Quanto pesa l’opposizione da sinistra a Joe Biden?
Una risposta arriverà dalle primarie di oggi in Michigan, dove i gruppi che criticano l'appoggio quasi incondizionato di Biden a Israele nella guerra contro Hamas sono particolarmente attivi
Martedì nello stato del Michigan gli elettori del partito Repubblicano e Democratico voteranno alle primarie per scegliere i rispettivi candidati alla presidenza degli Stati Uniti. In entrambi i casi l’esito sembra scontato: Joe Biden non ha avversari che possano mettere in discussione la sua candidatura tra i Democratici, e finora Donald Trump ha vinto in tutti e cinque gli stati in cui si sono tenute le primarie Repubblicane, mostrandosi nettamente avanti nei sondaggi rispetto alla sua sfidante principale, Nikki Haley.
Conterà però molto il modo in cui vinceranno i due favoriti, e in particolare il presidente Biden, che negli ultimi giorni si è trovato a gestire un’opposizione “da sinistra” all’interno del suo partito, sviluppata a partire dalle critiche che gli sono state rivolte per il suo sostegno a Israele nella guerra contro Hamas.
Anzitutto c’è da dire che molto probabilmente il Michigan sarà uno degli stati dove si decideranno le elezioni presidenziali di novembre. Il sistema elettorale americano prevede infatti che il presidente venga eletto dai “grandi elettori”, assegnati a chi ottiene la maggioranza in ogni singolo stato: succede spesso che finiscano per essere decisivi i cosiddetti “swing state”, gli stati in bilico, dove prima del voto non c’è una maggioranza chiara. Il Michigan è uno di questi: proprio qui nel 2016 Trump ottenne una vittoria importante e per certi versi inattesa, che fu ribaltata a favore di Biden alle elezioni nel 2020.
Il Michigan ha anche una numerosa popolazione araba e musulmana, una delle più grandi in rapporto alla popolazione totale, dopo lo stato di New York, il New Jersey, il Maryland e l’Illinois. Le persone di religione musulmana sono stimate in circa 250mila e un’alta percentuale vive a Dearborn, dove c’è una delle più importanti e frequentate moschee del paese. In Michigan è stata quindi particolarmente forte l’opposizione alla politica di Biden sulla guerra fra Hamas e Israele, considerata da questa comunità troppo filoisraeliana.
Secondo i sondaggi, la maggioranza degli americani pensa che gli Stati Uniti debbano sostenere Israele; il fatto è che tra chi pensa il contrario ci sono molti elettori Democratici, soprattutto persone giovani e non bianche, sempre più critiche soprattutto a causa dell’altissimo numero di palestinesi uccisi nella Striscia di Gaza.
Domenica a Dearborn, due giorni prima delle primarie, il gruppo “Michigan Task Force per la Palestina” ha organizzato un comizio per mobilitare le forze statunitensi più vicine alla causa palestinese. Durante uno degli incontri, la deputata Democratica Rashida Tlaib ha invitato gli elettori del Michigan a non votare per Joe Biden alle primarie, ma a barrare la casella “uncommitted”, una sorta di “scheda bianca”.
Nel 2019 Tlaib diventò la prima statunitense di origini palestinesi a essere eletta al Congresso, vincendo in un collegio che comprende parte della città di Detroit e parte di Dearborn. È una delle rappresentanti dell’ala più radicale del partito Democratico: secondo la deputata, l’iniziativa per le primarie dovrebbe mandare un segnale sul fatto che Biden potrebbe perdere parte del suo sostegno per la gestione della crisi a Gaza. Tlaib ha detto che nonostante Trump sia «una minaccia alla sopravvivenza della democrazia», Biden sta rischiando di garantirgli un altro mandato «con il suo sostegno al governo più di destra e più estremista della storia di Israele».
Al comizio non ha partecipato solo la comunità arabo americana: hanno tenuto discorsi anche un pastore della Chiesa Battista afroamericana di Detroit, rappresentanti di gruppi di attivisti per la pace e il leader locale del sindacato dei lavoratori del settore automobilistico, che sostiene Biden ma ha anche chiesto ufficialmente un cessate il fuoco immediato a Gaza. Le pressioni sul governo per un atteggiamento più risoluto nei confronti di Israele provengono quindi da settori minoritari ma diversi dell’elettorato.
In precedenza un’iniziativa simile era stata proposta da movimenti di attivisti anche in New Hampshire, ma senza il sostegno di una deputata o un deputato del partito: l’iniziativa non aveva ottenuto grandi risultati, ma le caratteristiche demografiche del Michigan potrebbero portare a esiti diversi.
L’ampia vittoria di Biden nelle primarie non è in discussione, ma la questione è considerata potenzialmente pericolosa per il candidato in vista delle elezioni presidenziali, quando i margini che separano una vittoria da una sconfitta saranno moto più limitati. Biden è attualmente considerato in svantaggio rispetto a Trump nei sondaggi in Michigan e avrà bisogno di mobilitare tutte le componenti del suo elettorato per recuperare.
Per questo il Partito Democratico ha dedicato parecchie attenzioni alla questione del voto della comunità arabo statunitense e degli altri movimenti a sinistra del partito Democratico, anche prima che la deputata Tlaib la rendesse una notizia a livello nazionale. Già a inizio febbraio alcuni membri di alto livello dello staff di Biden avevano incontrato i leader del movimento a Dearborn. In una riunione a porte chiuse, di cui il New York Times ha ottenuto le registrazioni, Jon Finer, vice consigliere nazionale per la sicurezza del governo Biden, aveva ammesso errori nella gestione della crisi dopo gli attacchi di Hamas del 7 ottobre. E aveva aggiunto: «Abbiamo dato un’impressione molto negativa, basata su una rappresentazione totalmente inadeguata di quanto il presidente, la sua amministrazione e il paese abbiano a cuore le vite dei palestinesi».
Dopo l’appello di Tlaib a votare scheda bianca alle primarie, i Democratici hanno anche ulteriormente mobilitato la governatrice del Michigan, Gretchen Whitmer, molto popolare nonché politica con ambizioni nazionali per il 2028. Nel 2018 e poi nel 2022 Whitmer era riuscita a battere i rivali Repubblicani in uno stato che si stava spostando in modo netto verso destra, e ora è considerata una risorsa necessaria per provare a garantire a Biden la vittoria.
Nelle ore successive al comizio, Whitmer ha dato un’intervista a CNN in cui ha detto che «ogni voto che non va a Biden è un aiuto per un secondo mandato di Trump, che sarebbe un evento devastante non solo per la democrazia qui da noi e per i diritti fondamentali, ma anche in politica estera».
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