Che posto è il Memoriale Brion
Il complesso funerario in provincia di Treviso che compare in alcune scene del film "Dune - Parte due" è un'opera sorprendente e avveniristica, e si può visitare
Chi ha visto la seconda parte di Dune, uscita nei cinema italiani la settimana scorsa, potrebbe aver notato un edificio dall’architettura particolarmente maestosa e suggestiva in alcune scene del film ambientate nel palazzo dell’Imperatore dell’universo conosciuto, interpretato da Christopher Walken. È il Memoriale Brion, un complesso funerario costruito in Veneto negli anni Settanta e donato al Fondo Ambiente Italiano nel 2022. Tanya Lapointe, produttrice del film e moglie del regista Denis Villeneuve, ha detto che quella di Dune – Parte due è stata la prima produzione a ottenere il permesso per girarci un film.
Anche prima delle riprese, comunque, questa tomba monumentale disegnata da un architetto famosissimo per un imprenditore altrettanto di successo veniva visitata ogni anno da migliaia di persone da tutto il mondo.
Il Memoriale Brion è un complesso adiacente al cimitero di San Vito, che è una frazione di Altivole, in provincia di Treviso. Fu commissionato nel 1969 da Onorina Tomasin Brion, la vedova di Giuseppe Brion, cioè il fondatore della storica azienda di apparecchi elettronici di design Brionvega, celebre negli anni Sessanta per la cosiddetta Radio Cubo e il radiofonografo. Il complesso fu progettato dall’architetto veneziano Carlo Scarpa, costruito tra il 1970 e il 1978 e completato dopo la sua morte, sulla base dei disegni che aveva lasciato.
È di fatto la sua ultima opera e una delle più complesse ed evocative: come ha detto Giulia Depentor nel suo podcast dedicato ai cimiteri, Camposanto, è «un lavoro poetico e suggestivo, che emoziona e commuove sempre». «È un luogo dello spirito: lì c’è una vita sospesa che va goduta per capire il monumento», disse il presidente del FAI Marco Magnifico durante l’annuncio dell’aggiunta del Memoriale ai beni tutelati dal FAI.
Nell’episodio del podcast dedicato al Memoriale Brion, Depentor ha intervistato l’architetto Guido Pietropoli, che è stato un allievo di Scarpa, nonché il responsabile del recente restauro del complesso. Pietropoli ha raccontato che Onorina Brion chiese di progettare la tomba del marito a Scarpa perché era un loro amico: inizialmente gli propose di pensarla per il Cimitero Monumentale di Milano, dove viveva la famiglia, ma poi Scarpa propose di costruirla ad Altivole, visto che Brion era nato lì e ci era molto affezionato. Così i Brion comprarono un lotto di terreno di 68 metri quadrati per costruire una cappella di famiglia, e in un secondo momento acquistarono anche una parte di terreno attigua, a forma di L rovesciata, per evitare che venissero costruiti altri edifici vicino.
Alla fine Scarpa sfruttò tutto lo spazio a disposizione, che misura circa 2.400 metri quadrati, spiega sempre Pietropoli: più che una tomba di famiglia creò un nuovo cimitero accanto a quello già esistente.
Depentor, che è appassionata di cimiteri e racconta le storie di quelli che visita, ha ricordato che la vedova voleva che la tomba rendesse «l’idea dell’unione felice e fortunata» che aveva avuto con il marito, seppur nel dolore della sua perdita. Nel progettarla Scarpa integrò edifici di calcestruzzo dalle forme squadrate con giardini e percorsi d’acqua, con espedienti pensati per sfruttare la luce del sole e il paesaggio naturale, ma soprattutto per fare in modo che la visita al cimitero fosse di fatto un’esperienza. Nelle parole di Pietropoli, creò una sorta di «città analoga, un invito al viaggio, una specie di percorso della memoria».
Per visitare la Tomba Brion bisogna attraversare prima i vialetti del cimitero di San Vito e arrivare ai propilei, cioè l’ingresso del complesso, davanti al quale si notano due grosse finestre circolari che si incrociano, come in un diagramma di Venn. All’alba i raggi del sole attraversano i due cerchi, che sono incorniciati di tessere di mosaico, rosa e blu, un simbolo di unione tra uomo e donna. I tre scalini che conducono all’ingresso sono leggermente spostati sulla sinistra rispetto alle finestre: un invito a visitare il complesso partendo da quel lato.
