La sentenza dell’Alabama sulla fecondazione assistita che ha fatto incartare i Repubblicani
Considera gli embrioni congelati dei «bambini» a tutti gli effetti, ed è così impopolare che perfino Donald Trump l'ha criticata
Venerdì durante un comizio a Rock Hill, nello stato americano del South Carolina, l’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha preso posizione contro la discussa sentenza con cui, la scorsa settimana, la Corte Suprema dell’Alabama aveva stabilito che gli embrioni congelati dopo la fecondazione in vitro (cioè quella in cui ovulo e spermatozoo vengono uniti in laboratorio) sono da considerare dei «bambini» a tutti gli effetti, e che la loro distruzione può essere punita con le pene previste dalla legge dello stato sull’omicidio colposo di minori.
Trump ha chiesto al Congresso dell’Alabama di «agire rapidamente» per proteggere la fecondazione in vitro e ha detto che questa pratica dovrebbe essere legale in tutti gli stati americani, dato che l’obiettivo dei Repubblicani è «rendere più facile per madri e padri avere figli, non il contrario». La posizione di Trump mostra le difficoltà crescenti del Partito repubblicano davanti a politiche – come le restrizioni alla fecondazione assistita e al diritto all’aborto – che teoricamente farebbero parte della sua linea politica, ma che sono sempre più impopolari anche tra gli elettori conservatori.
Altri membri del Partito Repubblicano hanno criticato la sentenza della Corte Suprema dell’Alabama, come la candidata repubblicana al Senato dell’Arizona Kari Lake e il governatore del Tennessee, Bill Lee. Anche Nikki Haley, rimasta l’unica avversaria di Trump alle primarie repubblicane dopo i ritiri di Ron DeSantis e Vivek Ramaswamy, ha mostrato una certa ritrosia a sostenere pubblicamente la decisione della Corte. Mercoledì aveva detto di considerare gli embrioni dei bambini a tutti gli effetti, ma poi aveva ammorbidito le sue posizioni chiedendo all’Alabama di «tornare indietro».
Le incertezze dei Repubblicani sul tema rappresentano un cambiamento notevole rispetto alla linea che il partito ha tenuto negli ultimi anni, che è sempre stata piuttosto intransigente nei confronti delle tecniche che permettono di avere figli a chi non può averli in modo spontaneo.
Diversi media hanno notato come le aperture dei Repubblicani verso la fecondazione in vitro siano un tentativo di assecondare un’opinione pubblica statunitense sempre più favorevole alle tecniche di procreazione assistita: secondo i dirigenti del Partito esporsi pubblicamente contro questa pratica potrebbe rappresentare un rischio per le prossime elezioni e allontanare categorie di elettori direttamente coinvolte.
Venerdì Jason Thielman, direttore del National Republican Senatorial Committee, aveva inviato una nota in cui chiedeva ai candidati repubblicani al Senato di «allinearsi allo straordinario sostegno» dei cittadini statunitensi «alla fecondazione in vitro e ai trattamenti per la fertilità».
Tra le altre cose, la nota citava una ricerca svolta da Kellyanne Conway, sondaggista repubblicana ed ex consigliera dell’amministrazione Trump, secondo cui l’85 per cento dei cittadini statunitensi sostiene l’ampliamento dell’accesso alle procedure e ai servizi legati alla fertilità. I dati diffusi da Conway mostravano che la fecondazione in vitro è largamente sostenuta da segmenti elettorali molto importanti per i Repubblicani, come per esempio gli evangelici.
La nota di Thielman suggeriva anche il linguaggio da utilizzare per opporsi alle restrizioni, e raccomandava ai candidati di sostenere la pratica facendo leva sull’argomento della fertilità, per esempio parlando della fecondazione in vitro come una «benedizione per chi cerca di avere figli».
La posizione del Partito è aggravata dal fatto che i giudici della Corte Suprema dell’Alabama sono tutti Repubblicani, e che la sentenza sta già avendo conseguenze piuttosto concrete: dopo la decisione tre cliniche dello stato hanno sospeso i loro servizi per il timore di ripercussioni legali.
Parlando delle difficoltà del Partito Terry Schilling, presidente dell’American Principles Project, un think tank di destra, ha detto a Politico che i Repubblicani «dovrebbero proporre ciò in cui realmente credono, sostengono e rappresentano», anche perché un cambio di posizione troppo netto potrebbe essere sfruttato a proprio vantaggio dai Democratici, offrendo loro delle giustificazioni per accusarli di incoerenza durante la prossima campagna elettorale.