Le inchieste sui profili Instagram di influencer minorenni negli Stati Uniti

Sono gestiti dai genitori e spesso seguiti e alimentati da uomini con tendenze pedofile: secondo il New York Times e il Wall Street Journal Meta lo sa ma non fa abbastanza

Il corpo di una bambina in posa per una foto, con un jeans e una maglietta: la foto è tagliata in modo da non mostrarne il volto
(anniespratt/Unsplash)
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Due inchieste pubblicate il 22 febbraio dal New York Times e dal Wall Street Journal, due tra i più importanti giornali statunitensi, hanno reso noto un fenomeno diffuso su Instagram e Facebook, e dai risvolti poco controllabili e piuttosto preoccupanti. Hanno scoperto che un crescente numero di profili di bambine e ragazzine “influencer” gestiti dai genitori (perlopiù dalle madri) sono ampiamente seguiti e alimentati da follower con tendenze pedofile, che pagano per avere foto o conversazioni con le minori, e si passano informazioni su di loro.

La questione è complicata sul piano legale perché i follower in questione non seguono questi profili per comprare materiali pedopornografici, ma per ricevere foto delle ragazzine con abiti particolari o per chattare con loro. In alcuni casi le loro richieste vengono soddisfatte per mezzo del servizio per la gestione degli abbonamenti a pagamento introdotti per i creatori di contenuti nel 2022 da Meta, la società proprietaria di Instagram e Facebook. Secondo le inchieste, Meta era a conoscenza del fenomeno e avrebbe cercato in parte di arginarlo, ma con soluzioni giudicate insufficienti.

Per condurre l’inchiesta il New York Times ha intervistato oltre cento persone, analizzato migliaia di profili e 2,1 milioni di post su Instagram, ed esaminato migliaia di pagine di rapporti della polizia e altri documenti giudiziari. Ha analizzato anche diverse conversazioni online portate avanti da adulti – alcuni dei quali condannati in passato per reati a sfondo sessuale – che su Instagram e su altre piattaforme, principalmente Telegram, mostravano tendenze pedofile commentando i profili delle giovanissime influencer da loro seguite. «È come un negozio di caramelle 😍😍😍. Dio benedica le instamoms 🙌», scrisse su Telegram uno di loro, facendo riferimento alle “mamme di Instagram”, cioè quelle che in molti casi gestiscono i profili delle ragazzine.

Per utilizzare Facebook e Instagram è richiesta un’età minima di 13 anni, ma le piattaforme permettono la gestione di account di minori di 13 anni da parte dei genitori. L’intenzione con cui le madri aprono e gestiscono questi profili non è quasi mai, in partenza, quella di raggiungere un pubblico di uomini adulti con interesse sessuale per i minori, ma piuttosto quella di dare una generale visibilità online alle figlie come potrebbero farlo per loro stesse.

Alcune madri, ha scritto il New York Times, lo fanno per favorire la carriera di figlie che aspirano a diventare influencer (i profili possono poi passare alle figlie) e perché è un’attività redditizia: molto o poco dipende da diversi fattori, ma principalmente dal numero di follower. Secondo alcune persone che lo fanno, gli account più popolari arrivano a ottenere «redditi a sei cifre» tramite abbonamenti mensili, sessioni di domande e risposte con i follower, e sponsorizzazioni di aziende di abbigliamento che pagano anche 3mila dollari per un singolo post: esattamente come avviene per gli influencer adulti.

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Il Wall Street Journal ha scritto che, sebbene questi account non presentino contenuti illegali o nudità, due diversi gruppi responsabili della sicurezza su Meta avevano scoperto nel 2023 e segnalato in alcuni documenti interni un utilizzo improprio dei nuovi strumenti di abbonamento a pagamento su Facebook e Instagram (che sostanzialmente permettono ad account con un buon seguito di offrire contenuti esclusivi a persone che pagano un abbonamento) da parte di adulti che cercavano di trarre profitto dallo sfruttamento dei propri figli. In alcuni casi i genitori inviavano consapevolmente materiale che gli abbonati trovavano sessualmente appagante, e in altri casi accettavano che i propri figli rispondessero ai loro messaggi a sfondo sessuale.

Una delle madri intervistate dal New York Times gestisce il profilo di sua figlia dal 2020, quando la ragazza aveva 11 anni, e ha detto di essere consapevole che alcuni dei suoi oltre 100mila follower potrebbero essere dei pedofili. Le foto pubblicate mostrano una ragazzina in abiti da sera, da allenamento e da danza, ma alcune persone pagano un abbonamento da 9,99 dollari al mese per averne di esclusive. Agli utenti con meno di 18 anni non è permesso utilizzare i servizi di abbonamento a pagamento, ma essendo gli account gestiti dalle madri questa restrizione viene facilmente elusa.