Andando verso sinistra come prima cosa si notano i sarcofagi di Giuseppe e Onorina Brion, morta nel 2002, affiancati sotto a un arcosolio, cioè una specie di ponte a forma di arco. Le due tombe sono inclinate verso l’interno, come se volessero toccarsi. Da lì parte un piccolo canale che fa fluire l’acqua nella grossa vasca piena di ninfee che si troverebbe andando invece verso destra, e che fa parte di un padiglione dedicato alla meditazione. Continuando nell’altro senso, si trovano una cappella con le tombe di altri membri della famiglia e una chiesetta per le cerimonie funebri, entrambe dotate di fessure che fanno entrare la luce del sole, che si riflette sull’acqua e sui soffitti.
Depentor dice di essere rimasta sorpresa dal fatto che i passi di chi entra nei propilei «suonano, come se si camminasse su uno xilofono gigante: la musica sfuma se si va verso sinistra, dove ci sono le tombe, e diventa più cupa se si va nella direzione opposta». Questo perché, secondo Pietropoli, Scarpa voleva che la presa di consapevolezza della memoria nel cimitero passasse anche attraverso il corpo di chi lo visitava. Il muro di cinta è inclinato verso l’interno di 60 gradi e il terreno al suo interno è più alto rispetto a quello fuori.
A qualcuno poi la porta circolare all’ingresso della cappella potrebbe ricordare le porte della luna tipiche dei giardini cinesi, nota sempre Pietropoli: in realtà a suo dire «è una porta cattolica, perché è fatta a forma di omega» (Ω), che spesso simboleggia appunto la fine o la morte.
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Né Onorina Brion né Scarpa probabilmente immaginavano che il memoriale sarebbe diventato come è oggi. I progetti preliminari erano «molto esitanti» e anche quello finale fu elaborato con «una ricerca faticosa», che continuò a subire modifiche durante la costruzione, dice Pietropoli. La famiglia Brion comunque non impose particolari vincoli economici o di tempo all’architetto. L’unico intervento richiesto a lui noto fu quello proposto dal figlio dei Brion, Ennio, a sua volta imprenditore e committente del recente progetto di ristrutturazione del complesso, che con la sorella Donatella ha donato al FAI.
Lo stesso Scarpa, parlando del Memoriale, disse: «Questo è l’unico lavoro che vado a vedere volentieri, perché mi sembra di aver conquistato il senso della campagna, come volevano i Brion. Tutti ci vanno con molto affetto; i bambini giocano, i cani corrono: bisognerebbe fare tutti i cimiteri così». Anche Scarpa, che morì prima del completamento dell’opera, è sepolto lì, sotto a una lapide che riceve la luce del sole tutto il giorno, disegnata dal figlio Tobia Scarpa e dall’architetto Fabio Lombardo; assieme a lui è sepolta anche la moglie, che si chiamava a sua volta Onorina, detta “Nini”, Lazzari.
Secondo quanto detto da Lapointe, qualcuno, nella famiglia Brion, aveva letto il primo romanzo del Ciclo di Dune di Frank Herbert, da cui sono tratti i film, e aveva già apprezzato Dune: «così ci hanno permesso di filmare in questa location».
Al momento il Memoriale Brion si può visitare dal mercoledì alla domenica, dalle 10 alle 18, con la possibilità di visite guidate (e alcune aperture straordinarie). In una newsletter dedicata a chi ascolta il suo podcast, Depentor ha detto di essere un po’ preoccupata: a volte è già «difficile visitare la Tomba Brion in pace a causa della grande quantità di gente sempre presente», e con la popolarità di Dune – Parte due il rischio a suo dire sarebbe quello di trovarsi in mezzo a fan «che cercano di ricreare le scene del film».
Sembra invece esserne felice la sindaca di Altivole, Chiara Busnardo, che in un post pubblicato su Facebook ha detto che con il successo di botteghino ottenuto da Dune – Parte due nel primo fine settimana della sua uscita «circa 20 milioni di persone al mondo hanno visto Altivole al cinema». Giovedì 14 marzo al Cinema Italia Eden di Montebelluna, a pochi chilometri dal paese, ci sarà una proiezione speciale del film con le testimonianze dei partecipanti del set e aneddoti sulle riprese.
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