Ce ne sono di stranezze nel “Milleproroghe”, anche quest’anno
Assunzioni per i ministeri, misure per i “no vax” e gli agricoltori e incompatibilità con il PNRR, il tutto discusso in un clima tumultuoso con i parlamentari che quasi si picchiano
Mercoledì le commissioni Affari costituzionali e Bilancio della Camera hanno completato la discussione del decreto-legge “Milleproroghe”, al termine di un lavoro caotico e in ricorsa. Non è inusuale: il Milleproroghe è un provvedimento con cui il governo ogni anno, di solito a fine anno, prolunga la validità di decine di norme che riguardano materie diversissime tra loro e che sono prossime alla scadenza.
Il testo approvato mercoledì pomeriggio è ormai definitivo. Ed è su quello infatti che giovedì il governo ha messo la fiducia: significa che verrà votato lunedì prossimo senza possibilità di essere modificato, per poi essere inviato al Senato che dovrà a sua volta approvarlo entro la fine di febbraio, anche lì con una questione di fiducia che precluderà qualsiasi reale possibilità di intervento da parte dei senatori. Il decreto, approvato dal Consiglio dei ministri il 30 dicembre scorso, è prossimo alla scadenza, dal momento che i decreti-legge decadono se non vengono convertiti in legge, cioè convalidati dal parlamento, entro i 60 giorni seguenti.
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Come ogni anno, il Milleproroghe è stato utilizzato da ministeri e strutture governative per intervenire in maniera urgente e disorganica su molte questioni. Per esempio, la presidenza del Consiglio ne ha approfittato per garantirsi di poter ricorrere anche per il 2024 a un contingente di segretari comunali per svolgere alcune funzioni di pubblica amministrazione. Il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano ha potuto ritardare di altri tre mesi l’entrata in vigore del nuovo regolamento per la riorganizzazione di strutture e uffici all’interno del ministero. Ma ha anche potuto prolungare il mandato del “comitato promotore delle celebrazioni del Perugino”, pittore umbro del Rinascimento.
Inizialmente era stato creato tramite la legge di bilancio del dicembre 2021 in preparazione del quinto centenario della morte del Perugino, nel 2023: il comitato doveva restare in carica fino alla fine del 2022, poi si prorogò il suo incarico per l’anno seguente «dal momento che le celebrazioni erano previste per tutto l’anno 2023», secondo le motivazioni del governo. Ora viene prorogato per tutto il 2024, senza che se ne spieghi il perché.
Il ministro dei Trasporti Matteo Salvini ha prorogato alcune procedure necessarie ad avviare i cantieri per gli aeroporti di Firenze e Salerno, per la riqualificazione di alcuni ponti romani e delle banchine del Tevere; ma ha anche concesso alle regioni di mantenere in servizio per tutto l’anno in corso i circa 1.600 mezzi di trasporto pubblico obsoleti e molto inquinanti, cioè gli Euro 2, che una precedente legge approvata nel 2021 dal governo di Mario Draghi avrebbe vietato a partire dal primo gennaio 2024.
Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ne ha approfittato per chiedere, e ottenere, una proroga che consentisse di assumere anche nel 2024 agenti di pubblica sicurezza e vigili del fuoco, e fino a 30 persone per garantire l’attuazione e il monitoraggio dei progetti che i comuni dovranno realizzare tra quelli previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), cioè il grande piano di investimenti europei di cui l’Italia beneficia per oltre 200 miliardi di euro.
Le scadenze del PNRR sono alla base anche della scelta del ministro della Giustizia Carlo Nordio di prorogare fino al 30 giugno 2026 la durata dei contratti a tempo determinato di oltre 3mila funzionari per velocizzare lo smaltimento dei processi. Il prolungamento o il rinnovo di piani di assunzione è del resto una richiesta ricorrente dei ministeri, che spesso proprio tramite il Milleproroghe viene esaudita: e così la Cultura potrà avere tempo fino al 30 giugno per assumere 750 nuovi tecnici, gli Esteri potranno completare l’assunzione di 400 funzionari, la Difesa quella di nuovi allievi dei carabinieri.
