Il vero comandante nazista che ha ispirato “La zona d’interesse”
Rudolf Höss fu a capo di Auschwitz dal 1940 al 1943 e sostenne che la moglie non sapesse davvero niente di quello che stava succedendo, ma è alquanto improbabile
Da pochi giorni nei cinema italiani è uscito La zona d’interesse, tra i film europei che stanno ricevendo più premi internazionali e candidato agli Oscar come miglior film, miglior film internazionale, miglior regia, miglior sonoro e miglior sceneggiatura non originale. Il film è un adattamento dell’omonimo romanzo del 2014 di Martin Amis, uno degli scrittori contemporanei più apprezzati al mondo, morto nel maggio del 2023, e la sua trama è ispirata alla storia vera di Rudolf Höss, che per tre anni e mezzo fu il comandante del campo di sterminio nazista di Auschwitz.
Senza rovinare la trama: La zona d’interesse è ambientato nel 1943 nella villetta dove Höss vive assieme alla moglie Hedwig Hensel e ai loro cinque figli. La donna si occupa soprattutto del giardino e dell’orto, mentre i figli giocano con gli animali e fanno quello che fanno tutti i bambini. Anche se il ruolo di Höss come ufficiale nazista è una parte importante del suo personaggio, nel film viene raccontato più che altro come un padre di famiglia. Insieme alle immagini che mostrano la loro vita familiare idilliaca, il pubblico sente ciò che succede – ma non si vede – al di là delle mura che separano la casa dal campo di sterminio: spari, urla, rumore di treni e forni crematori. Il film però non racconta cosa succede alla famiglia alla fine della Seconda guerra mondiale.
Höss e la sua famiglia vivevano davvero in una villetta accanto ad Auschwitz, che si trova nel sud-ovest della Polonia, a metà strada tra Cracovia e Katowice. Dal maggio del 1940 al dicembre del 1943 Höss fu a capo del campo di concentramento, dove si stima che i nazisti abbiano ucciso più di un milione di persone, la maggior parte delle quali ebree. Nella sua autobiografia, scrisse che «ogni desiderio espresso da mia moglie o dai miei figli era stato esaudito»: i suoi bambini «vivevano una vita libera e senza vincoli» mentre il giardino di sua moglie «era un paradiso di fiori».
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Secondo gli storici e le persone che li conoscevano, sia Höss sia Hensel erano profondamente antisemiti. Nella sua autobiografia lui sosteneva che la moglie non sapesse niente di ciò che avveniva ad Auschwitz, ma come ha notato lo Smithsonian Magazine sembra piuttosto improbabile. La famiglia di Höss faceva una vita di lusso, e usava pellicce, gioielli e oggetti costosi confiscati alle persone ebree; inoltre sfruttava alcuni prigionieri per i lavori nella casa e nel giardino. Stanislaw Dubiel, un uomo polacco che aveva lavorato per loro come giardiniere, raccontò che Höss aveva «costruito una casa così spettacolare e attrezzata che la moglie aveva detto di volerci ‘vivere e morire’».
Höss nacque il 25 novembre del 1901 a Baden-Baden, nel sud-ovest della Germania. Combatté durante la Prima guerra mondiale e poi si unì ad alcuni corpi paramilitari nazionalisti. Nel 1922, dopo aver sentito un discorso di Adolf Hitler a Monaco di Baviera, si unì al Partito nazista. Nel 1923 fu condannato a dieci anni di carcere per l’omicidio di un insegnante sospettato di avere fornito informazioni ai francesi, ma uscì cinque anni dopo grazie a un’amnistia. L’anno successivo sposò Hensel e mise su famiglia. Annegret, la loro figlia più piccola, nacque nel novembre del 1943, quando vivevano già ad Auschwitz.
