Il governo indiano ha annunciato l’entrata in vigore della discussa legge per agevolare la cittadinanza ai migranti non musulmani
Il governo indiano ha annunciato l’entrata in vigore della controversa legge per agevolare la regolarizzazione dei migranti non musulmani provenienti da Pakistan, Bangladesh e Afghanistan. La legge era stata approvata dal parlamento indiano nel 2019, ma finora il governo nazionalista e induista del primo ministro Narendra Modi non ne aveva mai specificato i dettagli: infatti era stata contestata con enormi proteste da parte di organizzazioni per i diritti civili e cittadini che sostenevano fosse incostituzionale e discriminatoria verso gli oltre 200 milioni di musulmani che vivono in India. Per questo era stata soprannominata legge “anti musulmana”. L’annuncio dell’entrata in vigore è stato fatto quando mancano circa due mesi dalle elezioni generali nel paese, in cui il partito di Modi è considerato nettamente il favorito.
Lunedì un portavoce del governo indiano ne ha annunciato l’entrata in vigore, e ha ricordato che «faceva parte integrante del manifesto del 2019» del Bharatiya Janata Party (BJP), il partito di Modi.
La legge si applica ai membri di sei minoranze religiose – induisti, sikh, buddisti, giainisti, parsi e cristiani – che erano scappati da paesi a maggioranza musulmana, prima del 31 dicembre del 2014. Negli scontri tra polizia e manifestanti emersi dalle proteste contro la legge vennero uccise decine di persone, perlopiù musulmane, e altre centinaia furono ferite. Il governo di Modi nega che sia una legge discriminatoria nei confronti delle persone musulmane, e l’ha difesa sostenendo che serva per tutelare le minoranze perseguitate in paesi a maggioranza musulmana.
Da quando è al governo, Modi ha progressivamente eroso i diritti delle persone musulmane che vivono nel paese, con politiche e provvedimenti che puntano a rendere l’India un paese sempre più nazionalista.
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