Gli Stati Uniti e l’Unione europea hanno annunciato una serie di sanzioni contro la Russia per la morte di Navalny
Venerdì il presidente statunitense Joe Biden ha annunciato una serie di sanzioni contro circa 100 persone e aziende russe, in reazione alla morte del leader dell’opposizione russa Alexei Navalny, per cui Biden e gli Stati Uniti – insieme a molti altri governi e analisti internazionali indipendenti – ritengono responsabile il regime russo di Vladimir Putin. Navalny è morto la settimana scorsa in una remotissima prigione di massima sicurezza in Siberia, in circostanze che finora la Russia non ha sufficientemente spiegato. Non è però ancora chiaro quali settori o persone l’amministrazione di Biden intenda punire con le nuove sanzioni.
Biden ha detto genericamente che le sanzioni avranno come obiettivi persone legate in modo diretto alla detenzione di Navalny e al settore bellico russo, e che dovrebbero «garantire» che il presidente russo Vladimir Putin «paghi un prezzo ancora più alto per la sua aggressività verso paesi stranieri e la repressione del dissenso sul fronte interno». Biden aveva già detto chiaramente di non avere dubbi sul fatto che Putin sia direttamente responsabile per la morte di Navalny.
Sempre venerdì anche l’Unione europea ha annunciato che sanzionerà quasi 200 aziende e persone accusate di aiutare la Russia a procurarsi armi per continuare a combattere la guerra in Ucraina. Nella lista ci sono il ministro della Difesa della Corea del Nord e dieci aziende e persone russe coinvolte nell’invio di armamenti nordcoreani in Russia: in base alle sanzioni, è stato ordinato il congelamento dei loro beni e vietato l’ingresso nell’Unione europea. Il ministero degli Esteri russo ha risposto dicendo che amplierà a sua volta l’elenco di funzionari e politici europei a cui è vietato l’ingresso in Russia.
L’utilità e l’efficacia delle sanzioni, al di là del loro valore simbolico, è da anni molto discussa e tutt’altro che scontata: di recente, per esempio, la Commissione europea ha mandato una lettera ai paesi membri in cui lascia intendere che molte aziende europee continuano a vendere merce proibita alla Russia, tra cui proprio forniture tecnologiche o militari che la Russia usa sul campo di battaglia contro l’esercito ucraino.
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