Le spie russe si sono riorganizzate
Dopo una fase di difficoltà a seguito della guerra in Ucraina, sono riuscite a fare alcune grosse operazioni in Europa, come l'intercettazione che ha messo in imbarazzo il governo tedesco
Negli ultimi mesi l’intelligence russa ha messo in atto con successo numerose operazioni sul territorio europeo. In questi giorni si sta parlando dello scandalo della conversazione militare intercettata dalla Russia in Germania, che ha messo in grosso imbarazzo il governo tedesco del cancelliere Olaf Scholz. Poche settimane fa il disertore russo Maxim Kuzminov era stato trovato morto in Spagna, in quella che era stata considerata un’operazione dell’intelligence russa. Sempre nelle scorse settimane c’erano stati altri casi importanti: a fine febbraio era stata arrestata nel Regno Unito una presunta spia russa e in Francia era stata scoperta una vasta campagna di disinformazione online.
Queste campagne d’intelligence mostrano come, dopo un periodo di difficoltà seguito all’invasione dell’Ucraina, l’intelligence russa abbia trovato nuovi metodi per operare in Europa: le sue attività «sono al livello di quanto avveniva durante la Guerra fredda, o anche di più», ha detto al Financial Times un funzionario di intelligence europeo che ha voluto rimanere anonimo.
Dopo l’invasione dell’Ucraina il 24 febbraio del 2022, le attività spionistiche russe erano state indebolite dai governi europei, che avevano espulso dalle ambasciate russe nei loro territori più di 600 diplomatici, 400 dei quali erano ritenuti spie che lavoravano sotto copertura diplomatica. Questa è una cosa usuale, non soltanto per la Russia: molto spesso nelle ambasciate si trovano persone, alcune ufficiali e altre no, che fanno parte dei servizi segreti, e molto spesso le ambasciate sono il luogo dove vengono organizzate le operazioni dell’intelligence nei vari paesi, che normalmente tollerano la presenza di queste attività.
L’espulsione di centinaia di spie nel 2022, almeno inizialmente, aveva messo in difficoltà le agenzie d’intelligence russe, che avevano perso il loro strumento principale di attività e di raccolta di informazioni in Europa.
Queste agenzie sono principalmente tre: l’FSB, che è l’erede del KGB sovietico e si occupa della sicurezza interna (quindi agisce soprattutto dentro alla Russia); il SVR, che è l’intelligence esterna che si occupa di raccogliere informazioni all’estero; e soprattutto il GRU, che è l’intelligence militare e si occupa sia di raccogliere informazioni all’estero sia delle operazioni più complicate e rischiose.
Dopo le difficoltà, negli ultimi due anni le agenzie di intelligence russe si sono riorganizzate e hanno trovato nuovi modi per operare. Gli agenti si sono spostati o nei paesi europei che hanno mantenuto una posizione neutrale (come la Svizzera e l’Austria) oppure nei paesi che confinano con l’Unione Europea, come la Serbia e la Turchia, e da lì hanno continuato a gestire le operazioni.
Soprattutto hanno cambiato il loro modo di lavorare. Se prima gli agenti russi mettevano in atto le proprie operazioni in prima persona (come avvenne per esempio nel 2018 nel Regno Unito, quando agenti del GRU tentarono di avvelenare l’ex spia russa Sergei Skripal e sua figlia), ora si affidano a gruppi terzi, che possono lavorare in Europa senza impedimenti, come per esempio gruppi criminali.
È successo per esempio quando un gruppo criminale serbo ha collaborato con l’intelligence russa per far fuggire Artem Uss, un imprenditore russo che si trovava ai domiciliari in Italia e che è riuscito a evadere indisturbato, in un’operazione piuttosto rocambolesca. La fuga di Artem Uss, che era accusato di reati gravi come frode bancaria, riciclaggio e contrabbando di tecnologie militari, mise in enorme imbarazzo il governo di Giorgia Meloni. I servizi segreti russi potrebbero aver sfruttato l’appoggio di gruppi criminali locali anche nell’organizzazione dell’omicidio del disertore Maxim Kuzminov in Spagna, almeno secondo le prime indagini.
L’intelligence russa non ha fatto affidamento soltanto sui gruppi criminali, ma anche su cittadini russi o di altre nazionalità che si trovano in Europa che possono fornire o cercare informazioni per conto degli agenti. È quello che è successo per esempio in Norvegia con José Assis Giammaria, un presunto ricercatore brasiliano che aveva cominciato a lavorare per un’università norvegese, prima che si scoprisse che non era brasiliano e che lavorava per la Russia. Proprio negli scorsi giorni Politico ha pubblicato un articolo secondo cui un uomo serbo che lavora per l’FSB russo avrebbe incontrato alcuni europarlamentari.
L’utilizzo di gruppi terzi, che non fanno parte formalmente dell’intelligence, rende più difficile l’attività di controspionaggio, perché è più complicato per i paesi europei capire chi è una spia e chi no.
Al tempo stesso, nonostante il forte aumento di operazioni di successo portate avanti dalla Russia e rese pubbliche in Europa, non è detto che questa situazione sia del tutto favorevole alla Russia.
Come spiega per esempio il Financial Times, la gran quantità di russi scappati in Europa e la gran quantità di russi rimasti nel paese ma insoddisfatti del regime di Vladimir Putin potrebbero essere un’opportunità per i servizi segreti occidentali: William Burns, il capo della CIA, ha scritto che la «crescente insoddisfazione» nei confronti del regime potrebbe creare una grande «opportunità di reclutamento» di persone russe che potrebbero fornire informazioni all’Europa.