La situazione degli aiuti a Gaza è quasi al collasso
Nel nord della Striscia le consegne di aiuti sono bloccate e al sud ne arrivano sempre meno, anche a causa degli attacchi israeliani sui poliziotti che dovrebbero proteggere i camion
Negli ultimi giorni le consegne di aiuti umanitari nella Striscia di Gaza, tanto al nord quanto al sud, si sono quasi fermate, e questo sta aumentando la disperazione e i casi di malnutrizione tra la popolazione civile. Il motivo è che è diventato impossibile mantenere l’ordine: i camion con gli aiuti non riescono a raggiungere le loro destinazioni perché sono assaltati da bande armate o più banalmente da persone affamate e disperate.
Secondo vari funzionari internazionali che si occupano degli aiuti umanitari, questo avviene perché nelle ultime settimane l’esercito israeliano ha bombardato le postazioni della polizia di Gaza che dovrebbe proteggere i convogli umanitari, provocandone il ritiro. Senza nessuno che protegga i camion, la consegna degli aiuti è quasi impossibile. Israele nega le accuse e sostiene che i poliziotti colpiti facessero parte di Hamas.
Questa settimana nel nord della Striscia, cioè la parte di territorio dove il grosso degli attacchi dell’esercito israeliano è già stato compiuto, il Programma alimentare mondiale (PAM), l’agenzia dell’ONU che si occupa dell’assistenza alimentare, ha deciso di sospendere il suo piano di aiuti alimentari perché era ormai impossibile proteggere i camion con gli aiuti. Anche per questo giovedì il governo britannico per la prima volta ha paracadutato aiuti umanitari in questa zona.
Nel sud, dove il grosso della popolazione di Gaza si è rifugiata per scappare dall’invasione israeliana e dove i combattimenti sono ancora in corso, la situazione è ancora più paradossale. In teoria ci sarebbero due varchi aperti, controllati da Israele e dall’Egitto, attraverso i quali Israele si era impegnato a far entrare 200 camion di aiuti umanitari al giorno. I varchi sono quelli di Rafah e di Kerem Shalom. Prima dell’inizio della guerra, i camion di generi alimentari e altri beni che entravano ogni giorno a Gaza erano in media 500.
Da giorni l’ingresso dei camion si è ridotto notevolmente e in alcuni casi si è praticamente fermato. Secondo calcoli del Washington Post, nelle scorse due settimane erano entrati nella Striscia 62 camion al giorno in media, contro i 200 promessi. Nell’ultima settimana, poi, ci sono stati ben due giorni in cui sono entrati appena quattro camion, e un giorno (il 19 febbraio) in cui non ne è entrato nessuno.
Attualmente di fronte al varco di Kerem Shalom ci sono 450 camion pieni di aiuti umanitari in attesa di entrare.
La ragione principale dei ritardi sono ancora gli assalti: dopo poche centinaia di metri oltre il varco per entrare nella Striscia di Gaza i camion vengono circondati da persone armate di pistole, coltelli o taglierini, o anche disarmate, che portano via il carico di cibo, farina, acqua in bottiglia. I convogli dovrebbero essere protetti dalla polizia di Gaza, ma a partire dall’inizio di febbraio l’esercito israeliano ha compiuto vari attacchi contro le postazioni degli agenti incaricati di proteggere i camion, uccidendo vari poliziotti, che dunque si sono ritirati e hanno lasciato i convogli umanitari sguarniti.
Footage sent to Sky News shows looting hotspots in Gaza.
Aid trucks are being attacked through the Philadelphi Corridor near the Egypt-Gaza border 🔗 https://t.co/PbW79ulBxz pic.twitter.com/ZUNYT33h1d
— Sky News (@SkyNews) February 22, 2024
David Satterfield, l’ambasciatore nominato dal governo americano per coordinare la consegna di aiuti, ha detto che «da quando la polizia si è ritirata è diventato praticamente impossibile per l’ONU o per chiunque altro portare assistenza a Gaza in sicurezza, a causa delle bande criminali».
L’esercito israeliano sostiene che gli attacchi erano rivolti a uomini di Hamas, ed effettivamente è plausibile che un buon numero di poliziotti della Striscia di Gaza sia affiliato al gruppo, che prima dell’inizio della guerra governava il territorio. Ma, come ha detto Satterfield, nella polizia ci sono anche molti elementi che non hanno affiliazioni politiche o che fanno parte di Fatah, il partito palestinese più moderato che governava la Striscia fino al 2007. Inoltre è difficile che all’esercito potesse sfuggire il fatto che colpire le forze di polizia che si occupano della protezione dei convogli umanitari avrebbe messo a rischio le consegne.
A questo si aggiungono altri due problemi: anzitutto, ormai da una quindicina di giorni davanti al varco di Kerem Shalom si è radunato un gruppo di manifestanti israeliani estremisti che cerca di bloccare i camion in ingresso a Gaza. I manifestanti non vogliono che nessun aiuto umanitario entri a Gaza finché Hamas non avrà liberato tutti gli ostaggi israeliani, e hanno cercato più volte di impedire fisicamente il passaggio dei mezzi.
Inoltre in questi giorni sono usciti alcuni resoconti credibili (tra cui uno verificato da CNN con documenti e immagini satellitari) secondo cui l’esercito israeliano non si sarebbe limitato a bombardare i poliziotti di Gaza che proteggono i camion, ma in alcune occasioni avrebbe colpito i camion stessi.
#Gaza this morning a food convoy waiting to move into Northern Gaza was hit by Israeli naval gunfire – thankfully no one was injured@UNRWA pic.twitter.com/1kvShgX6MG
— Thomas White (@TomWhiteGaza) February 5, 2024
Il forte rallentamento degli aiuti ha provocato un aumento della fame e della disperazione tra la popolazione civile di Gaza, la cui situazione era già terrificante. Nel nord della Striscia attualmente il 15,6 per cento dei bambini con meno di due anni è gravemente malnutrito; nel sud, dove ancora almeno un po’ di aiuti arrivano, il 5 per cento.