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  • Giovedì 29 febbraio 2024

Gli editori europei litigano di nuovo con Google

Alcuni dei gruppi editoriali più grandi hanno chiesto 2,1 miliardi di euro di danni accusando l'azienda di pratiche scorrette nel settore della pubblicità online

(AP Photo/Seth Wenig)
(AP Photo/Seth Wenig)
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Una trentina di gruppi editoriali europei ha chiesto a Google un risarcimento di 2,1 miliardi di euro accusando la società statunitense di avere una posizione dominante nel mercato della pubblicità online, tale da ridurre le opportunità per gli editori di produrre maggiori ricavi derivanti dagli annunci pubblicitari sui loro siti. Tra i promotori della causa c’è anche la società tedesca Axel Springer, uno dei gruppi editoriali più grandi e ricchi che controlla numerose testate in Europa compresi Die Welt, Bild, Business Insider e Politico.

I rapporti tra Google e gli editori sono da sempre difficili sia per l’uso che l’azienda fa dei contenuti dei siti di informazione per proporre anteprime sul proprio motore di ricerca, sia per le tariffe e le commissioni che applica ai sistemi che gli stessi editori utilizzano per mostrare la pubblicità.

Nel corso degli anni Google ha provato in più occasioni a migliorare i rapporti, per esempio con iniziative per sostenere economicamente progetti giornalistici, spesso viste come una forma più o meno diretta di finanziamento. Queste iniziative non hanno però risolto un punto molto importante per gli editori: Google è la più grande piattaforma per la pubblicità online e le sue decisioni su commissioni e tariffe influenzano l’intero settore insieme a poche altre grandi aziende come Meta, la società proprietaria di Facebook e Instagram.

Per mostrare la pubblicità sui loro siti, gli editori utilizzano una o più piattaforme che fanno da intermediarie. Queste si occupano di gestire tecnicamente e commercialmente la pubblicità sui loro siti insieme ad altri soggetti. Un annuncio sul sito di un editore viene pagato da chi ha deciso di farsi pubblicità, ma l’editore riceve solo una parte del denaro perché la piattaforma trattiene per sé una percentuale per il servizio offerto. Con le piattaforme più grandi come Google e Meta è pressoché impossibile contrattare quella percentuale e molte altre politiche commerciali adottate per gestire gli annunci pubblicitari.

Le piattaforme si difendono sostenendo di poter offrire in questo modo l’accesso a molti più inserzionisti, favorendo quindi una maggiore disponibilità di annunci da mostrare sui siti.

Con la loro causa, gli editori europei sostengono di avere avuto un danno provocato da un «mercato poco competitivo, che è il risultato diretto della cattiva condotta di Google». Dicono inoltre che se Google non avesse una posizione dominante, gli editori «avrebbero ottenuto ricavi significativamente più alti dalla pubblicità e avrebbero pagato commissioni più basse» per i servizi di gestione degli annunci pubblicitari. I maggiori ricavi sarebbero potuti servire per fare nuovi investimenti «tesi a rinforzare il panorama editoriale europeo».

La causa è stata presentata nei Paesi Bassi con un’unica iniziativa legale, evitando che ogni partecipante ne presentasse una nel proprio paese di appartenenza. Gli editori coinvolti sono soprattutto attivi in Germania, Danimarca, Finlandia, Ungheria, Paesi Bassi, Norvegia, Polonia, Spagna, Austria e Svezia.

Tra le basi legali citate nella richiesta c’è la multa da 220 milioni di euro che fu emessa nel 2021 dall’antitrust francese contro Google, proprio per il modo in cui gestisce la piattaforma per la pubblicità online. La causa ricorda anche che la Commissione europea ha avviato indagini e formulato accuse proprio nei confronti di Google per la sua posizione dominante nel settore.

La nuova causa potrebbe portare a un percorso legale piuttosto lungo, salvo le parti non decidano di iniziare nuove trattative per provare a risolvere il contenzioso privatamente. Google ha sempre respinto le accuse di abuso della propria posizione dominante e ha ricordato di lavorare da tempo «in modo costruttivo con gli editori europei», con strumenti per la pubblicità che vengono aggiornati e modificati coinvolgendo nelle scelte gli editori stessi.