Al testo di 20 articoli preparato dal governo, già di per sé assai eterogeneo, durante il dibattito nelle commissioni competenti alla Camera sono stati aggiunti altri 8 articoli e decine di commi (cioè i paragrafi in cui si suddividono i singoli articoli), gonfiando così le dimensioni del documento fino a farlo quasi raddoppiare. Nel farlo è stata data priorità a questioni locali che stavano a cuore ad alcuni parlamentari (ad esempio, ai comuni calabresi è stato riconosciuto il diritto di assumere nuovi funzionari sia a tempo determinato sia indeterminato; e i contratti di alcuni lavoratori della regione Sicilia sono stati prolungati di un anno, fino al 31 dicembre 2024), o a temi identitari ritenuti simbolici per alcuni partiti (la Lega si è spesa con successo per estendere «in via sperimentale, fino al 31 dicembre 2024», la possibilità di dotare la polizia locale del taser, cioè la pistola a impulsi elettrici, anche per i comuni al di sotto dei 100mila abitanti e per quelli che non sono capoluogo di provincia).
A seguito delle polemiche politiche di queste settimane sono stati poi introdotti altri provvedimenti un po’ controversi. È il caso del ripristino parziale dell’esenzione sull’IRPEF agricola, eliminata dal governo due mesi fa nella legge di bilancio e poi reintrodotta con limitazioni dopo le proteste degli agricoltori e l’insistenza di Salvini. Ed è il caso della proroga di sei mesi, da fine giugno a fine dicembre del 2024, del cosiddetto “scudo erariale”: è una misura introdotta nel 2020 per limitare le responsabilità di danno economico degli amministratori pubblici e privati alle sole circostanze di dolo, cioè a quelle circostanze in cui c’è una consapevole volontà di produrre quel danno ingiustificato alle casse dello Stato.
Poi, le esigenze di rispettare le scadenze del PNRR concordate con la Commissione Europea hanno prodotto alcune tensioni tra il governo e i gruppi parlamentari, anche quelli di maggioranza. È stato proprio il dipartimento per gli Affari europei di Raffaele Fitto, responsabile dell’attuazione del PNRR, a sollecitare l’inserimento di alcune norme per velocizzare il piano di accorpamento degli istituti scolastici su cui il ministero dell’Istruzione e le regioni procedono a fatica, e a chiedere uno snellimento delle procedure per il rilascio delle “certificazioni antimafia” alle aziende che partecipano a bandi pubblici.
Al contrario, su alcune richieste di assunzioni fatte dai partiti è stato lo stesso Fitto a opporsi. È successo per esempio su una norma chiesta tra gli altri da Forza Italia e Fratelli d’Italia, per prorogare la pubblicazione dei bandi di gara per i lavori pubblici delle amministrazioni locali sui quotidiani cartacei, con una procedura un poco anacronistica che però ha rappresentato negli anni un’importante forma di finanziamento pubblico indiretto ai giornali, visto che questi ricevevano compensi per mettere in pagina gli avvisi emanati da comuni e regioni, un po’ come avviene per le pubblicità.
La proroga di questa norma era chiesta dai giornali e dalla Federazione italiana degli editori (FIEG), che per settimane ha fatto pressioni in questo senso. Fitto ha però ribadito come il PNRR preveda che quelle pubblicazioni avvengano, a partire dal 2024, su una piattaforma telematica nazionale, e che prorogare la norma avrebbe compromesso il riconoscimento di un obiettivo del Piano da parte della Commissione, col rischio di vederci dunque negati i finanziamenti europei. Obiezioni simili, per le stesse motivazioni, sono state fatte dal ministero di Fitto al Partito Democratico che chiedeva di rimandare l’entrata in vigore di norme sulla digitalizzazione dei dati degli appalti pubblici anche sotto i 40mila euro.
