La storia del cittadino italiano morto alle Bahamas e trovato senza organi
Era su una nave da crociera per lavoro, si sono accorti della cosa dopo l'autopsia eseguita in Italia: le indagini della procura di Catania sono in corso
Da qualche giorno i giornali siciliani, ma non solo, si stanno occupando del caso di Alfio Torrisi, un 54enne di Giarre, Catania, morto lo scorso ottobre all’ospedale di Freeport, nelle Bahamas, dove si trovava per lavoro. Dopo un esposto presentato in procura dalla famiglia di Torrisi, sul suo corpo, tornato in Sicilia, è stata eseguita l’autopsia ed è stato scoperto che non contiene gli organi: al loro posto è stata trovata della segatura mista a fogli di giornale. La procura di Catania, che lo scorso novembre aveva avviato un’inchiesta, ha chiesto una rogatoria internazionale per ottenere la documentazione relativa alla prima autopsia fatta su Torrisi subito dopo la morte.
Come ricostruito dal quotidiano La Sicilia, il 10 ottobre del 2023 Torrisi era stato ricoverato a seguito di un malore che aveva avuto sulla nave “Paradise” del gruppo statunitense Carnival Cruise Line mentre era ormeggiata a Freeport, nella parte occidentale dell’isola di Grand Bahama. Torrisi era arrivato sulla nave qualche giorno prima insieme ad alcuni colleghi e al titolare della Techni Teak, l’azienda siciliana di riparazione e manutenzione navi per cui lavorava come falegname.
Nella ricostruzione fatta dai familiari di Torrisi in un esposto presentato alla procura di Catania il 9 novembre, si dice che l’uomo aveva lamentato prima «un forte mal di testa» e che poi aveva «cominciato a zoppicare e a farfugliare frasi incomprensibili». I colleghi lo avevano soccorso, lo avevano portato nell’infermeria della nave e dopo mezz’ora era arrivato il medico di bordo che gli aveva somministrato un sedativo. L’ambulanza era invece arrivata, si dice sempre nell’esposto, dopo circa tre ore e mezza e Torrisi era stato portato al pronto soccorso dell’ospedale di Freeport.
Dopo circa ventiquattr’ore Giulio Nirelli, titolare della Techni Teak, aveva chiamato la famiglia di Torrisi parlando, sempre secondo quanto contenuto nell’esposto, di «un non meglio precisato malessere» dell’uomo, del suo ricovero in ospedale e del fatto che fosse stato sedato «a causa del forte stato di agitazione». La famiglia di Torrisi era riuscita a parlare con Alberto Suighi, il console italiano a Nassau, la capitale delle Bahamas, il 13 ottobre, dopo che si era messo in contatto con i medici di Freeport. Il giorno dopo ancora, e siamo al 14 ottobre, la famiglia aveva ricevuto una telefonata e aveva saputo che Torrisi era morto.
A seguito dell’esposto, la procura di Catania aveva avviato un’indagine ipotizzando il reato di omicidio colposo nei confronti del titolare dell’impresa per cui lavorava Torrisi, Nirelli, e del capitano della nave, Giuseppe Castrogiovanni. La procura aveva anche assegnato a un medico legale l’incarico di eseguire l’autopsia sul corpo di Torrisi una volta arrivato in Sicilia. Durante l’autopsia il medico ha però scoperto che dal corpo di Torrisi erano assenti gli organi interni e che al loro posto si trovava della segatura mescolata a fogli di giornale.
A quel punto, la procura ha avviato la procedura di rogatoria internazionale per acquisire la documentazione della prima autopsia fatta su Torrisi, quella eseguita alle Bahamas e che aveva concluso come la causa della morte dell’uomo fosse una «trombosi polmonare venosa profonda in soggetto iperteso con cardiomegalia [cioè un aumento della dimensione del cuore, ndr]».
Il quotidiano La Sicilia scrive anche che nella documentazione della procura è finita la trascrizione di una telefonata tra il console italiano a Nassau, Alberto Suighi, e uno degli avvocati della famiglia Torrisi. Si dice che il console «ha esplicitamente riferito di avere appreso» da un non meglio identificato dipendente della Funeral Home di Freeport (la ditta di onoranze funebri che si era occupata del corpo prima del trasporto in Sicilia) che gli organi di Torrisi sarebbero stati eliminati per preparare il corpo per il viaggio e «buttati via».
Nell’esposto presentato alla procura di Catania, si dice come l’intera procedura di soccorso dopo il malore di Torrisi sia stata problematica (si parla esplicitamente di grave omissione di soccorso) e anche che l’attività lavorativa di Torrisi si sarebbe svolta «in condizioni di lavoro ai confini del disumano»: «A cielo aperto per 14-16 ore al giorno», senza pause, in una località che «ancora in ottobre fa registrare temperature estive con tassi d’umidità fra i più elevati al mondo». In queste condizioni «non si spiega la ragione per cui non siano state adottate le dovute precauzioni da parte del datore di lavoro».