Le concessioni del governo sul Superbonus
È stata introdotta una sanatoria per chi non ha completato la ristrutturazione entro il 2023, e un sostegno economico per le famiglie più povere che avevano già avviato lavori
Martedì sera il Senato ha approvato definitivamente il decreto-legge sul Superbonus che era stato introdotto dal governo alla fine dello scorso dicembre: il parlamento aveva 60 giorni di tempo per convertirlo in legge, come per tutti i decreti-legge, e alla Camera era già stato approvato.
Il cosiddetto Superbonus è la cospicua agevolazione fiscale garantita dallo Stato per gli interventi di ristrutturazione edilizia che migliorano l’efficienza energetica di case e condomìni. La nuova legge prevede soprattutto una sanatoria che permetterà a chi non aveva completato i lavori entro il 2023, come avrebbe dovuto, di non restituire gli incentivi economici già ricevuti. È stato anche introdotto un sostegno alle famiglie con redditi bassi che avevano già avviato lavori con gli incentivi del Superbonus.
Il Superbonus è in vigore da maggio del 2020 e fino alla fine del 2022 prevedeva un rimborso del 110 per cento delle spese sostenute per i lavori. Per chi ha fatto domanda nel 2023 il rimborso è invece del 90 per cento, e dal 2024 è sceso ulteriormente al 70 per cento. Inizialmente poteva essere riscosso in tre diversi modi. Il primo, il più lineare e sicuro, era la detrazione fiscale per i proprietari delle case che pagavano i lavori di tasca propria: i rimborsi venivano fatti dallo Stato detraendo gli importi dalle tasse dovute negli anni successivi.
Gli altri due modi erano legati alla cosiddetta cessione del credito. Uno era lo sconto in fattura applicato dai fornitori e dalle imprese: chi faceva i lavori si accollava il credito fiscale dei proprietari per recuperarlo successivamente dallo Stato sotto forma di detrazione fiscale. L’altro era la cessione del credito di imposta: si poteva trasferire la detrazione fiscale ad altre imprese, banche, enti o professionisti. Attualmente la riscossione è rimasta possibile solo attraverso il primo modo. Gli altri due sono stati cancellati da un decreto-legge approvato lo scorso febbraio.
Il mercato dei crediti era il meccanismo che aveva incentivato fortemente l’apertura di cantieri, e le modifiche introdotte in corsa dal governo avevano impedito a molte persone di fare i lavori perché non potevano anticipare i soldi di tasca propria, l’unico metodo rimasto per accedere all’agevolazione. Oltre a essere un problema per i beneficiari lo era anche per le aziende edili che avevano già iniziato i lavori facendo affidamento sulla cessione del credito, e molte sono state costrette ad abbandonare i cantieri per l’impossibilità di pagare gli stipendi. Si erano così aperti anche molti contenziosi tra le persone che avevano commissionato i lavori e le imprese che avrebbero dovuto realizzarli.
Con la nuova legge il governo permette a chi aveva chiesto il Superbonus al 110 o al 90 per cento con la cessione del credito di imposta o con lo sconto in fattura di mantenere l’agevolazione, anche se i lavori non sono stati completati entro la fine del 2023 e anche se non hanno effettivamente migliorato l’efficienza energetica dell’abitazione. La misura era già stata molto criticata dall’ANCE, l’Associazione nazionale costruttori edili, perché non impone di terminare i lavori entro un certo periodo: secondo l’ANCE in questo modo viene incentivato l’abbandono dei cantieri e non si risolveranno i contenziosi tra privati e imprese edili.
Oltre alla sanatoria, la legge introduce un sostegno economico per le famiglie con un ISEE inferiore a 15mila euro che non sono riuscite a concludere la ristrutturazione iniziata con il Superbonus entro il 31 dicembre 2023, ma che hanno già svolto almeno il 60 per cento dei lavori. Il governo coprirà le spese sostenute da queste famiglie dal primo gennaio al 31 ottobre del 2024: per ora è stato stanziato un fondo da 16 milioni di euro, ma potrebbe essere aumentato.