Che sia stato complicato allineare le intenzioni del governo e quelle dei parlamentari che sostengono il governo non è poi così sorprendente, ed è anzi una dinamica stramba ma che avviene puntualmente ogni anno. L’ansia di guadagnarsi visibilità ha spinto i singoli deputati a presentare un gran numero di emendamenti, spesso senza coordinarsi con i colleghi e anzi quasi in competizione l’uno con l’altro. Il governo, come da prassi, deve dare poi dei pareri su quegli emendamenti di modifica: deve dire, cioè, se ci sono soldi per finanziare gli interventi proposti.
Trovandosi di fronte a una mole spropositata di emendamenti – 1.413, presentati sia dalla maggioranza sia dall’opposizione – il governo ha chiesto ai partiti di segnalare quali fossero quelli davvero irrinunciabili su cui concentrare l’analisi di sostenibilità, scartando gli altri. Questa lunga trattativa è stata come al solito estenuante, e così per settimane l’analisi del Milleproroghe è stata di fatto bloccata nell’attesa che il governo esprimesse i suoi pareri e presentasse a sua volta nuovi emendamenti per esigenze nuove o semplicemente per correggere alcuni errori iniziali.
Date queste lentezze, le votazioni sugli emendamenti si sono concentrate tutte in una seduta serale, durata poi fino alla tarda notte tra martedì e mercoledì, che come sempre in questi casi si è rivelata turbolenta. A un certo punto alcuni deputati della Lega e del Movimento 5 Stelle si sono azzuffati. È successo poco dopo le 11 della sera di martedì, mentre era in discussione un emendamento presentato dal leghista Alberto Bagnai per prorogare di 6 mesi, dal giugno al dicembre 2024, la sospensione delle multe fatte a chi aveva rifiutato di vaccinarsi durante la pandemia di Covid pur essendo obbligato a farlo.
L’emendamento era un chiaro segnale politico che Bagnai voleva mandare ai molti elettori “no vax”: e ha suscitato non solo l’indignazione delle opposizioni, ma anche l’imbarazzo di alcuni esponenti di Forza Italia e di Fratelli d’Italia, i partiti che governano insieme alla Lega. La zuffa è nata proprio quando, per additare le contraddizioni all’interno della maggioranza, PD, Italia Viva e M5S hanno prima chiesto (invano) che il governo motivasse il suo parere favorevole, e poi preteso che la votazione sull’emendamento avvenisse in maniera palese, cioè in una modalità che costringesse ciascun deputato e deputata di maggioranza a dichiarare apertamente ad alta voce il proprio voto.
A quel punto gli esponenti di Fratelli d’Italia se la sono presa. Uno di loro, Paolo Trancassini, si è avvicinato ai banchi dell’opposizione minaccioso, dicendo che la maggioranza non avrebbe più accolto alcuna richiesta dei partiti di centrosinistra. Il deputato del M5S Leonardo Donno e il leghista Igor Iezzi si sono scambiati insulti e gesti volgari, e siccome stavano per venire alle mani alcuni colleghi hanno dovuto dividerli. Poi la seduta è stata sospesa.
In questo clima tumultuoso, il governo ha persino sbagliato a dare indicazioni su come votare. Nella seduta finale di mercoledì, in cui sono state affrontate le questioni rimaste in sospeso dalla notte precedente, la sottosegretaria all’Economia Sandra Savino è intervenuta per segnalare che la Ragioneria generale dello Stato, l’organo del ministero dell’Economia che verifica la sostenibilità finanziaria delle leggi, aveva fatto presente che un emendamento approvato la sera prima, presentato dal deputato di Fratelli d’Italia Alessandro Palombi, non aveva le adeguate coperture finanziarie (costava troppo). Quindi hanno dovuto votarne una versione modificata, anche se era una grossa bizzarria procedurale, dal momento che invalidare un voto già acquisito sarebbe tecnicamente impossibile. Le opposizioni hanno protestato e chiesto chiarimenti, ma alla fine hanno acconsentito a che si rivotasse.