Un mese in cui il parlamento ha dimostrato la sua crescente irrilevanza
Camera e Senato nelle ultime settimane hanno discusso prevalentemente provvedimenti inutili e propagandistici: dai premi per cuochi e agricoltori fino alla mototerapia (eh?)
Mercoledì, poco dopo mezzogiorno, la Camera ha approvato con 129 voti favorevoli, 5 contrari e 90 astenuti la proposta di legge per il riconoscimento della mototerapia, o freestyle motocross therapy, «quale terapia per rendere più positiva l’esperienza dell’ospedalizzazione, per contribuire al percorso riabilitativo dei pazienti e per accrescere l’autonomia, il benessere psicofisico e l’inclusione dei bambini, dei ragazzi e degli adulti con disabilità». La proposta di legge era del deputato della Lega Massimiliano Panizzut ed è stata sostenuta da tutti i gruppi di maggioranza della destra.
La mototerapia consiste nell’organizzare esibizioni di motocross negli ospedali per bambini e ragazzi con disabilità o affetti da gravi patologie, all’aperto ma anche dentro agli edifici. Ai pazienti viene data la possibilità «di salire in sella a una moto (a trazione elettrica, in caso di ingresso negli ospedali) per vivere un’esperienza nuova, sotto il controllo di un pilota esperto». Sulla sua efficacia scientifica non ci sono grandi studi, al momento. La proposta si basa su un’indagine sperimentale del 2019 fatta dall’ospedale Regina Margherita di Torino su cinquanta pazienti, i cui risultati sono stati poi pubblicati dallo European Journal of Integrative Medicine.
Negli stessi minuti in cui si discuteva questa proposta di legge, l’ufficio stampa del leader della Lega Matteo Salvini diffondeva un comunicato per celebrare un altro risultato:
Approvato in via definitiva in Senato il disegno di legge della Lega per l’istituzione della figura dell’agricoltore come custode del territorio. Riconosciamo finalmente il lavoro di centinaia di uomini e donne che tutelano il paesaggio, contrastano lo spopolamento, proteggono l’ambiente dai disastri naturali. La legge istituisce anche la Giornata nazionale dell’agricoltura.
La proposta di legge, voluta dal senatore leghista Giorgio Bergesio, era stata approvata in Senato nel luglio scorso e poi modificata dalla Camera il 7 febbraio. È stato dunque necessario un nuovo passaggio nella commissione Agricoltura del Senato per convalidarla definitivamente.
La legge non fa altro che dare a regioni e comuni la facoltà, ma senza alcun obbligo, di «promuovere la diffusione della figura dell’agricoltore custode dell’ambiente», tramite l’istituzione di premi e l’organizzazione di iniziative varie per «valorizzarne il ruolo sociale». Gli agricoltori che ne avessero desiderio, possono chiedere di essere iscritti «in un apposito elenco da istituire presso i dipartimenti competenti in materia di agricoltura delle regioni», senza che questo comporti però alcun vantaggio pratico. La Giornata nazionale dell’agricoltura invece avrà il «fine di far conoscere il ruolo fondamentale dell’agricoltura, che nelle sue fasi di semina, cura, attesa e raccolto incarna l’essenza della vita».
Sarà la seconda domenica di novembre, e in quell’occasione la Rai «può dedicare spazi ai temi connessi» all’agricoltura. Viene infine istituito «un premio al merito» chiamato De agri cultura, che verrà riconosciuto «agli agricoltori che si sono distinti per aver prodotto beni di elevata qualità o per l’impiego di strumenti di innovazione tecnologica in agricoltura». Il valore complessivo del premio è di 20mila euro l’anno, che andranno presi da altri fondi gestiti dal ministero dell’Agricoltura.
Tutte queste misure, non proprio centrali per la vita del paese, non sono le uniche di cui si è occupato il parlamento, e in particolare la Camera, nell’ultimo mese. La ricorrenza maggiore di lunghe discussioni su proposte di legge meno rilevanti è sintomo però di una progressiva – e ormai molto nota e raccontata – perdita di centralità del parlamento nel processo di formazione e approvazione delle leggi (ci arriviamo).
Tra il 15 e il 31 gennaio l’aula di Montecitorio ha dedicato molte ore alla discussione e all’approvazione di una proposta di legge voluta dal ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida per istituire il premio annuale “Maestro dell’arte della cucina italiana”, che verrà assegnato direttamente dalla presidente del Consiglio «ai cittadini italiani che si siano in maniera encomiabile distinti nel campo della gastronomia», e per il quale sono stanziati 2mila euro all’anno.
Tra il 5 e l’8 febbraio l’aula della Camera ha discusso una proposta di legge avanzata congiuntamente da Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia e già approvata in Senato per potenziare «la promozione della conoscenza della tragedia delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata nelle giovani generazioni». La proposta prevede tra l’altro che il ministero dell’Università indica ogni anno «un concorso nazionale» tra studenti e dottorandi di varie facoltà (architettura, design, beni culturali, ingegneria eccetera), «finalizzato a premiare il progetto più meritevole per la realizzazione di un’installazione temporanea, opera d’arte in qualsiasi forma espressiva, da esporre per la durata di un anno in occasione del Giorno del ricordo in un capoluogo di regione, differente ogni anno».
Nel cosiddetto “Giorno del ricordo”, istituito nel 2004 da uno dei governi di Berlusconi, si commemorano i morti sul confine orientale italiano alla fine della Seconda guerra mondiale, tra il 1943 e il 1945, e la successiva emigrazione forzata delle persone di nazionalità e lingua italiana da quelle zone. Per finanziare l’iniziativa del ministero dell’Università verranno spostati 200mila euro attualmente stanziati in altri fondi.
