Perché il Nicaragua accoglie così tanti ex presidenti accusati di corruzione
Per ragioni legate alla sua storia, e perché il presidente Daniel Ortega vuole tenersi buoni un po' tutti
Da inizio febbraio Ricardo Martinelli, ex presidente di Panama, vive all’interno degli edifici dell’ambasciata nicaraguense di Panama City, dove ha ricevuto asilo politico dopo essere stato condannato a più di dieci anni di carcere per via di alcuni episodi di corruzione e riciclaggio di denaro che si erano verificati durante il suo mandato, dal 2014 al 2019. Due settimane fa il presidente del Nicaragua Daniel Ortega aveva chiesto al governo di Panama di concedere a Martinelli un «passaggio sicuro» per raggiungere Managua, la capitale del paese: la richiesta è stata respinta e venerdì la magistratura panamense ne ha chiesto l’arresto, anche se lui è ancora dentro l’ambasciata.
Non è la prima volta che il leader di uno stato centramericano che ha problemi con la legge riceve asilo politico in Nicaragua: per esempio gli ex presidenti di El Salvador Mauricio Funes e Salvador Sánchez Cerén, entrambi condannati per corruzione, vivono a Managua da anni.
Una ricostruzione di BBC Mundo ha ricordato come già dalla fine degli anni Settanta il Nicaragua avesse iniziato a ospitare leader politici stranieri ritenuti perseguitati dalla giustizia dei rispettivi paesi. Questa tradizione si sviluppò subito dopo la cosiddetta rivoluzione sandinista, l’ultima rivoluzione armata nella storia dell’America Latina che nel 1979 portò alla fine della dittatura nicaraguense di Anastasio Somoza Debayle.
– Leggi anche: L’ultima rivoluzione armata nella storia dell’America Latina
Durante la dittatura di Somoza migliaia di oppositori furono costretti all’esilio, ma dopo la vittoria della rivoluzione poterono rientrare nel paese: fu in quel momento che il Nicaragua cambiò atteggiamento verso le condanne ai politici, cominciando ad accogliere leader politici di altre nazionalità. Questa impostazione è presente ancora oggi, anche perché è parte integrante della formazione politica dell’attuale presidente: Ortega fu tra i protagonisti di quella rivoluzione in quanto componente del gruppo dirigente del Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale (FSLN).
Intervistato da BBC Mundo lo storico Mateo Jarquín ha raccontato che, tra il 1979 e il 1990, la giunta rivoluzionaria sandinista al governo accolse molti oppositori provenienti da movimenti di ispirazione marxista che non potevano tornare nei loro paesi, diventando così «un rifugio per la sinistra latinoamericana». In Nicaragua i rifugiati non rimanevano ai margini della vita politica, ma venivano pienamente integrati nella costruzione del «progetto rivoluzionario»: alcuni iniziarono a lavorare per conto del governo, altri entrarono a far parte delle forze di polizia.
Negli anni Ottanta trovarono rifugio in Nicaragua anche il trafficante di droga colombiano Pablo Escobar e l’ex brigatista Alessio Casimirri, una delle persone accusate dell’omicidio di Aldo Moro, che vive a Managua dal 1982.
Ortega si è però distaccato parzialmente da questa tradizione sandinista: se in precedenza venivano accolti soprattutto oppositori legati a movimenti di sinistra, negli ultimi anni il presidente ha iniziato ad accogliere anche leader conservatori, come lo stesso Martinelli e l’ex presidente dell’Honduras Juan Orlando Hernández. E questo perché, secondo molti, Ortega vorrebbe assicurarsi il favore di vari schieramenti politici in caso dovesse avere lui bisogno in prima persona di asilo in futuro.
A questo proposito, l’ex ambasciatore del Nicaragua presso l’Organizzazione degli Stati Americani (OSA), Arturo McFields, ha spiegato che per Ortega la disponibilità ad accogliere rifugiati di qualsiasi orientamento politico è una questione di convenienza politica: «Vuole garantire opzioni per il suo futuro e della sua famiglia, nel caso in cui venga il momento in cui potrebbero aver bisogno di asilo».
Il Nicaragua è un paese che attrae i leader che hanno problemi con la giustizia anche per un altro motivo: la costituzione nicaraguense prevede il divieto di estradizione dei suoi cittadini. È piuttosto comune che le persone rifugiate in Nicaragua ottengano la cittadinanza subito dopo il loro arrivo nel paese, e questo requisito garantisce loro la certezza di non dover subire un processo nei loro paesi.
Se il governo di Ortega concede la cittadinanza ai leader stranieri con cui stringere alleanze senza troppi problemi, con altrettanta facilità tende a revocarla alle persone poco gradite. Questo doppio standard è diventato piuttosto evidente lo scorso anno, quando erano stati privati della cittadinanza più di 300 nicaraguensi critici nei confronti del governo, tra cui scrittori, giornalisti e leader di movimenti di opposizione, che attualmente risultano apolidi. Tra questi c’è anche il politologo Félix Maradiaga, che era uno dei candidati alle elezioni presidenziali del 2021 e che attualmente risiede negli Stati Uniti, dove ha ricevuto asilo dopo la fine di un lungo periodo di detenzione nel proprio paese. Secondo Maradiaga, la dottrina di Ortega sui rifugiati politici «priva della cittadinanza personalità di spicco e di grande dignità, e allo stesso tempo offre rifugio e persino cittadinanza a persone con precedenti penali comprovati».