dirigenti della pubblica amministrazione, sportivi e anche gente comune (sembra che Striano facesse ricerche anche sulla sua compagna): oltre 7.000 accessi a varie banche dati, 33.528 file scaricati.

Che a compiere quegli accessi, o almeno la gran parte, sia stato Striano fu lo stesso tenente a confessarlo ai magistrati della procura di Roma, che il primo marzo del 2023 lo interrogarono in seguito a una denuncia fatta dal ministro della Difesa Guido Crosetto. Striano, stando a quanto raccontato da Cantone, ha spiegato di aver agito su ordine del magistrato Antonio Laudati, il sostituto procuratore – anche lui indagato a Perugia – alla Direzione nazionale antimafia, che è l’organismo che coordina le indagini sulla criminalità organizzata e sul terrorismo fatte in tutt’Italia. Domenica scorsa Il Giornale ha pubblicato un messaggio inviato da Striano al cronista Felice Manti in cui dice: «Risponderò davanti ad un giudice, poi vedrai che succederà. Ho fatto il mio lavoro con dignità e professionalità assoluta e con i miei metodi, non quelli dei burocrati».

Insomma, Striano rivendica in qualche modo quanto ha fatto, ed è significativo perché gli elementi che hanno caratterizzato la sua carriera fanno emergere una figura peculiare, insofferente verso le regole che disciplinano gli avanzamenti di carriera nella Guardia di Finanza, e attivo in una campagna per tutelare la salute mentale degli operatori di polizia. Nonché appassionato di tecniche d’indagine audaci.

Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti assiste alla cerimonia di insediamento del nuovo Comandante generale della Guardia di Finanza Andrea De Gennaro, a Roma, il 29 maggio 2023 (Mauro Scrobogna/LaPresse)

Pasquale Striano nacque a Ercolano nel 1965, quando il comune a sud di Napoli si chiamava ancora Resina, da una famiglia di condizioni modeste ma non povera. Da suo padre ha preso la passione per la pesca. Non è chiaro come sia iniziata la sua carriera militare, e del resto nei giorni scorsi sui giornali c’è stata ambiguità generata da un’omonimia: c’è infatti un Pasquale Striano carabiniere originario di Vicenza, e un Pasquale Striano luogotenente della Finanza a Ferrara andato in pensione nel 2022. Nessuno dei due però è lo Striano coinvolto nell’inchiesta di Perugia. Per aggiungere confusione a confusione, il Pasquale Striano “giusto” viene descritto come un ufficiale della Polizia di Stato su una rivista con cui ha collaborato.

Probabilmente è anche per tutto questo che di lui si è parlato così poco, pur avendo un ruolo così rilevante in tutta la storia.

Striano iniziò a prestare servizio alla DIA (la Direzione investigativa antimafia che compie indagini e operazioni di contrasto alla criminalità organizzata avvalendosi della cooperazione di varie forze di polizia) il 3 maggio del 1999, come semplice luogotenente della Finanza. Striano, che operava già tra Roma e Fiumicino secondo un finanziere che è stato suo collega, continuò a lavorare nei dintorni della capitale. Da allora sembra aver sempre vissuto in quella zona, come hanno dimostrato alcune ricerche fatte dal giornale Open: nel 1993 comprò una casa a Ciampino, a sud di Roma. Lì restò almeno fino al 1999. Di lì in avanti non ha più avuto case di proprietà fino alla primavera del 2021, quando comprò una nuova casa ad Anzio, sul litorale romano. A venderla fu Giulio Santarelli, esponente del partito socialista laziale di una certa importanza negli anni Settanta e Ottanta, quando fu prima presidente della Regione (dal 1977 al 1983) e poi due volte deputato e varie volte sottosegretario durante i governi di Bettino Craxi, Giovanni Goria e Ciriaco De Mita.

All’inizio degli anni Duemila Striano dedicò molto tempo all’insegnamento e alla divulgazione di materie che hanno a che vedere con la criminologia, la lotta al traffico di stupefacenti e la psicologia investigativa. Fece anche alcuni viaggi negli Stati Uniti per partecipare a convegni e corsi di aggiornamento nello stesso ambito, spinto tra le altre cose dal suo interesse per le «tecniche di indagine non convenzionali», e in particolare per l’utilizzo dell’agente undercover, cioè di quegli agenti infiltrati che agiscono all’interno delle organizzazioni criminali sotto copertura, anche partecipando ad attività illecite, per ottenere informazioni sul loro conto e agevolare le operazioni di contrasto. Stando a quanto scrive in un suo articolo, è un’attività che Striano ha conosciuto da vicino e di cui ha esperienza diretta.