«Alcuni genitori sono la forza trainante dietro la vendita di foto, sessioni di chat esclusive e persino tutine e abiti da cheerleader indossati dalle ragazze, a follower perlopiù sconosciuti», ha scritto il New York Times, aggiungendo che i clienti più «devoti» spendono migliaia di dollari per mantenere queste relazioni con le minorenni. Dall’inchiesta è emerso che molte madri incentivano questi comportamenti perché avere un pubblico molto esteso aumenta le probabilità di essere contattati da aziende interessate a fornire sconti o articoli omaggio, o di ricevere da follower sconosciuti altri tipi di incentivi economici, tra cui regali scelti dalle liste di desideri pubblicate delle ragazzine su Amazon, o soldi tramite la app Cash App.

È emerso anche che pubblicare foto in pose allusive, come quella di un’adolescente che si slaccia una vestaglia mostrando un bikini, fa ricevere tendenzialmente più like e commenti. All’aumento del numero di follower è correlato un aumento significativo della percentuale di uomini adulti tra i follower, ha scritto il New York Times, citando una stima fornita da un’azienda di analisi demografiche (Meta non fornisce informazioni pubbliche sugli utenti).

Secondo la stima, i 5mila profili di influencer analizzati nell’inchiesta avevano collegamenti con un totale di 32 milioni di follower uomini. Il pubblico maschile costituiva nel complesso una minoranza (circa il 35 per cento) del pubblico degli account di minori analizzati, ma saliva oltre il 75 per cento – in alcuni casi oltre il 90 – per i profili di influencer minorenni con più di 100mila follower.

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Oltre alle madri consapevoli e convinte delle proprie scelte, alcune che hanno gestito negli ultimi anni l’account delle loro figlie influencer pubblicando foto delle ragazze hanno detto al New York Times di essersi pentite di averlo fatto. Una di loro ha detto che sua figlia si è cancellata e «ha deciso che l’unico modo per avere un futuro è fare soldi con OnlyFans [il sito in cui si condividono con gli abbonati foto e video, molto spesso erotici o pornografici]». «Ho stupidamente, ingenuamente, dato da mangiare a un branco di mostri, e il rammarico è enorme», ha aggiunto.

Alcune madri ritengono i commenti maschili di ammirazione, quelli ammiccanti o anche quelli molesti un modo per accrescere la visibilità dei profili delle proprie figlie. «Rispondere ai commenti o anche solo mettergli “mi piace” migliora il tuo algoritmo. A un certo punto abbiamo provato a disattivare i commenti, e ad alcuni brand questa cosa non è piaciuta», ha detto una madre in Florida, la cui figlia di 16 anni è un’influencer su Instagram da quando ne aveva dieci.

Altre madri considerano invece i commenti un problema da affrontare, con armi spesso spuntate. «La prima cosa che faccio quando mi sveglio e l’ultima quando vado a letto è bloccare account», ha detto al New York Times la madre di una bambina di 6 anni della Florida con circa 3mila follower che pubblica contenuti sulla danza. Un’altra madre, del Texas, ha detto di essere ormai «desensibilizzata» ai messaggi degli uomini.

Il New York Times ha scritto anche che alcune madri hanno ricevuto richieste minacciose di foto sempre più allusive, e che in un caso una risposta negativa ha portato l’autore della richiesta a inviare un’email alla scuola frequentata dalla ragazza, in cui scriveva che lei vendeva foto «osé» ai pedofili.

Molti genitori proprietari di account di figlie minorenni che avevano segnalato a Meta di aver ricevuto da alcuni utenti commenti offensivi o molesti – in un caso una fotografia di organi genitali maschili – non hanno ricevuto risposta, ha scritto il New York Times, che a sua volta ha inviato in otto mesi oltre 50 segnalazioni, ricevendo risposta dall’azienda soltanto in un caso. Tra gli altri contenuti segnalati dai genitori c’era un account che ripubblicava foto di bambine con didascalie con allusioni sessuali e un utente che aveva offerto a una madre 65mila dollari per trascorrere un’ora e fare sesso con la figlia.

Secondo un’indagine interna condotta da Meta nel 2020 e citata nell’inchiesta del New York Times l’azienda aveva scoperto che 500mila profili Instagram di bambini avevano interazioni «inappropriate» ogni giorno. Secondo il Wall Street Journal era noto all’interno dell’azienda anche il fatto che gli algoritmi della piattaforma promuovessero presso persone con sospette tendenze pedofile abbonamenti per account che mostravano bambine influencer, e che alcuni genitori vendevano contenuti aggiuntivi sulle loro figlie a quelle persone su altre piattaforme.

