Riccardo Bossi e il reddito di cittadinanza
Il figlio del fondatore della Lega è accusato di aver ricevuto indebitamente un'integrazione per l'affitto prevista dal sussidio per oltre tre anni e mezzo, per un totale di oltre 12mila euro
Riccardo Bossi, figlio del fondatore della Lega Umberto, è indagato dalla procura di Busto Arsizio (Varese) per aver dichiarato il falso nell’autodichiarazione per chiedere il reddito di cittadinanza, il sostegno economico attivo dal 2019 al 2023 per chi non aveva un lavoro, e recentemente sostituito da due nuovi sussidi dal governo di Giorgia Meloni. La notizia è emersa dopo che la pubblico ministero che sta seguendo il caso, Nadia Alessandra Calcaterra, ha depositato l’avviso di conclusione delle indagini notificandolo a Bossi e al suo avvocato: ora il giudice per le indagini preliminari dovrà decidere se mandare o meno a processo Riccardo Bossi. Contattato da alcuni giornali, il suo avvocato ha detto di non voler commentare la notizia.
Secondo l’accusa, Riccardo Bossi avrebbe ricevuto indebitamente 280 euro al mese collegati al reddito di cittadinanza per 43 mesi, cioè poco più di tre anni e mezzo, per un totale di 12.040 euro. Il motivo per cui non ne avrebbe avuto diritto è che quei 280 euro riguardavano un sostegno aggiuntivo per l’affitto che era previsto dal reddito di cittadinanza, e secondo l’accusa Bossi non pagava alcun affitto.
In sostanza nell’autodichiarazione dell’Isee (un indicatore della situazione economica della famiglia) da presentare per accedere al reddito di cittadinanza Bossi avrebbe detto di pagare l’affitto di una casa in cui viveva a Varese: a quanto risulta all’accusa invece Bossi sarebbe stato sfrattato da quella casa nel 2019 perché non pagava l’affitto, anche se lo sgombero effettivo è avvenuto solo nel 2022. Intorno a quello sfratto e alla presunta morosità di Riccardo Bossi c’era già stata una controversia legale tra lo stesso Bossi e i proprietari dell’appartamento, la cui testimonianza è stata raccolta tra gli atti dell’indagine.
Il sussidio di 280 euro per l’affitto era un’integrazione prevista dal reddito di cittadinanza, che era composto da una “integrazione al reddito” (fino a 500 euro al mese per chi viveva da solo e fino a 1.280 euro per le famiglie, in base alla loro composizione) più l’aiuto per l’affitto, che valeva per tutti 280 euro, nei casi in cui il richiedente ne pagasse uno. Anche se è un’informazione non esplicitata dalle agenzie di stampa e dai giornali che hanno riferito la notizia con maggiori dettagli, l’indagine sull’integrazione per l’affitto sembra sottintendere che Bossi per tutto il periodo oggetto dell’indagine abbia ricevuto legittimamente il reddito di cittadinanza.
Su questo aspetto non si ha notizia di alcuna indagine, e in ogni caso né il diretto interessato né il suo avvocato hanno confermato la cosa. Repubblica però scrive che anche l’altro figlio di Umberto Bossi, Renzo, avrebbe ricevuto per alcuni mesi il reddito di cittadinanza (Renzo Bossi non è coinvolto in nessuna indagine sul reddito di cittadinanza). Riccardo Bossi ha 45 anni ed è il figlio maggiore di Umberto, mentre Renzo ne ha 35.
La pena prevista per false attestazioni di questo genere nella richiesta del reddito di cittadinanza va da 2 a 6 anni di reclusione.