Il quartiere di Geolier non è Secondigliano
Che posto è e che problemi ha il rione Gescal di Miano, nella periferia nord di Napoli, dove il rapper vive, le sue immagini sono ovunque e quasi tutti parlano di lui
di Angelo Mastrandrea
All’ingresso del rione Gescal, alla periferia nord di Napoli, gli abitanti hanno steso un telo bianco su cui hanno scritto che se il rione Sanità, nel centro storico, «ha partorito Totò», qui invece è nato e vive Geolier, cioè uno dei rapper più famosi d’Italia, che a febbraio è andato molto vicino a vincere il Festival di Sanremo, arrivando poi secondo. Su un altro striscione lungo una strada si legge «Dal rione al tetto del mondo» e su un altro ancora «A Sanremo si canta napoletano». A un mese dalla sua partecipazione al Festival, in tutto il quartiere non c’è un negozio che non abbia in vetrina o sui muri un manifesto con il suo volto, accompagnato dal titolo di una delle sue canzoni, da I p’ me tu p’ te cantata a Sanremo a P Secondigliano, che nel 2018 lo rese molto popolare tra i giovanissimi della zona.
Il secondo posto di Geolier al Festival di Sanremo è considerato un motivo di orgoglio e un simbolo di riscatto per tutti in una delle zone più povere e difficili di Napoli. Dal 6 al 10 febbraio gli abitanti del quartiere hanno spostato sedie e televisori per strada, davanti ad abitazioni e garage, per guardare insieme il Festival e fare il tifo per Geolier, votandolo in massa al televoto. A Sanremo Geolier era stato in assoluto il più votato dal pubblico e aveva vinto la serata delle cover, quella in cui i concorrenti ripropongono canzoni proprie o di altri con nuovi arrangiamenti, spesso accompagnati da altri cantanti. Geolier aveva cantato con i rapper Guè e Luchè (anche lui napoletano), e con il cantante napoletano Gigi D’Alessio.
All’annuncio della sua vittoria nella serata delle cover erano arrivati dal pubblico molti fischi e alcune persone avevano lasciato il teatro in segno di protesta. Al rione Gescal diverse persone dicono di aver vissuto quei momenti con un senso di delusione e incredulità. Geolier è arrivato secondo nonostante fosse il più votato dal pubblico perché i giornalisti accreditati alla sala stampa e la giuria delle radio avevano votato in grande maggioranza per Angelina Mango, risultata poi vincitrice (il voto del pubblico, quello dei giornalisti e quello delle radio pesavano ciascuno un terzo nel computo finale).
Nel circolo di Gescal dove Geolier va spesso a giocare a biliardo sono convinti che nella serata finale siano stati bloccati i voti che arrivavano da Napoli per impedire che il rapper vincesse il Festival. Qualcuno mostra sul telefonino i messaggi inviati al televoto che risultano «non consegnati» (è successo a molti in tutta Italia, in realtà, per via di un intasamento dei server che dovevano ricevere i voti). Il locale si trova al pianterreno di una palazzina di quattro piani ed è tappezzato di immagini di calciatori del Napoli. Un quadretto a una parete è ispirato al Quarto stato di Giuseppe Pellizza da Volpedo, un celebre dipinto di inizio Novecento che ritrae dei lavoratori in marcia per i loro diritti: in questo caso però al posto dei lavoratori ci sono i calciatori del Napoli, guidati dall’ex giocatore del Napoli più famoso di sempre, Diego Armando Maradona.
Nei giorni dopo il Festival dall’ultimo piano del palazzo è stata calata una gigantografia di Geolier, mentre lo street artist napoletano Filospray ha dipinto un murale ispirato al bacio rituale che Maradona e il suo fisioterapista Salvatore Carmando si scambiavano all’inizio di ogni partita del Napoli, nella seconda metà degli anni Ottanta: Carmando però è stato sostituito con Geolier.
Geolier in realtà si chiama Emanuele Palumbo, ha 23 anni e nel rione dicono che gli è sempre piaciuto cantare. Al banco del bar Azzurro un gruppo di giovani del posto ricorda quando partecipava alle gare di freestyle per strada, cioè improvvisava delle rime su una base musicale, pratica molto comune nell’hip hop. I più anziani ricordano quando, da bambino, prendeva il microfono e cantava ai matrimoni. Agli inizi firmava i testi con il suo nome, Emanuele, poi ha deciso di usare lo pseudonimo Geolier, un termine francese che vuol dire secondino, cioè guardia carceraria.