Tra il 1934 e il 1940 Höss aveva lavorato nei campi di concentramento di Dachau e Sachsenhausen, nell’attuale Germania, dove all’epoca venivano confinati perlopiù dissidenti politici. Fu allora che gli venne assegnato il compito di valutare la fattibilità di un campo di concentramento nella Polonia occidentale, in un territorio allora annesso alla Germania. Fu così nominato comandante di Auschwitz, che ampliò e trasformò nel principale campo di sterminio nazista, in particolare grazie all’utilizzo delle camere a gas.
La sua famiglia viveva nella cosiddetta zona d’interesse, un’area di circa 40 chilometri quadrati attorno al campo, amministrata dalle SS (la polizia paramilitare nazista) e isolata in modo che nessuno potesse testimoniare gli orrori che venivano compiuti all’interno del campo.
Nel libro di Amis si parla di un ufficiale nazista che si innamora della moglie del comandante di Auschwitz, il cui personaggio è vagamente ispirato a Höss, ma ha un nome diverso; nel film invece questo triangolo amoroso non c’è. A ogni modo, con il suo lavoro ad Auschwitz Höss si fece un’ottima reputazione tra i gerarchi nazisti: come si vede nel film, che si interrompe nel 1943, fu mandato a Berlino per sovrintendere tutte le operazioni dei campi di sterminio nazisti, mentre la famiglia rimase nella zona d’interesse.
Nel maggio del 1944 invece tornò ad Auschwitz per la cosiddetta “operazione Höss”, in cui nel giro di 56 giorni furono uccisi più di 430mila ebrei ungheresi.
Höss fu in seguito trasferito al campo di concentramento di Ravensbrück, a nord di Berlino, stavolta con la famiglia al seguito, che verso la fine della Seconda guerra mondiale fuggì nella Germania del nord. Hensel e i figli si nascosero sopra a una vecchia fabbrica di zucchero nel paesino di Sankt Michaelisdonn, a nord-ovest di Amburgo; Höss invece andò a lavorare come giardiniere sotto il falso nome di Franz Lang a Flensburg, vicino al confine con la Danimarca. L’intelligence inglese scoprì la sua famiglia nel marzo del 1946 e poi lui. Inizialmente Höss non ammise di essere un comandante nazista, ma poi fu costretto a farlo perché sul suo anello nuziale c’erano incisi il suo nome e quello della moglie.
Durante il processo di Norimberga contro gli ufficiali nazisti, che si svolse tra il 1945 e il 1946 e fu probabilmente il processo più famoso della storia, Höss fornì dettagli accurati sul funzionamento del campo di concentramento di Auschwitz e sui crimini commessi al suo interno. In una deposizione disse tra le altre cose che «erano state uccise e sterminate con il gas e nei forni crematori almeno 2,5 milioni di persone, mentre almeno altre 500mila erano morte per fame e malattie». Secondo la sua deposizione, questa cifra comprendeva più o meno il 70-80 per cento delle persone deportate ad Auschwitz, tra cui prigionieri di guerra russi, ebrei tedeschi e «un gran numero di cittadini (perlopiù ebrei) provenienti da Paesi Bassi, Francia, Belgio, Polonia, Ungheria, Cecoslovacchia, Grecia e altri paesi».
In un secondo momento Höss rivedette la sua dichiarazione, sostenendo che «persino Auschwitz aveva i suoi limiti quanto a capacità distruttiva»: disse di non aver mai saputo il numero totale dei morti effettivi e di non avere elementi per fare una stima precisa, che comunque quantificò in circa un milione e 130mila persone.
Nel maggio del 1946 fu estradato in Polonia, dove venne processato per omicidio e infine condannato a morte per impiccagione. Fu ucciso il 16 aprile del 1947 proprio ad Auschwitz. Hensel invece continuò a vivere in Germania con i cinque figli, fino a quando il più grande, Klaus, emigrò in Australia, e la terza, Inge-Brigitt (Brigitte), prima in Spagna e poi negli Stati Uniti. Nella sua autobiografia, scritta dopo essere stato arrestato, Höss si era definito «un ingranaggio nella grande macchina di sterminio del Terzo Reich».
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