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  • Lunedì 19 febbraio 2024

L’invasione israeliana di Rafah potrebbe cominciare entro il 10 marzo

Il primo giorno del Ramadan, a meno che Hamas acconsenta a rilasciare gli ostaggi entro quella data: raggiungere un accordo sarà difficile

(Ahmad Hasaballah/Getty Images)
(Ahmad Hasaballah/Getty Images)
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Domenica Benny Gantz, un membro del “gabinetto di guerra” creato a ottobre dal governo di Israele, ha detto che le truppe israeliane cominceranno l’invasione di Rafah entro l’inizio del Ramadan, il mese sacro del calendario islamico, che quest’anno comincia domenica 10 marzo: «Il mondo deve sapere, e i capi di Hamas devono sapere: se entro il Ramadan i nostri ostaggi non saranno tornati a casa i combattimenti continueranno ovunque, compresa l’area di Rafah», ha detto.

Rafah è una delle città principali del sud della Striscia di Gaza, ed è l’unica che ancora non è stata attaccata via terra da Israele. Da ottobre, quando sono iniziati i bombardamenti dell’esercito israeliano sulle città della Striscia di Gaza che hanno causato 30mila morti, quasi un milione e mezzo di persone ha lasciato le altre città per spostarsi a sud, al confine con l’Egitto, in una zona che lo stesso esercito aveva definito sicura. In poche settimane a Rafah sono state costruite tendopoli e accampamenti.

Nelle ultime settimane Israele aveva annunciato l’intenzione di invadere anche Rafah, sostenendo che la città fosse usata come base operativa di Hamas, e ha ora ribadito di voler andare avanti con i combattimenti nonostante i tanti appelli arrivati dalla comunità internazionale per abbandonare i piani e salvaguardare i civili. Gantz ha detto che Israele continuerà a collaborare con gli Stati Uniti e l’Egitto per evacuare i civili, anche se non è chiaro dove questi potranno andare, dato che non esistono più destinazioni sicure all’interno della Striscia.

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«Per tutti coloro che credono che il prezzo [dell’attacco] sarebbe troppo alto, lo dico chiaramente: Hamas ha la possibilità di scegliere, possono arrendersi e rilasciare gli ostaggi, e i cittadini di Gaza potranno celebrare il Ramadan», ha detto Gantz. Sabato Netanyahu aveva detto che coloro che chiedevano di rinunciare ad attaccare Rafah stavano sostanzialmente chiedendo a Israele di «perdere la guerra» contro Hamas.

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Trovare un eventuale accordo entro il 10 marzo non sarà facile. Nelle ultime settimane sono proseguite le negoziazioni tra Stati Uniti, Israele, Egitto e Qatar per un cessate il fuoco, ma finora non sono stati fatti passi avanti e anche i negoziatori hanno riconosciuto che le discussioni hanno raggiunto un punto di stallo.

Nel fine settimana l’emiro del Qatar, Tamim bin Hamad Al Thani, è intervenuto durante una conferenza internazionale sulla sicurezza che si è svolta a Monaco di Baviera, in Germania: ha detto che «le dinamiche che abbiamo visto negli ultimi giorni non sono molto promettenti», ma ha aggiunto di «rimanere ottimista».

L’ultimo giro di negoziazioni si è svolto al Cairo, in Egitto. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu aveva acconsentito a inviare alcuni delegati, come richiesto dagli Stati Uniti, ma ha poi definito le richieste di Hamas «deliranti» e ha ribadito che Israele non cederà agli «ordini» della comunità internazionale riguardo alla creazione di uno stato palestinese autonomo.

Uno dei punti più discussi di un possibile accordo sono le condizioni per il rilascio degli oltre 100 ostaggi di Hamas ancora presenti nella Striscia di Gaza: per la loro liberazione il gruppo richiede il ritiro completo delle truppe israeliane dalla Striscia e la liberazione di alcune centinaia di prigionieri palestinesi detenuti in Israele. Netanyahu ha sempre detto che la guerra finirà solo con la completa «distruzione» di Hamas, e quindi qualsiasi risultato diverso sarebbe percepito come una sconfitta.

A inizio febbraio Hamas aveva rifiutato una proposta di cessate il fuoco elaborata dai rappresentanti diplomatici israeliani, qatarioti, statunitensi ed egiziani. Il gruppo aveva fatto una sua controproposta che prevedeva, tra le altre cose, una tregua di 135 giorni nella Striscia e il ritiro completo delle truppe israeliane. Netanyahu aveva rifiutato l’accordo.

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