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  • Giovedì 29 febbraio 2024

La storia delle case occupate a Caivano è diversa da come viene raccontata

Per anni molte delle persone a cui di recente è stato ordinato lo sgombero in realtà hanno pagato l'affitto al comune, che però non le ha mai regolarizzate

I palazzi del Parco Verde a Caivano
I palazzi del Parco Verde a Caivano (Alessandro Garofalo/LaPresse)
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Martedì pomeriggio nella chiesa di San Paolo Apostolo, nel quartiere di Caivano noto come Parco Verde, il prefetto di Napoli Michele di Bari ha assicurato agli abitanti che lo sgombero delle case popolari occupate non verrà fatto entro l’8 marzo, come annunciato quasi un mese fa dalla procura di Napoli Nord, e che sarà valutata con attenzione la situazione di ogni singola famiglia. La procura aveva agito all’improvviso: giovedì 8 febbraio aveva mandato decine di poliziotti e carabinieri al Parco Verde per notificare «il sequestro di 254 case occupate abusivamente e lo sgombero di 419 persone» accusate di non pagare l’affitto, le tasse comunali, la corrente elettrica e il gas.

Nelle ultime settimane a Caivano ci sono state molte proteste perché la storia del Parco Verde è più complessa di come era stata raccontata dalla procura. Infatti dall’inizio degli anni Novanta il comune rinunciò a gestire l’assegnazione delle case popolari secondo la legge, salvo poi concedere la residenza a chi abita nei palazzi: molte famiglie pagano l’affitto, hanno contratti regolari con aziende di fornitura elettrica e di gas, hanno ottenuto tutti i documenti e da tempo chiedono che il comune riconosca formalmente la loro condizione.

Il Parco Verde è un quartiere di poco più di un chilometro quadrato alla periferia di Caivano, una cittadina di 38mila abitanti a nord di Napoli. Venne costruito in seguito al terremoto dell’Irpinia del 1980, che colpì le province di Salerno, Avellino e Potenza causando quasi 3mila morti e danneggiando centinaia di migliaia di edifici. Fu uno dei terremoti più disastrosi mai avvenuti in Italia: gli sfollati furono oltre trecentomila, e per ospitarli furono costruiti in fretta interi quartieri, tra cui il Parco Verde, senza un piano urbanistico e in una zona priva dei servizi essenziali. Lo stesso accadde in altre zone di Napoli. I palazzi avrebbero dovuto essere sistemazioni temporanee, ma con il tempo divennero permanenti.

I palazzi del Parco Verde a Caivano

(Alessandro Garofalo/LaPresse)

La precarietà abitativa e lavorativa è stata sfruttata senza troppi problemi dalla criminalità organizzata, che ha reso Caivano una delle piazze di spaccio di stupefacenti più grandi in Italia. Qui è confluita buona parte dell’attività criminale proveniente dalle Vele di Scampia, sempre nel napoletano, dove da anni è in corso una campagna per contrastare lo spaccio e riqualificare la zona. La marginalità sociale ha favorito vari episodi di violenze e abusi. Nel 2014 Fortuna Loffredo, una bambina di sei anni, morì dopo essere stata buttata dal terrazzo di un palazzo da un uomo che abusava di lei. Nell’agosto del 2023 due ragazzine di 11 e 12 anni denunciarono ripetute violenze sessuali subite all’interno del Delphinia, un centro sportivo abbandonato.

Da allora il governo ha ordinato di presidiare le strade in modo costante con pattuglie della polizia e dei carabinieri. «È iniziata l’operazione di bonifica», disse la presidente del Consiglio Giorgia Meloni annunciando l’operazione. Negli ultimi mesi, oltre a retate per trovare sostanze stupefacenti e arrestare spacciatori, le forze dell’ordine hanno fatto un censimento delle case per capire con precisione quante siano occupate abusivamente.

