Il fascino degli stupefacenti nella Silicon Valley

Risale alla controcultura degli anni Sessanta ed è parte delle abitudini di molti “tecno-utopisti” interessati agli effetti sulle capacità umane e ai risvolti economici

Elon Musk con le mani e lo sguardo rivolti al cielo
Elon Musk, 2 novembre 2023 (AP Photo/Kirsty Wigglesworth)

Nelle settimane scorse negli Stati Uniti alcune notizie particolarmente commentate hanno contribuito a rafforzare nell’opinione pubblica l’idea, in parte già diffusa, che diversi leader e dirigenti delle grandi aziende tecnologiche della California abbiano una certa familiarità con l’uso di sostanze stupefacenti. È una discussione complessa, prima di tutto perché l’uso di alcune di quelle sostanze è illegale in molti paesi, e l’uso ammesso ma non regolato di altre alimenta un giro di affari miliardario, in cui hanno interessi anche i capi delle aziende. E poi perché pone una questione più generale su quanto e come l’uso occasionale o abituale di sostanze psicotrope possa condizionare, nel bene e nel male, le idee, i comportamenti e le decisioni di alcune delle persone più influenti al mondo.

Ne ha scritto a gennaio il Wall Street Journal, concentrandosi sulle abitudini dell’imprenditore Elon Musk, al quale ha attribuito l’uso di varie sostanze psichedeliche, tra cui la ketamina. A febbraio, per l’annunciata partecipazione dell’ex nuotatore australiano James Magnussen, si è inoltre tornati a parlare dei cosiddetti Enhanced Games (“giochi potenziati”): una competizione che vuole imitare i Giochi olimpici ma ammettendo l’uso di sostanze dopanti, con premi molto cospicui, sostenuta economicamente dal miliardario Peter Thiel, tra le altre cose fondatore di PayPal.

L’interesse dei capi delle aziende tecnologiche della Silicon Valley per le sostanze stupefacenti non è in sé un fatto nuovo. Diversi studiosi del fenomeno lo associano a un’incondizionata fiducia riposta da molte persone che lavorano in quelle aziende nell’idea che le scoperte scientifiche e tecnologiche possano aumentare le capacità fisiche e cognitive dell’uomo: idea alla base di un movimento culturale noto come transumanesimo. Sebbene le declinazioni più recenti di questi approcci e di questa mentalità presentino alcune caratteristiche nuove rispetto al passato, la possibilità di “potenziare” le proprie capacità e assumere punti di vista alternativi sulla realtà attraverso l’uso di determinate sostanze è da sempre una parte molto raccontata dell’origine della Silicon Valley e della “controcultura” giovanile degli anni Sessanta a cui è legata.

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Di recente ne ha parlato in un’intervista al sito Vox il famoso giornalista californiano John Markoff, esperto di tecnologia e storia di Internet. Markoff è tra le altre cose autore di un libro uscito nel 2005, What the Dormouse Said: How the Sixties Counterculture Shaped the Personal Computer Industry, in cui racconta come gli interessi scientifici della ricerca sulle sostanze psichedeliche condotta negli anni Sessanta in California si sovrapponessero in parte all’interesse di molti giovani imprenditori della nascente Silicon Valley nel misurare la creatività umana e nell’esplorare quindi le idee alla base del transumanesimo.

Un gruppo di persone, tra cui Brans, maneggia dei soldi, mentre un'altra sfoglia delle pagine stampate

Il biologo e scrittore statunitense Stewart Brand (il secondo da destra) alla presentazione dell’edizione finale del Whole Earth Catalog, il periodico di controcultura statunitense da lui fondato nel 1968, a San Francisco, California, il 13 giugno 1971 (AP Photo/Robert Klein)

I primi esperimenti con gli psichedelici condotti in quell’area, secondo Markoff, contribuirono a diffondere presso un pubblico più ampio un interesse ma soprattutto un’idea delle sostanze come strumento in grado di espandere le capacità di pensiero creativo. Nei primi anni Sessanta un gruppo composto in gran parte da ingegneri dello Stanford Research Institute e delle aziende di elettronica Hewlett Packard, Ampex e Varian fondarono a Menlo Park un’organizzazione chiamata International Foundation for Advanced Study. Prima che gli psichedelici venissero resi illegali nel 1966, condussero esperimenti con l’LSD su ingegneri, architetti e altri professionisti per studiare la questione della creatività. Tra i soggetti di quegli esperimenti ci furono, tra gli altri, l’influente biologo e scrittore Stewart Brand e l’ingegnere Doug Engelbart, inventore del mouse.

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È in quel contesto di esperimenti sull’idea di poter aumentare l’intelligenza umana che si formò la Silicon Valley ed emerse l’idea stessa del personal computer, scrive Markoff in What the Dormouse Said. L’idea era che la persona, appunto, potesse controllare tutte le funzioni di un computer e il computer “rispondesse” come una macchina per sviluppare e amplificare le idee della persona. Fu in generale un periodo di sperimentazione per molti versi incontrollata, in vari ambiti, e di stravolgimenti politici e culturali prima ancora che tecnologici.

