Com’è che il parlamento deve autorizzare una missione militare di fatto già iniziata
La Aspides è già operativa ma la legge italiana prevede una procedura di approvazione lunga e rigida, che il governo vorrebbe modificare
Martedì 5 marzo il parlamento dovrà votare per autorizzare, tra le altre, una missione militare istituita formalmente già da quasi un mese e di fatto già operativa. È la missione europea Aspides, avviata per proteggere le navi europee dagli attacchi nel mar Rosso degli Houthi, il gruppo armato sciita che controlla il nord ovest dello Yemen ed è sostenuto dall’Iran. Questa anomalia, con un’autorizzazione ex post in teoria contraria alla legge, si spiega in parte con la lentezza dei ministeri della Difesa e degli Esteri nel preparare i documenti necessari, e in parte col fatto che la stessa legge è obsoleta e prevede un percorso normativo e parlamentare ritenuto troppo rigido. Proprio per questo il governo sta cercando di semplificarlo.
La legge che regola la partecipazione dell’Italia alle missioni internazionali è la 145 del 2016. Stabilisce un processo molto preciso attraverso cui il governo deve autorizzare, d’intesa col parlamento, nuove missioni militari o prorogare quelle già esistenti. Per quelle nuove c’è bisogno che il Consiglio dei ministri approvi specifiche delibere dopo averne informato il presidente della Repubblica, per poi trasmetterle alle camere le quali devono discuterle e approvarle «tempestivamente» e «con appositi atti di indirizzo». L’autorizzazione va rinnovata di anno in anno.
Queste delibere che il governo prepara, delle specie di relazioni, devono essere molto dettagliate: per ogni missione deve essere indicata l’area geografica d’intervento, gli obiettivi, il tipo di mezzi e di strumenti che verranno usati, il numero massimo di militari e civili coinvolti e il costo dell’intero intervento su base annuale. Ottenuta questa prima autorizzazione, il presidente del Consiglio deve poi preparare entro 60 giorni i decreti per finanziare le missioni attingendo a un fondo specifico del ministero dell’Economia (per il 2024 è di 1,57 miliardi), e a quel punto le camere devono autorizzare definitivamente la spesa nel giro di venti giorni.
Il 26 febbraio il governo ha approvato la delibera per prorogare per tutto il 2024 le missioni e le operazioni all’estero già in corso – sono 46 – e per avviarne tre nuove. Una, Levante, è al momento una missione esclusivamente umanitaria in sostegno della popolazione civile di Gaza. Un’altra missione è civile e fa parte di una più ampia iniziativa dell’Unione Europea: consiste nell’invio di un magistrato in Ucraina per aiutare il governo locale a introdurre riforme che rafforzino lo stato di diritto.
La terza è la missione Aspides, di gran lunga la più imponente. È un’operazione europea istituita dal Consiglio Affari esteri dell’Unione Europea (cioè dalla riunione dei ministri degli Esteri o della Difesa degli Stati membri) l’8 febbraio scorso. Lo scopo della missione è garantire una navigazione libera e sicura nel mar Rosso alle imbarcazioni mercantili, proteggendole dagli attacchi degli Houthi che da mesi, dopo l’inizio della guerra tra Israele e Hamas, stanno compiendo attentati e lanci di missili contro le navi occidentali. L’Italia, in particolare, partecipa con una nave militare, il cacciatorpediniere Caio Duilio, e ha assunto il comando operativo sul campo della missione, assegnato al contrammiraglio Stefano Costantino.
Nel pomeriggio del 2 marzo la Duilio ha sparato sei proiettili per abbattere un drone nel mar Rosso che si stava dirigendo verso la nave e si trovava a circa 6 chilometri di distanza. Il ministero della Difesa ha detto che era un drone «con caratteristiche analoghe a quelli già usati in precedenti attentati» e ha attribuito il suo lancio agli Houthi. Alcuni esponenti dei partiti di opposizione si sono lamentati appunto dell’anomalia per cui la nave Duilio si trovava in un’area molto delicata, per conto di una missione militare che però non è ancora autorizzata dal parlamento.