– Leggi anche: Le piazze di spaccio nel Parco Verde non ci sono più

Il censimento che ha portato al sequestro e all’annuncio di sgombero, tuttavia, non ha tenuto conto delle negligenze accumulate in anni di pessima gestione delle case popolari. Molti degli assegnatari originari sono morti oppure hanno venduto o messo la loro casa in affitto senza un regolare contratto. Negli anni Novanta una parte delle case veniva controllata dalla camorra e consegnata agli affiliati, ai loro familiari o a latitanti. All’epoca si creò una frattura tra assegnatari e occupanti abusivi, mai del tutto risolta.

I passaggi di proprietà non furono mai registrati – spesso perché i genitori avevano lasciato la casa a figli o parenti – e solo negli ultimi 20 anni c’è stata una certa stabilità: la maggior parte delle famiglie del Parco Verde abita qui da almeno due decenni.

Anche se la situazione era ormai molto caotica, all’inizio degli anni Duemila il comune tentò di sistemare le cose: fu creata una società, Igica, che aveva il compito di riscuotere gli affitti. Molte famiglie si misero in regola con gli arretrati e iniziarono a pagare un canone mensile, molte altre continuarono a non pagare. Fu concessa la residenza che risulta su tutti i documenti. Di fatto, per anni il comune ha considerato gli abitanti del Parco Verde come assegnatari e li ha trattati come tali, ma formalmente le case popolari non le ha mai assegnate davvero alle persone che ci vivevano, neanche quando avevano la volontà di mettersi in regola. Queste si sono trovate in una specie di limbo: riconosciuti dal comune, con i pagamenti in regola, ma sulla carta abusivi.

Questa mancanza è anche il risultato di una cronica precarietà amministrativa: dal 1992 a oggi il comune di Caivano è stato commissariato dieci volte, in alcuni casi in seguito a inchieste in altri per questioni politiche. Attualmente è amministrato da tre commissari nominati dal prefetto dopo lo scioglimento del consiglio comunale per infiltrazioni mafiose.

Nel frattempo diverse inchieste della Corte dei Conti hanno individuato ammanchi per oltre 2 milioni di euro nelle casse del comune dopo il fallimento di Igica, pochi anni dopo la sua creazione. I documenti della società e delle case popolari non si trovano più. Diversi scatoloni con documentazione del comune sono stati trovati nei bidoni della spazzatura. Molte famiglie hanno tenuto i cedolini di pagamento rilasciati dal comune: si stima che almeno un centinaio possa dimostrare di essere in regola con l’affitto e le tasse sulle 254 denunciate come abusive dalla procura.

(Alessandro Garofalo/LaPresse)

Nell’ultimo mese al Parco Verde ci sono state alcune proteste spontanee degli abitanti. Durante lo scorso fine settimana sono scesi in strada e hanno bloccato l’accesso alla chiesa. Maurizio Patriciello, il prete del Parco Verde da un anno sotto scorta perché minacciato dalla camorra, dice che qualcuno ha incitato questi abitanti istruendoli con lo slogan “dalle case o si esce tutti o nessuno”. «Il punto è che bisogna separare chi è davvero abusivo perché da anni non paga l’affitto da chi invece ha cercato di mettersi in regola», dice don Patriciello. «Con lo sgombero si voleva mandare via tutti, anche coloro che da anni pagano. Sono 30 anni che denuncio questa situazione di abbandono totale».

Il prefetto Michele di Bari ha detto che sarà valutato ogni singolo caso. Chi potrà dimostrare di aver pagato gli affitti, di avere documenti regolari e di non aver fatto abusi edilizi probabilmente sarà regolarizzato, anche se non si sa ancora come. Chi non è in regola, invece, dovrà lasciare la casa.

I commissari stanno analizzando tutte le domande di assegnazione presentate negli anni e mai registrate dal comune. «È un lavoro complesso, che richiederà del tempo, perché bisogna anche ritrovare quel carteggio tra inquilini e comune che negli anni si è dissolto nei vari uffici comunali, ma è certo che tutti gli occupanti abusivi avranno una risposta alle loro richieste», ha detto di Bari, confermando che nessuno sarà sgomberato l’8 marzo alla scadenza della notifica del sequestro data dalla procura. «Ognuno avrà una risposta in base alla propria storia personale. Se negli anni passati il comune avesse lavorato per tempo tutte queste pratiche, non avremmo probabilmente avuto questa situazione».