Alle elezioni in Iran l’affluenza è stata la più bassa dal 1979
Solo il 41 per cento degli aventi diritto ha partecipato e come previsto hanno vinto gli ultraconservatori, anche perché la maggior parte dei candidati moderati e riformisti era stata esclusa
Lunedì sono stati diffusi i risultati delle elezioni parlamentari che si sono tenute in Iran lo scorso venerdì: come previsto la maggior parte dei seggi è stata vinta da candidati ultraconservatori, la corrente politica di cui fanno parte sia il presidente Ebrahim Raisi che Ali Khamenei, la Guida Suprema, la più importante carica politica e religiosa del paese.
Il dato più importante riguarda però l’astensionismo: l’affluenza è stata del 41 per cento, il dato più basso dalla rivoluzione del 1979. Alle scorse elezioni parlamentari, nel 2020, il dato era stato del 42 per cento. In Iran le elezioni non possono definirsi né libere né democratiche, considerato il controllo che il regime ultraconservatore esercita su tutto il processo elettorale: l’astensionismo dipende in buona parte dalle persone che per protesta contro il regime hanno deciso di non andare a votare. Inoltre la scarsa affluenza potrebbe diventare un problema per il regime iraniano, che dal 1979 basa parte della propria legittimità proprio sulla partecipazione elettorale.
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Alle elezioni di venerdì si è votato per rinnovare i 290 seggi del parlamento nazionale. Sono stati eletti al primo turno 245 deputati, di cui 200 sostenuti dagli ultraconservatori, secondo un’analisi dell’agenzia di stampa Associated Press. I restanti 45 seggi verranno assegnati con un ballottaggio che si terrà tra aprile e maggio. Alle elezioni di venerdì si è votato anche per eleggere gli 88 membri dell’Assemblea degli esperti, l’organo che tra le altre cose è incaricato di eleggere la Guida suprema.
Il risultato delle elezioni era abbastanza scontato, anche perché come già accaduto in altre occasioni quasi tutti i candidati progressisti erano stati esclusi. In Iran prima di ogni elezione tutti i candidati devono essere vagliati e approvati dal Consiglio dei guardiani, un organo che si occupa di valutare e selezionare i candidati. Il Consiglio è composto da 12 membri, sei religiosi e sei giuristi, tutti molto vicini agli ultraconservatori e quindi a Khamenei (i religiosi sono nominati direttamente da Khamenei, i giuristi indirettamente). Quest’anno il Consiglio ha squalificato migliaia di candidati alle elezioni parlamentari.
Non è una novità: a partire dagli anni Novanta il Consiglio dei guardiani ha sempre esercitato un controllo molto rigido sulle candidature, assicurandosi che il potere rimanesse nelle mani della fazione più conservatrice.
Quest’anno inoltre i nomi dei candidati sono stati annunciati meno di due settimane prima delle elezioni, e la campagna elettorale è durata appena 10 giorni, un fattore che ha ulteriormente scoraggiato parte dell’elettorato.
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