La politica europea non riesce a fare a meno di TikTok
Il Parlamento Europeo ha detto che aprirà un account ufficiale in vista delle elezioni e molti politici sono già iscritti, nonostante l'Unione abbia vietato l'app sui telefoni di lavoro del suo personale
A inizio febbraio la Direzione generale della comunicazione del Parlamento Europeo ha detto che creerà un account istituzionale su TikTok in vista della campagna elettorale per le elezioni europee, che si terranno all’inizio di giugno. La sua presenza sull’app servirà a «combattere la disinformazione e farsi sentire», ma per farlo non verranno usati i telefoni di lavoro dei dipendenti del Parlamento. TikTok è vietato su tutti i dispositivi di lavoro dello staff dell’Unione Europea da circa un anno, per motivi di sicurezza legati al fatto che l’app appartiene a una società cinese, ma negli ultimi anni è diventato uno strumento sempre più utilizzato dai politici.
La decisione del Parlamento Europeo di iscriversi a TikTok è in linea con la più ampia strategia di comunicazione dell’Unione per incoraggiare i cittadini a votare, specialmente quelli fra i 18 e i 24 anni, che sono il gruppo che ha registrato il tasso di affluenza più basso alle europee del 2019. In più si prevede che una buona parte della campagna elettorale avverrà proprio su TikTok: nonostante i continui dubbi sulla sicurezza dell’app e sui problemi legati alla diffusione di fake news, sempre più politici si sono iscritti e lo usano per fare campagna elettorale rivolta agli elettori più giovani, molti dei quali usano TikTok anche per informarsi e in certi casi come motore di ricerca.
TikTok è uno dei social media più diffusi al mondo ed è molto popolare soprattutto fra gli adolescenti e i giovani adulti. Tuttavia, fra il 2022 e il 2023 molti governi, fra cui gli Stati Uniti e diversi paesi europei, decisero di vietarne l’uso sui telefoni di lavoro dei propri dipendenti: nonostante l’azienda che lo gestisce, ByteDance, cerchi di assecondare i governi occidentali, molti paesi non si fidano, fra le altre cose, del modo in cui protegge i dati degli utenti. A preoccupare è la nota influenza che il Partito Comunista cinese esercita sulle aziende del suo paese. Questa è proprio la ragione per cui le istituzioni europee hanno vietato l’app.
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Mentre questi divieti venivano emessi, però, molti giornali internazionali si chiedevano quanto sarebbe durata la netta separazione fra classe politica e TikTok. Ad agosto del 2023, mentre al Congresso statunitense diversi deputati Repubblicani sostenevano che TikTok dovesse essere vietato completamente, un articolo su Politico chiedeva: «i politici metteranno al bando il loro modo migliore di raggiungere i giovani elettori?» In effetti TikTok non è solo molto usato dalla generazione Z come un social media d’intrattenimento, è anche sfruttato da molti giovani per informarsi e discutere di politica, più di Instagram (la generazione Z è quella delle persone nate tra la fine degli anni Novanta e i primi anni Dieci).
Al momento l’app vieta di poter comprare spazi pubblicitari a tema politico e non permette nemmeno che i partiti paghino gli influencer per parlare di loro (cosa che le aziende fanno continuamente tramite il sistema delle sponsorizzazioni). L’unico modo per prendere parte ai dibattiti che avvengono sulla piattaforma, e quindi farsi notare dal proprio potenziale elettorato, è iscriversi con un account del partito o, ancora meglio, con un account personale, che viene poi verificato dalla piattaforma. Così, anche per evitare di rimanere indietro rispetto agli altri candidati, molti hanno cominciato a farlo.
In un comunicato pubblicato questa settimana, TikTok ha detto che il numero degli account di politici sulla sua piattaforma sta aumentando e che al momento il 30 per cento dei parlamentari europei ne ha uno. Anche molti primi ministri ce l’hanno, per esempio la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il primo ministro polacco Donald Tusk e il primo ministro ungherese Viktor Orbán. In Francia ce l’hanno tutti i politici principali, nonostante l’app sia vietata sui telefoni di lavoro dei dipendenti pubblici, e i loro account sono molto seguiti: quello del presidente Emmanuel Macron ha più di 4 milioni di followers, quello del leader della coalizione di sinistra Jean-Luc Mélenchon ne ha 2,2 milioni e Jordan Bardella, presidente del partito di estrema destra Rassemblement National, più di un milione.
Bardella ha 28 anni e nonostante all’estero sia meno conosciuto della leader del partito Marine Le Pen è molto popolare in Francia, specialmente fra i più giovani. Al momento è vicepresidente del gruppo al Parlamento Europeo Identità e Democrazia, di cui fanno parte anche la Lega e il partito di estrema destra tedesco Alternative für Deutschland. Bardella e il suo team utilizzano moltissimo TikTok per fare campagna elettorale e lo fanno in un modo che permette ai suoi video di diventare virali: alternando contenuti leggeri e in linea con quello che va di moda in quel momento sulla piattaforma e video più seri, come spezzoni di interviste e dibattiti televisivi in cui Bardella parla di temi cari alla destra.
Come ha fatto notare anche il sito di giornalismo investigativo francese Mediapart, nonostante Bardella abbia la metà dei followers di Jean-Luc Mélenchon (leader della sinistra radicale francese), i suoi video hanno in media il triplo delle visualizzazioni e spesso superano il milione, proprio perché sono costruiti per assecondare l’algoritmo della piattaforma.
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Tuttavia, con la crescita della presenza dei politici sull’app, sono arrivate anche delle preoccupazioni.
Come gli altri social media, TikTok è stato più volte accusato di contribuire alla diffusione di fake news a causa della scarsa supervisione dei contenuti pubblicati. In questo caso però a preoccupare è anche la modalità di fruizione dei post sulla piattaforma: su TikTok vengono pubblicati brevi video che vengono mostrati all’utente uno dopo l’altro in base a un’analisi delle sue preferenze su una bacheca principale, la cosiddetta “For You page”. Nonostante si possano seguire certi account e cercare determinati contenuti, come ad esempio le ricette di cucina, la maggior parte dell’azione su TikTok è limitata allo scorrere di video su questa bacheca e gli utenti non fanno spesso caso a chi li abbia pubblicati, anche perché la loro attenzione per un singolo contenuto è spesso limitata a meno di un minuto.
Questo sistema rende molto facile la diffusione di notizie false, specialmente per argomenti controversi e che creano discussione e indignazione (e quindi engagement), come ad esempio l’immigrazione.
La velocità con cui i contenuti vengono pubblicati e visti da milioni di persone è tale da rendere la moderazione molto complicata. A questo problema, a cui contribuiscono anche gli stessi politici, si aggiunge quello più recente dei deepfake, ossia immagini o video che sembrano veri ma che sono in realtà creati da una intelligenza artificiale sempre più sofisticata. Questa tecnologia è conosciuta più che altro perché viene utilizzata per creare filmati pornografici, ma viene anche usata per creare video che hanno come protagonisti politici, facendogli dire cose che in realtà non hanno mai detto. Distinguere i video reali di questo tipo dai deepfake è sempre più difficile.
TikTok ha detto che si impegnerà per migliorare il controllo e la moderazione dei contenuti per ridurre al minimo il rischio di far circolare notizie false durante la campagna elettorale delle europee.