Su questi argomenti ha scritto anche due libri insieme a Gaetano Pascale, ex poliziotto della squadra mobile di Roma impegnato per molto tempo in operazioni da infiltrato sotto copertura. Pascale vive da tempo tra l’Italia e il Brasile, alcuni anni fa ci fu tutto un caso mediatico attorno a lui per alcune denunce pubbliche che fece su un presunto complotto di cui si diceva vittima. Dopo le operazioni di polizia contro la criminalità organizzata di Ostia e l’inchiesta cosiddetta “Mafia Capitale”, nel dicembre 2014 Pascale fece delle interviste in cui raccontò come già nel 2003 avesse trovato indizi e prove su quei gruppi criminali, ma che l’inchiesta era poi stata sabotata da un non meglio precisato «sistema» di cui facevano parte alti ufficiali e agenti dei servizi segreti. Ma già tra il 2006 e il 2007, quando scriveva i libri insieme a Striano, Pascale si era lamentato di macchinazioni e atti ostili di suoi superiori contro di lui, con l’obiettivo di intralciare le sue indagini e di fatto rendere impossibile il proseguimento della sua carriera militare, che terminò proprio in quel periodo.

Il procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo (Mauro Scrobogna/LaPresse)

Non si sa molto della carriera di Striano in questo stesso periodo, cioè negli ultimi quindici anni circa. Anche il procuratore nazionale Antimafia Giovanni Melillo, durante la sua audizione alla commissione parlamentare Antimafia la scorsa settimana, si è limitato a poche sintetiche informazioni. Nel 2012 si iscrisse alla FICIESSE, un’associazione di finanzieri che voleva istituire un sindacato militare all’interno del corpo e che ci riuscì nel febbraio del 2019 quando venne creato il SILF, il Sindacato italiano dei lavoratori finanziari, che della FICIESSE è un po’ una derivazione.

Striano nel dicembre del 2015 venne eletto nel direttivo nazionale dell’associazione e nel 2019 fu tra i 95 soci fondatori del SILF, e in quegli anni fu molto attivo sul piano sindacale, impegnandosi soprattutto per la salute mentale degli agenti della Guardia di Finanza. L’attuale segretario generale del SILF, Francesco Zavattolo, ricorda come già all’epoca Striano parlasse «delle ricerche americane sul tema dello stress degli operatori di polizia», dimostrando una grande attenzione all’argomento.

In particolare, Striano si occupò a lungo del problema dei suicidi tra gli agenti della Guardia di Finanza, ed è probabile che a questo argomento fosse divenuto particolarmente sensibile dopo un fatto raccontato da Felice Manti sul Giornale. Striano era collega d’ufficio alla DIA di Roma di Omar Pace, colonnello della Guardia di Finanza. Nell’aprile del 2016 Pace si suicidò sparandosi con la sua pistola d’ordinanza mentre era seduto alla sua scrivania, poco tempo prima della sua deposizione prevista al tribunale di Reggio Calabria, in un processo in cui era imputato l’ex ministro Claudio Scajola e che era nato a seguito di indagini fatte anche dallo stesso Pace.

Pochi mesi dopo, dal primo luglio del 2016, Striano fu distaccato dalla Finanza nel gruppo SOS della Direzione nazionale antimafia, secondo quanto raccontato dal procuratore Melillo. Striano fu impiegato cioè nel gruppo ristretto di funzionari delle forze di polizia addetto a consultare le banche dati in cui confluiscono informazioni riservate su persone o società oggetto di “Segnalazioni di operazioni sospette” (le cosiddette SOS), ovvero le allerte che la Banca d’Italia riceve da banche, pubbliche amministrazioni e intermediari finanziari vari e inoltra a vari organismi d’indagine, tra i quali la Guardia di Finanza e la Direzione nazionale antimafia (sono segnalazioni che servono a individuare potenziali operazioni connesse al riciclaggio di denaro o comunque alla criminalità organizzata).

Dal settembre 2018 al gennaio 2019 frequentò il corso riservato agli ispettori della Guardia di Finanza che intendevano diventare ufficiali. Nel 2019 partecipò al primo dei cinque concorsi indetti, e lo vinse, diventando quindi tenente. Nel farlo, però, fece notare all’interno della FICIESSE che questa promozione ai finanzieri garantiva meno benefici di quante ne ottenessero carabinieri e poliziotti. Non trovò tuttavia sostegno tra i colleghi, e i dirigenti dell’associazione ritennero che non ci fossero i margini per fare ricorso.