Il governo ha in effetti tardato nel procedimento di approvazione, che come abbiamo visto necessita di diversi passaggi. L’approvazione della delibera era stata inizialmente ipotizzata per il 21 febbraio, poi è slittata al 26. Per accorciare i tempi, nella riunione dei capigruppo al Senato dove i presidenti dei vari gruppi parlamentari decidono il calendario dell’aula, martedì 27 febbraio i partiti di maggioranza avevano provato ad attivare una procedura d’urgenza, così da evitare l’esame delle commissioni competenti che avrebbe richiesto altri giorni, e far approvare quindi il provvedimento direttamente in aula nella giornata di giovedì. Per la procedura d’urgenza però c’è bisogno dell’unanimità, e il Partito Democratico e Alleanza Verdi e Sinistra si sono opposti.
Anche la Camera ha deciso di seguire una procedura ordinaria e così i voti definitivi in aula sono slittati a martedì 5 marzo. Nel frattempo, però, la nave Duilio era già operativa: e sabato ha dovuto abbattere il drone.
Per rendere meno evidente questo cortocircuito il ministero della Difesa ci ha tenuto a specificare che la nave Duilio si trova «attualmente nell’area per garantire la libertà di navigazione e la sicurezza delle rotte commerciali», e che «ha avvicendato nave Martinengo nell’attività nazionale, avviata a fine dicembre». Significa che secondo il ministero l’abbattimento del drone di sabato è avvenuto non nel contesto della missione Aspides, ancora in attesa dell’approvazione del parlamento, ma in quello di una precedente missione nazionale italiana già attiva nella stessa area del mar Rosso. E probabilmente per lo stesso motivo il comandante della Duilio, il capitano di vascello Angelo Quondamatteo, in un’intervista al Corriere della Sera lunedì ha specificato che «l’ammiraglio Costantino [il comandate operativo di Aspides, ndr] era presente, certo, ma ho deciso io in maniera autonoma l’abbattimento del drone».
In ogni caso i ritardi sono ricorrenti quando bisogna autorizzazione delle missioni. La legge 145 del 2016 stabilisce che il governo dovrebbe presentare alle camere le richieste per attivare nuove missioni o per prorogare quelle in corso per l’anno seguente entro il 31 dicembre. Ma da tempo questo termine viene sistematicamente violato. Per il 2019 la delibera del Consiglio dei ministri venne adottata il 23 aprile del 2019, anziché entro il 31 dicembre del 2018; per il 2020 il 21 maggio di quell’anno; nel 2021 il 17 giugno, nel 2022 il 15 giugno, nel 2023 il primo maggio.
Anche per questo motivo il 25 gennaio del 2024 il Consiglio dei ministri ha approvato un disegno di legge che modifica la legge 145 del 2016, con l’obiettivo di rendere «il procedimento di autorizzazione e finanziamento delle missioni internazionali italiane più snello e più rispondente alle rapide evoluzioni del contesto geopolitico internazionale». Con la riforma, tra l’altro, l’autorizzazione alle missioni includerebbe preventivamente la possibilità di «interoperabilità con altre missioni nella stessa area»: significa, per esempio, che una nave autorizzata a pattugliare le acque somale per una missione contro la pirateria potrà essere deviata più a est per affrontare nuove emergenze nel mar Rosso.
«La modifica», si legge nella scheda tecnica del governo, consente «di rispondere con maggior prontezza nell’eventualità di situazioni di crisi» senza che sia necessario adottare una nuova delibera e ottenere una nuova autorizzazione parlamentare. Il disegno di legge è stato assegnato alla commissione Esteri del Senato il 28 febbraio ma il suo esame non è ancora iniziato.