Al ministero dell’Istruzione, invece, viene istituito un fondo da 1 milione di euro all’anno per il 2023, 2024 e 2025, per incentivare i «viaggi del ricordo nei luoghi delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata e nelle terre di origine degli esuli», a cui parteciperanno gli studenti delle scuole superiori, «al fine di far maturare la coscienza civica delle nuove generazioni». Approvato dall’aula della Camera il 9 febbraio, il testo è tornato in Senato per la terza e definitiva lettura. Un’iniziativa simile è in discussione alla Camera in questi giorni: nasce da una proposta di legge del capogruppo di Forza Italia al Senato Maurizio Gasparri e prevede «l’istituzione della Giornata dell’Unità nazionale e delle Forze armate», il 4 novembre (già celebrata ma non ufficialmente).
– Leggi anche: Cosa furono le foibe
Sempre in tema di memoria, martedì 20 febbraio la Camera ha approvato con 234 voti favorevoli e nessun contrario una proposta di legge del leghista Virginio Caparvi e fortemente sostenuta anche da Federico Mollicone di Fratelli d’Italia per introdurre «nuove disposizioni in materia di manifestazioni di rievocazione storica». L’obiettivo dell’iniziativa, si legge nella presentazione della norma, è «di offrire un punto di riferimento e di promozione a livello nazionale per le rievocazioni storiche», cioè tutte quelle rappresentazioni di fatti più o meno rilevanti del passato (per esempio la fondazione di una città, il combattimento di una battaglia, la celebrazione di un rito).
Non è una novità assoluta: esiste già un fondo nazionale al ministero della Cultura per finanziare queste iniziative, e regioni ed enti locali hanno già avviato interventi in questo senso un po’ in tutta Italia. Questa proposta rende però tutto più strutturato, aumentando le dotazioni del fondo e istituendo anche un comitato di 15 esperti sotto la guida del ministero della Cultura che vagliano le proposte ed esprimono un parere per stabilire quali possano essere meritevoli dell’attribuzione di un apposito «logo “Rievocazione storia italiana”». Il riconoscimento però potrà essere riservato solo a quelle manifestazioni che rispettano alcuni parametri, come per esempio quello di essere «caratterizzate da pratiche performative, come l’uso di abiti storici, particolari discipline del corpo […], l’organizzazione di eventi, palii, feste, giostre, tornei, gare, giochi storici e altre forme di spettacolo, narrazione storica e socialità». La proposta è stata trasmessa al Senato, che la discuterà nei prossimi mesi.
Il lavoro dei parlamentari in questo ultimo mese non si esaurisce con queste proposte tutto sommato marginali. Nelle aule di Camera e Senato sono stati discussi e votati alcuni provvedimenti importanti (sulla riforma della giustizia, sul sostegno militare all’Ucraina), altri meno decisivi sul piano pratico ma comunque rilevanti sul piano politico (l’istituzione della Commissione d’inchiesta sulla gestione della pandemia di Covid); e le varie commissioni parlamentari hanno seguitato a lavorare su molte materie.
Su questi temi decisivi, però, sempre più spesso è il governo a intervenire con decreti-legge, che hanno caratteri di urgenza sempre meno definiti e riguardano i temi più disparati, e che il parlamento è di fatto costretto ad approvare entro sessanta giorni. Sull’importante decreto “Milleproroghe”, per esempio, approvato dal Consiglio dei ministri il 30 dicembre, la Camera ha dovuto lavorare in maniera convulsa, aspettando che fosse di fatto il governo a riscrivere parti del provvedimento e ad acconsentire a ulteriori modifiche, per poi lasciare pochissimo spazio per il dibattito in aula e porre la questione di fiducia, cioè costringendo l’assemblea dei deputati a votare entro una data certa senza proporre modifiche.
Nel complesso è una tendenza che si è andata consolidando negli ultimi quindici anni, indipendentemente dall’orientamento politico del governo, e che è stata più volte criticata anche dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Come altri prima di lei, Giorgia Meloni ha dimostrato una certa incoerenza, al riguardo: criticava duramente la decretazione d’urgenza quando era all’opposizione, ma il suo governo la usa come e anzi più di quelli che l’hanno preceduto. Non a caso, per stare solo a questo inizio di 2024, è stato il governo a legiferare con decreti, tra le altre cose, sulla crisi delle imprese strategiche come l’ex ILVA di Taranto e sul loro indotto, sulla realizzazione delle infrastrutture necessarie per lo svolgimento del G7 di cui l’Italia detiene nel 2024 la presidenza di turno e per le Olimpiadi invernali di Milano e Cortina del 2026. Il Consiglio dei ministri ha approvato 5 decreti-legge in due settimane, tra il 18 gennaio e il 5 febbraio.
A questa anomalia ormai strutturale nel rapporto tra governo e parlamento si aggiungono poi i partiti in rincorsa per la campagna elettorale in vista delle europee di giugno. Di solito, i mesi che precedono un’elezione importante vengono sfruttati dalle forze politiche di maggioranza per promuovere provvedimenti di grande impatto economico: per restare alle europee, nel 2014 il governo di Matteo Renzi approvò la norma sugli 80 euro, nel 2019 il governo di Giuseppe Conte inaugurò il reddito di cittadinanza, entrambi in ottica elettorale. Stavolta, invece, le risorse sono limitate e per fare questo tipo di interventi non ci sono soldi. Anche per questo i partiti di maggioranza hanno deciso di puntare più che altro su provvedimenti dal valore identitario e simbolico.