Le persone in cura per l’HIV non trasmettono il virus durante il sesso
È noto da tempo e ora l'ha riconosciuto anche il tribunale di Bari, dopo aver comunque processato un uomo per non avere informato una partner occasionale del suo stato
Il 23 febbraio il tribunale di Bari ha assolto con formula piena un uomo di 56 anni che era accusato di tentate lesioni personali gravissime per aver avuto un rapporto sessuale senza preservativo con una donna senza dirle di essere positivo al virus HIV. Il tribunale ha giudicato che «il fatto non sussiste» riconoscendo che con le terapie in uso oggi le persone con l’HIV non trasmettono il virus ad altre per via sessuale, anche in caso di rapporti non protetti.
È così da anni, anche se nella percezione collettiva sono ancora in molti a non saperlo. Secondo la Lega italiana per la lotta contro l’AIDS (LILA), «il mondo giudiziario italiano, le forze dell’ordine che lo supportano, gran parte dei media e, perfino parte della comunità medica, hanno faticato molto, finora, a recepire questa verità scientifica». Per questo Giusi Giupponi, presidente della LILA, ha «salutato con sollievo» la sentenza, la prima in Italia di questo genere e quindi un rilevante precedente, pur criticando la giustizia italiana per aver perseguito l’uomo dal 2018 a oggi.
L’HIV, il virus che causa la sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS), è probabilmente il più noto virus che si trasmette per via sessuale. Tuttora esiste il rischio che una persona positiva, ma inconsapevole di esserlo, possa passarlo a qualcun altro attraverso un rapporto sessuale non protetto, ma questo non vale per chi invece si sottopone alle terapie antiretrovirali, che nel giro di soli sei mesi rallentano così tanto la replicazione del virus che non è possibile rilevarlo con un semplice prelievo di sangue.
Tra il 2016 e il 2019 due studi pubblicati sulle prestigiose riviste scientifiche Journal of the American Medical Association (JAMA) e Lancet hanno dimostrato che le persone positive la cui carica virale non è rilevabile non trasmettono il virus durante rapporti non protetti, compresi i rapporti anali. È il cosiddetto principio “U=U”, che la LILA e altre organizzazioni si impegnano a far conoscere: l’espressione sta per “undetectable = untransmittable”, in italiano “non rilevabile = non trasmissibile”, grazie a cui i partner sessuali di persone positive all’HIV in terapia non hanno bisogno di proteggersi dal virus né con il preservativo, né farmacologicamente, cioè assumendo farmaci per la profilassi.
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Più in generale oggi la quotidianità delle persone che hanno l’HIV in un paese come l’Italia – dove ce ne sono circa 142mila secondo i dati più aggiornati – è analoga a quella di chi è negativo al virus. L’unica differenza significativa è che i positivi devono sottoporsi a controlli medici con una frequenza maggiore. Dal punto di vista della salute, l’aspettativa di vita delle persone che si sottopongono a terapia antiretrovirale è quasi uguale a quella delle persone negative. Finora la “guarigione” dal virus è stata ottenuta solo in pochi casi particolari e i farmaci antiretrovirali devono essere assunti per tutta la vita, ma con le formulazioni attuali non hanno i pesanti effetti collaterali del passato.
L’uomo processato a Bari aveva incontrato la donna coinvolta nella vicenda nel marzo del 2018: i due avevano passato una notte insieme e fatto sesso non protetto, e il giorno successivo lui aveva detto a lei di avere l’HIV. La donna si era spaventata e temendo di essere a rischio di infezione si era rivolta al Policlinico della città. Lì era stata sottoposta a profilassi post-esposizione, che evita la contrazione dell’HIV in seguito a rapporti a rischio. Non aveva denunciato l’uomo, ma la procura di Bari aveva comunque ipotizzato un reato di lesioni personali gravissime, per cui si procede d’ufficio. Il processo era iniziato nel 2022.
Sebbene la vicenda si sia conclusa positivamente per l’uomo, la LILA ha criticato il modo in cui alcuni giornali avevano dato conto del processo dicendo che «nascose di avere l’HIV», come se una persona positiva al virus ma in terapia fosse obbligata a dichiarare il proprio stato. La legge non prescrive obblighi del genere. Il caso sarebbe diverso per una persona consapevole di avere l’HIV e non in condizione “U=U” che avesse dei rapporti sessuali non protetti senza avvisare il partner della propria condizione.
«L’HIV non è una colpa da confessare a nessuno: solo la persona può decidere se, come, quando e a chi rivelarlo, nel proprio esclusivo interesse», ha aggiunto Giupponi, ricordando che ancora oggi la maggior parte delle nuove infezioni da HIV avviene a causa di rapporti sessuali non protetti tra persone non consapevoli del proprio stato. Per questo sia l’uso dei preservativi negli incontri occasionali che la pratica dei test per le malattie sessualmente trasmissibili in casi di rapporti a rischio continuano a essere importanti.
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