Nel 2019 ci furono diversi cambiamenti nei suoi incarichi. Da gennaio al 12 febbraio tornò alla Direzione investigativa antimafia, per un solo mese e «per un incarico non meglio precisato», come ha detto Melillo. La procura di Perugia sostiene che proprio a gennaio del 2019 ci furono i primi accessi illeciti di Striano alle banche dati riservate. Tuttavia il 13 febbraio venne di nuovo assegnato alla Direzione nazionale antimafia, dove restò fino al 23 novembre del 2022, quando lo stesso Melillo chiese la sua rimozione in seguito alle segnalazioni sui suoi accessi alle banche dati. In quel periodo, secondo ciò che il magistrato Antonio Laudati ha raccontato a Melillo senza però fornire documenti che lo provino, Striano lavorava alcuni giorni negli uffici romani della Direzione nazionale antimafia, nella centralissima Via Giulia, altri giorni invece nella sede del Nucleo speciale di polizia valutaria della Finanza, alla periferia est di Roma.

Siccome la circostanza gli era apparsa insolita, Melillo ne ha chiesto conferma al comandante del Nucleo, il generale Vito Giordano. «Lui mi disse: “Certo, viene da noi per poter accedere alle nostre banche dati, ma nessuno si sogna di dargli un qualsivoglia incarico”». Melillo ha raccontato questo dialogo durante la sua audizione in commissione Antimafia, ritenendo che fosse utile a dimostrare come non sia ancora chiaro chi ha eventualmente dato ordine a Striano di fare quelle ricerche nelle banche dati riservate, alle quali all’epoca si poteva accedere solo da computer installati nei locali della Guardia di Finanza.

Questo è un punto ancora poco chiaro, su cui i tanti articoli e commenti intorno all’inchiesta si stanno soffermando estesamente: se Striano abbia agito su indicazione di suoi superiori oppure di sua iniziativa, ed eventualmente chi gli abbia dato quelle indicazioni.

Cleto Iafrate, uno dei dirigenti del SILF e da anni impegnato nella stessa campagna di Striano contro i suicidi nella Guardia di Finanza, non vuole commentare il caso, ma dice: «Fino a quando il subordinato non verrà posto nella condizione effettiva di dire “signornò”, deve essere esclusa (o comunque fortemente mitigata) la sua responsabilità penale in caso di ordine costituente reato». È la stessa conclusione che da questa vicenda sembrano aver tratto la maggior parte dei colleghi di Striano e dei suoi compagni del SILF, e cioè che appunto Striano non abbia fatto altro che eseguire gli ordini. Chi sia stato a darglieli non si sa: Melillo e Cantone, nelle loro audizioni, hanno spiegato che è difficile ipotizzare che sia stato il solo Striano a fare tutti quegli accessi alle banche dati riservate.

Peraltro nel luglio del 2015 Striano si lamentò in un articolo dei troppi casi in cui «sempre più autorevoli rappresentanti di vertice del corpo si sono trovati implicati in vicende giudiziarie, offuscando l’immagine della Guardia di Finanza agli occhi del cittadino comune». Striano lo scrisse in riferimento alle notizie uscite in quelle settimane sul generale della Guardia di Finanza Michele Adinolfi, e in particolare a un’intercettazione penalmente non rilevante pubblicata dal Fatto Quotidiano, ottenuta nell’ambito di un’inchiesta che riguardava alcuni appalti ottenuti dalla cooperativa Concordia sull’Isola di Ischia e che poi si risolse con una sentenza della Cassazione che annullò tutte le condanne precedenti.

Nella telefonata intercettata, registrata l’11 gennaio del 2014, l’allora segretario del Partito Democratico Matteo Renzi esprimeva giudizi molto negativi sul presidente del Consiglio Enrico Letta, definendolo «un incapace» e anticipando la crisi di governo che ci sarebbe stata di lì a poche settimane, crisi che avrebbe portato lo stesso Renzi alla guida del governo. Striano scrisse che «le sorti giudiziarie del singolo rimangono ai margini rispetto alla moralità e allo squallore dei fatti che restano impressi nelle coscienze dei più ed è indiscutibile che esse pesano come macigni in ciascuno di noi», e che «non si può più accettare né tollerare questo decadimento morale ed etico».