I diritti civili, gli psichedelici, i diritti delle donne, l’ecologia e i movimenti contro la guerra: tutto contribuì a far emergere una controcultura che respinse gran parte degli amati ideali del dopoguerra dell’America. Le tecnologie informatiche che diamo per scontate oggi devono la loro forma a quel periodo indisciplinato, che fu definito dalla protesta, dalla sperimentazione delle sostanze, dalla controcultura di una comunità e da un generale senso di idealismo anarchico.

Di questa comunità di persone impegnate nella ricerca sugli psichedelici negli anni Sessanta faceva parte anche lo scrittore e psicologo statunitense James Fadiman, noto per le sue teorie sul microdosaggio, l’assunzione di dosi molto basse di sostanze psichedeliche. In mancanza di ricerche e studi controllati, in parte conseguenza di decenni di pregiudizi nel dibattito pubblico e divieti, un libro di Fadiman scritto nel 2011 – The Psychedelic Explorer’s Guide: Safe, Therapeutic, and Sacred Journeys – descrisse il potenziale valore terapeutico del microdosaggio di psichedelici e contribuì a renderli di nuovo molto popolari nella Silicon Valley.

Nel 2023 il Wall Street Journal riportò le esperienze di diversi imprenditori e CEO di startup con l’uso di sostanze psichedeliche. Alcuni praticavano il microdosaggio nella speranza di alleviare l’ansia o migliorare la concentrazione, mentre altri assumevano dosi complete – da loro definite «macrodosi» – per indurre condizioni psichiche che potessero favorire idee brillanti e dirompenti. In generale l’articolo raccontò di una diffusa tendenza dei CEO a utilizzare le sostanze per alleviare possibili sintomi di problemi di salute mentale.

Lo stesso Musk, rispondendo alle polemiche emerse dopo la pubblicazione dell’articolo, definì la ketamina – il cui uso approvato è come anestetico generale endovenoso – un modo migliore per tenere sotto controllo la depressione rispetto ad altri antidepressivi che «rendono zombie» le persone. Per i suoi effetti psichedelici (provoca un senso di dissociazione corporea) la ketamina è effettivamente studiata da alcuni anni nel trattamento delle depressioni resistenti ai farmaci attualmente disponibili, con risultati molto incoraggianti.

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Il fatto che in molti paesi del mondo non sia mai stata vietata, a differenza di altri psichedelici, ha permesso che si consolidasse una certa conoscenza sugli usi possibili. Negli Stati Uniti la mancanza di protocolli condivisi da un lato ha favorito la proliferazione di attività molto redditizie: cliniche private che offrono trattamenti a base di ketamina – usata off label, cioè per scopi diversi da quelli ufficiali – per curare i disturbi dell’umore, le dipendenze e altre condizioni. E dall’altro rende difficile ottenere l’autorizzazione a condurre studi molto estesi, ritenuti necessari dalla comunità psichiatrica per confermare i risultati incoraggianti avuti finora.

Negli ultimi anni l’interesse specifico degli imprenditori della Silicon Valley per le sostanze psichedeliche ha sollevato alcune questioni. Una di queste è che l’interesse è in alcuni casi un interesse economico diretto, perché esistono diverse relazioni tra le aziende tecnologiche e quelle che portano avanti la ricerca privata sugli usi terapeutici delle sostanze.

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Thiel, per esempio, è uno dei finanziatori di Atai Life Sciences, un’azienda biofarmaceutica che sviluppa sostanze psichedeliche da utilizzare per la cura di problemi mentali. È inoltre cofondatore della società di investimento Founders Fund, che è principalmente nota per i suoi investimenti in SpaceX e Facebook, ma ha anche una partecipazione in Compass Pathways, un’azienda di biotecnologia che fa ricerca sulla psilocibina, la sostanza che determina gli effetti psicoattivi dei cosiddetti “funghi magici”. Sam Altman, CEO e cofondatore di OpenAI (l’azienda sviluppatrice di ChatGPT), è anche il presidente di Journey Colab, una startup californiana impegnata nella raccolta di finanziamenti per la sperimentazione degli psichedelici su persone che soffrono di dipendenze e disturbi mentali.

Secondo una stima della società di ricerca BrandEssence citata dal Wall Street Journal, il valore di mercato delle sostanze psichedeliche, che include aziende impegnate in ricerche e sperimentazioni per legalizzarne l’uso, era di 4,9 miliardi di dollari nel 2022 e dovrebbe raggiungere gli 11,8 miliardi di dollari entro il 2029.

Thiel e Musk in posa vicino a un monitor che mostra il logo di PayPal

I co-fondatori di PayPal Peter Thiel e Elon Musk a Palo Alto, California, il 20 ottobre 2000 (AP Photo/Paul Sakuma)

Un’altra questione spinosa riguardo all’interesse delle aziende tecnologiche per le sostanze psichedeliche è che alcuni disagi e disturbi psicologici descritti da imprenditori e CEO che raccontano di farne uso sembrano in una certa misura correlati alle responsabilità e alle aspettative molto alte nel loro ambiente di lavoro.

