Yulia Navalnaya vuole cambiare
La vedova del dissidente russo Alexei Navalny ha detto di voler iniziare a fare politica attiva, dopo avere scelto per anni di restare ai margini: la sua popolarità potrebbe aiutarla
Per anni Yulia Navalnaya, la vedova del dissidente russo Alexei Navalny e più volte definita la “first lady” dell’opposizione russa, non ha mai voluto assumere un ruolo politico di rilievo, nonostante le numerose pressioni provenienti dai critici del regime di Vladimir Putin. Lunedì, dopo la morte del marito avvenuta in circostanze ancora poco chiare in una prigione di massima sicurezza in Siberia, ha annunciato però di avere cambiato idea. Ha detto di voler «continuare a lottare» e ha aggiunto: «Uccidendo Alexei, Putin ha ucciso metà di me, metà del mio cuore e della mia anima. Ma ho ancora la parte restante, e mi dice che non ho il diritto di arrendermi» (lei, così come molti altri critici di Putin, ha direttamente accusato il presidente russo della morte di Navalny).
Nonostante la sua volontà di non impegnarsi direttamente in politica, Navalnaya era già stata oggetto dell’attenzione di giornalisti e analisti russi e internazionali, che avevano sottolineato più volte il suo ruolo svolto per sostenere il marito nella sua attività di opposizione a Putin. Michael McFaul, ex ambasciatore statunitense in Russia, aveva detto di lei anni fa al canale televisivo NBC: «Yulia Navalnaya è di solidi principi e senza paura, condivide le convinzioni di Navalny, ha il suo stesso coraggio».
Navalnaya ha 47 anni, è nata a Mosca il 26 luglio del 1976 come Yulia Borisovna Abrosimova. Suo padre era uno scienziato, sua madre lavorava al Comitato statale per la pianificazione, più conosciuto come Gosplan, l’agenzia che si occupava dei piani economici dell’Unione Sovietica. Quando aveva 11 anni, i genitori divorziarono: restò a vivere con la madre e il nuovo compagno, un collega al Gosplan, in un appartamento di uno dei grattacieli della zona del villaggio olimpico di Mosca, un quartiere da classe media. Studiò Economia all’università e lavorò per un periodo nel settore economico.
Conobbe Alexei Navalny nel 1998 in un villaggio turistico in Turchia: lui allora era un avvocato specializzato in diritto aziendale.
Si sposarono nel 2000, ebbero la prima figlia Dasha nel 2001 e il secondo, Zakhar, nel 2008. Già dopo la prima gravidanza Navalnaya lasciò il lavoro per occuparsi della famiglia.
Nei primi tempi della carriera politica e giornalistica di Navalny, Navalnaya gli fece da addetta stampa e ne curò la comunicazione, oltre a essere l’ultima persona a rileggere tutto ciò che Navalny scriveva. Insieme a lui, fra il 2000 e il 2011 fece parte del partito liberale e nazionalista Yabloko, uscendone quando Navalny ne fu espulso. Da allora e fino a oggi ha mantenuto un ruolo di secondo piano: anche a causa della crescente aggressività e violenza del regime di Putin nei confronti dei suoi oppositori disse di ritenere che il suo «compito principale» fosse quello di garantire che la sua famiglia fosse il più possibile «una famiglia normale».
Fuori dalla Russia, e fuori dal gruppo degli addetti ai lavori che si occupava di politica russa, Navalnaya rimase poco conosciuta fino al 2020, quando Navalny venne avvelenato in Siberia e ricoverato nella città russa di Omsk sempre in Siberia: varie indagini successive dimostrarono in maniera piuttosto credibile che fu avvelenato da agenti dell’FSB, i servizi di sicurezza interni della Russia. In quell’occasione Navalnaya ebbe un ruolo centrale nell’ottenere che il marito venisse trasferito in Germania per essere curato: era lei ad aggiornare i giornalisti sulle condizioni di salute del marito e fu allora che divenne nota in mezzo mondo.
Durante tutto il periodo della convalescenza, scrissero diverse testate internazionali, mostrò risolutezza e un grande controllo delle emozioni. Tenne fede a una cosa che disse pubblicamente nel 2013, dopo la prima vera condanna del marito in un tribunale russo: «Quei bastardi non vedranno mai le nostre lacrime».
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Dopo l’avvelenamento, Navalny decise di tornare in Russia e fu immediatamente arrestato. Navalnaya partecipò a un paio di manifestazioni di protesta e fu arrestata per alcune ore in due occasioni. Anche allora, però, rifiutò di iniziare a fare attivamente politica, come le chiedevano in molti, dicendosi convinta che «tutto si sarebbe concluso per il meglio e che Navalny sarebbe stato il presidente eletto democraticamente dai russi».
A chiederle di entrare in politica fu per esempio Svetlana Tikhanovskaya, moglie del dissidente bielorusso Sergei Tikhanovsky. Nel 2020 Tikhanovskaya guidò un grande movimento di protesta e si candidò alle elezioni presidenziali diventando la principale rivale del dittatore Alexander Lukashenko. Alla fine Lukashensko mantenne il potere, nonostante le accuse di brogli, e Tikhanovskaya fu condannata a 15 anni di prigione per cospirazione. Oggi vive in esilio in Lituania. Navalnaya e Tikhanovskaya si sono incontrate a Monaco già venerdì, poche ore dopo l’annuncio della morte di Navalny.
Le attenzioni internazionali causarono anche molti attacchi contro Navalnaya soprattutto da parte dei media controllati dal regime. Navalnaya fu accusata di relazioni extraconiugali e di avere una seconda cittadinanza tedesca. Si scrisse anche che il padre era stato in realtà un agente del KGB: tutte queste presunte “notizie” si rivelarono false.
Negli ultimi anni presenziò a tutti i processi del marito. Pubblicamente si mostrò quasi sempre ottimista, ma in un’intervista data al giornalista bulgaro Christo Grozev, del sito investigativo Bellingcat, disse: «Credo che non ci siano possibilità che facciano mai uscire Alexei. Resterà in carcere per molto tempo». Da tempo si esprimeva in generale con toni molto più arrabbiati di quelli usati dal marito, che invece era noto per usare spesso un registro ironico e sarcastico, nonostante si trovasse in carcere. Navalny scherzando diceva spesso che lei aveva «le idee politiche più radicali in famiglia».
Dopo l’annuncio di lunedì, la stampa di regime in Russia ha iniziato a descriverla come una donna manovrata dalle forze occidentali, sottolineando soprattutto il fatto che lei e i due figli vivano ormai all’estero. Dasha frequenta il college a Stanford, negli Stati Uniti, mentre Zachar è iscritto a una scuola in Germania, dove anche Navalnaya risiede per gran parte dell’anno da quando Navalny fu ricoverato a Berlino dopo l’avvelenamento.
In un’opposizione russa ormai praticamente cancellata da molti anni di brutale repressione, Navalnaya potrebbe assumere rapidamente un ruolo centrale tra i dissidenti del presidente. Attualmente non può però ritornare in Russia senza il rischio di essere arrestata. Già lo scorso giugno, in occasione di una udienza del marito, il sito Russia Today, di proprietà statale, citò una fonte nelle forze dell’ordine che sosteneva che Navalnaya avrebbe potuto essere arrestata per “sostegno a una organizzazione estremista”.
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