È così che vengono chiamati gli abitanti di Secondigliano, un quartiere di 45mila abitanti a cui i ragazzi del rione Gescal fanno riferimento perché è lì accanto ed è più grande e conosciuto, ci sono molte attività commerciali e i locali in cui si esce la sera. Per chi fa musica rap e trap Secondigliano può essere una sorta di brand, perché è più noto e quindi più associabile ai contesti di criminalità che spesso vengono usati dai rapper per mostrare la propria “street credibility”, cioè la credibilità che deriva dal fatto di essere nati e cresciuti dentro certi giri e conoscere le regole implicite di chi vive nel quartiere, quindi “per strada”.
Geolier vive con i genitori al secondo piano di una modesta palazzina del rione Gescal. Suo padre ha una piccola azienda di lampadari, sua madre è casalinga e i quattro fratelli maggiori vivono a pochi isolati di distanza. Geolier ha detto di recente che uno di loro è in carcere, senza spiegarne i motivi ma andando contro una certa narrazione “positiva” della criminalità spesso associata al rap: «Tuo fratello ha preso dieci anni e tu ti atteggi? Io sto male, non mi sono mai atteggiato. Non l’ho mai raccontato, non mi sono mai esaltato per questa cosa», ha detto. Con un altro, Gaetano, più grande di quasi vent’anni, nel 2019 ha fondato due società: una per gestire i concerti e un’altra immobiliare, proprietaria della sua casa di Napoli e di un’altra al mare ad Alba Adriatica, in Abruzzo.
I palazzi della zona in cui vive anche Geolier furono costruiti alla metà degli anni Sessanta con i soldi del fondo Gescal (che sta per “gestione case per i lavoratori” e dà il nome al rione). Era un piano decennale per l’assegnazione di abitazioni finanziate con un prelievo mensile dalle buste paga dei lavoratori, con i contributi pagati dalle imprese e con soldi dello Stato. Sono 406 appartamenti che nel 1967 furono acquistati dai residenti. «Per diventare proprietari abbiamo pagato tre milioni e centomila lire, in rate da 10mila lire al mese fino al 1993», racconta Gianni Martorelli, che all’epoca era un ragazzino e ci viveva con i genitori.
Il rione Gescal confina con Secondigliano ma si trova più precisamente a Mianella, che è una parte di Miano, un quartiere di 25mila abitanti considerato a sua volta tra i più poveri e difficili di Napoli, con un tasso di disoccupazione del 43,5 per cento e gravi problemi di abbandono scolastico e di criminalità. Solo nel 2023 il comune di Napoli ha registrato a Miano 359 casi di studenti che hanno lasciato la scuola dell’obbligo e il tasso di diplomati e laureati è il più basso della città, mentre l’ultima relazione della Direzione investigativa antimafia del ministero dell’Interno dice che due clan di camorra denominati ‘ncoppa Miano e ‘abbasc Miano – cioè Miano di sopra e Miano di sotto – si spartiscono il quartiere, con un forte rischio di scontri armati per il controllo del territorio.
A Mianella, che in totale conta circa 15mila abitanti, oltre al rione Gescal ci sono altri 45 palazzi di proprietà privata. Su uno di questi c’è una gigantografia di Maradona che, secondo gli abitanti, sarebbe stata regalata da Geolier al quartiere. Ci sono anche due rioni di case popolari e un edificio lungo alcune centinaia di metri, sempre di edilizia popolare. Nel quartiere lo chiamano «’o treno» e ci vive un migliaio di persone. Davanti c’è l’unico parco del quartiere: 400 metri quadrati di alberi, prati e panchine in stato di abbandono intitolati a Serena De Santis, una bambina di 12 anni che il 23 gennaio del 1996 morì insieme ad altre 11 persone in un’esplosione provocata da una fuga di gas, durante dei lavori per la costruzione di una galleria sotterranea nella zona.
Di ritorno dal Festival di Sanremo Geolier aveva attraversato Mianella a bordo di un minivan bianco tra una folla di persone scese per strada ad accoglierlo come un trionfatore. I sostenitori si erano radunati sotto il suo palazzo al rione Gescal. Nel piazzale che dopo il terremoto del 1980 ospitò un campo container per gli sfollati erano stati accesi fuochi d’artificio, che da queste parti si utilizzano per ogni tipo di ricorrenza, dalle feste religiose ai compleanni, fino all’uscita dal carcere di qualche detenuto. Il rapper si era affacciato da un balconcino del suo appartamento e aveva detto di aver vinto perché «ho tutto questo», cioè l’affetto e il sostegno del suo quartiere.
Al bar Azzurro del rione Gescal dicono di essere orgogliosi che una canzone in napoletano sia arrivata a Sanremo, anche se era già accaduto con Nino D’Angelo e Rocco Hunt, che però viene da Salerno. In estrema sintesi, sostengono che il fatto che Geolier sia andato lì a esibire la sua napoletanità sia stato un successo, per la città e per il rione, che magari potrebbe beneficiarne dal punto di vista turistico com’era accaduto al rione Sanità per via di Totò o ai Quartieri Spagnoli con il murale dedicato a Maradona.