Justin Zhu, ex CEO dell’azienda Iterable, disse nel 2023 al Wall Street Journal di aver preso microdosi di LSD una volta nel 2019, e di essere stato licenziato dal consiglio di amministrazione circa due anni dopo. Aveva violato «le politiche e i valori dei dipendenti di Iterable», scrisse l’azienda in un’email inviata al personale. Zhu raccontò di aver preso la microdose di LSD su consiglio di un altro imprenditore, e soprattutto di averne tratto beneficio nella cura di una forma di depressione da lui associata al peso delle sue responsabilità all’interno dell’azienda.

Un altro imprenditore, il CEO della startup BuildBetter Spencer Shulem, disse di utilizzare LSD circa una volta ogni tre mesi per migliorare la concentrazione e la creatività. A volte, mentre lavorava fuori dall’orario di lavoro, assumeva una dose così bassa da rendere impossibile capire dall’esterno che fosse sotto l’effetto di sostanze psichedeliche. Disse che le aspettative delle società e degli investitori possono indurre i CEO a usare gli psichedelici per ottenere un vantaggio. «Non vogliono una persona normale, una società normale: vogliono qualcosa di straordinario. E non nasci straordinario», disse Shulem.

In un certo senso, scrisse nel 2023 il giornalista Timothy Noah su New Republic, è come se gli psichedelici avessero assunto nell’attuale percezione di alcune persone che lavorano nelle aziende tecnologiche la funzione che negli anni Ottanta rese popolare negli stessi ambienti una sostanza completamente diversa: la cocaina. Probabilmente non è qualcosa che il tuo capo ti avrebbe suggerito di assumere, scrisse Noah, perché era ed è ancora una sostanza statisticamente molto più pericolosa degli psichedelici. Ma, come accadde in molti altri settori lavorativi, le sue potenti proprietà stimolanti la resero la sostanza di elezione per migliorare la concentrazione e avere più energia sul lavoro, con tutto ciò che comporta in termini di produttività aziendale.

Come raccontato anche dal professore di media e comunicazione della New York University Charlton McIlwain nel libro del 2019 Black Software: The Internet & Racial Justice, from the AfroNet to Black Lives Matter, negli anni Ottanta la cocaina – utilizzata soprattutto dai bianchi, a differenza del crack – si adattò perfettamente «all’etica tecnologica e imprenditoriale della Silicon Valley, alla sua routine quotidiana, alla sua richiesta di creare valore, alla sua pervasiva spinta verso il successo». Circolava all’interno di aziende come IBM, Lockheed, Syntex e Hewlett-Packard, scrive McIlwain, anche perché favorita dalla necessità di sostenere «giornate lavorative infinite, concorrenza incessante e bisogno ossessivo di innovazione».

Il fondatore Steve Jobs, l’amministratore delegato John Sculley e il cofondatore di Apple Steve Wozniak alla presentazione del computer Apple IIc

Il fondatore Steve Jobs, l’amministratore delegato John Sculley e il cofondatore di Apple Steve Wozniak alla presentazione del computer Apple IIc a San Francisco, California, il 24 aprile 1984 (AP Photo/Sal Veder, File)

In questo senso la cocaina ottenne una certa popolarità in quegli ambienti di lavoro per le stesse ragioni che da alcuni anni nella Silicon Valley incentivano l’uso degli psichedelici, in particolare la ketamina: per «essere più creativi e produttivi nella vita e nel lavoro», come disse nel 2023 a Businessweek Reid Robison, direttore clinico dell’azienda Numinus Wellness Inc. di Santa Cruz, in California. I clienti sono in gran parte professionisti a metà carriera, che pagano per partecipare a sessioni di gruppo in cui viene loro somministrata della ketamina, mentre sono stesi su materassini e cuscini sotto la supervisione di personale qualificato.

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La popolarità attuale delle sostanze psichedeliche nella Silicon Valley è per molti aspetti diversa da quelle che ebbero negli anni Sessanta, ha detto Markoff a Vox. Così come ci sono differenze tra i “tecno-utopisti” che ne fecero uso all’epoca e quelli che ne fanno uso oggi: perché ultraliberali come Musk, Thiel e altri imprenditori a volte descritti dai media con l’espressione “PayPal Mafia”, secondo Markoff, hanno valori completamente diversi.

Come esempio di una certa mentalità imprenditoriale diventata nel tempo dominante nella Silicon Valley rispetto ad altre tendenze sregolate e anarchiche, Markoff ha citato Steve Jobs, che pure descrisse l’LSD come una delle esperienze più importanti della sua vita. Lo sviluppatore della tecnologia che rese possibili i successi di Apple fu l’ingegnere elettronico Steve Wozniak, che lavorava per Hewlett-Packard e «voleva semplicemente progettare un computer da condividere con i suoi amici, non avviare un’azienda», ha detto Markoff. Fu Jobs a capire che esisteva un mercato, e fu proprio la combinazione dei due a esprimere la Silicon Valley «nella sua forma più pura: l’etica hacker e lo zelo imprenditoriale». Con l’ascesa della cosiddetta PayPal Mafia, ha concluso Markoff, la Silicon Valley ha preso «la direzione sbagliata» e «l’avidità è diventata il valore determinante».