Per cercare di limitare il problema, ha aggiunto il Wall Street Journal, i responsabili della sicurezza avevano consigliato di vietare l’utilizzo degli abbonamenti agli account che mostrano bambine e ragazzine influencer, come fanno TikTok e le piattaforme di contenuti a pagamento Patreon e OnlyFans. In alternativa, avevano raccomandato di richiedere una registrazione diversa agli account che vendono abbonamenti a contenuti incentrati sui bambini, in modo da poterli controllare. Meta aveva respinto entrambe le proposte, scegliendo di introdurre un sistema automatizzato per impedire ai sospetti pedofili di iscriversi agli account gestiti dai genitori. Ma questo sistema non sempre funzionava, ha scritto il Wall Street Journal, e il divieto di abbonamento poteva essere aggirato creando un nuovo account.

Un portavoce di Meta, Andy Stone, ha detto al New York Times che i genitori sono responsabili degli account e del loro contenuto, che possono cancellare in qualsiasi momento. Ha aggiunto che Instagram mette a disposizione dei proprietari degli account vari strumenti per controllare chi può commentare e quali parole non sono ammesse. Ma in alcuni casi, secondo le testimonianze di diverse persone intervistate dal New York Times, quando i proprietari di profili su Instagram bloccano troppi account di follower in un giorno, Meta riduce la loro possibilità di bloccare altri account o seguirne altri. «Ricordo che mi è stato detto che avevo raggiunto il mio limite. Cioè? Ho raggiunto il mio limite di pedofili per oggi? Fantastico», ha detto una madre di due giovani ballerine in Arizona.

Alcuni ex dipendenti responsabili della sicurezza di Meta hanno detto al New York Times che i loro gruppi erano sottodimensionati e non avevano sufficienti risorse, né umane né tecnologiche, per affrontare il problema degli utenti con tendenze pedofile che seguono account gestiti da genitori. Stone ha respinto l’ipotesi che Meta fosse a corto di personale, facendo sapere che il gruppo responsabile della sicurezza era composto da 40mila dipendenti, e che la società ha investito in sicurezza 20 miliardi di dollari dal 2016. Ha detto inoltre che Meta segnala ogni anno alle autorità immagini sospette di abusi sui minori più di qualsiasi altra società.

Parlando con il Wall Street Journal Stone ha infine escluso l’ipotesi di un interesse economico di Meta per il mantenimento di questo tipo di profili, perché l’azienda non riscuote commissioni sui pagamenti degli account in abbonamento. Il Wall Street Journal ha aggiunto che Meta prevede però la riscossione di una commissione sulla funzione Instagram Gifts, che negli Stati Uniti permette agli account con almeno mille follower di ricevere soldi inviati dai follower sotto forma di apprezzamenti a pagamento.

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Sia il New York Times che il Wall Street Journal hanno condotto ricerche su alcuni presunti pedofili interessati ai profili di bambine e ragazzine gestiti dalle madri, e i cui account sono stati rimossi da Meta dopo le segnalazioni dei due giornali. Un account è stato rimosso dopo essere stato collegato a un uomo di 39 anni, condannato nel 2008 in New Jersey per aggressione sessuale a una ragazza di 15 anni (le policy di Instagram vietano agli autori di reati a sfondo sessuale l’utilizzo della piattaforma). Due account gestiti da genitori sono stati rimossi dopo che il Wall Street Journal ha scoperto che pubblicavano foto di bambine in abbigliamento e pose da pin-up sia su Instagram che su una pagina Facebook con 200mila follower dedicata ai creatori di contenuti per adulti e feticisti delle donne in gravidanza.

Le inchieste hanno mostrato che in generale la porzione notevolmente ampia di pubblico maschile degli account Instagram di bambine e ragazzine influencer gestiti dalle madri è composta in parte da uomini che su altre piattaforme e forum esterni a Meta condividono commenti e informazioni sui profili. Alcuni tra questi pubblicavano inoltre materiale pornografico, o utilizzavano nella loro bio parole ed emoji che gli esperti di protezione dei bambini associano ai pedofili che intendono segnalare di esserlo.

Su Telegram alcuni uomini discutevano inoltre delle pagine Instagram delle bambine e dei servizi in abbonamento, scambiandosi informazioni su quali genitori si fossero mostrati ben disposti alla vendita di foto in privato. Un gruppo con oltre 4mila membri aveva una sezione F.A.Q. e condivideva una lista di circa 700 account di bambine e ragazzine da seguire, segnalando anche gli hashtag da usare per recuperare più facilmente le foto nella cronologia della chat.