Gli appelli internazionali contro l’invasione israeliana di Rafah
Dal presidente degli Stati Uniti Joe Biden all'Alto rappresentante per gli affari esteri europei Josep Borrell: tutti sono estremamente preoccupati per le conseguenze di un attacco via terra sulla popolazione palestinese
Lunedì il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha chiesto nuovamente al governo israeliano di fare tutto il possibile per abbandonare i piani di invadere Rafah, l’ultima grande città della Striscia di Gaza che Israele non ha ancora attaccato via terra nel corso della guerra contro Hamas. Lo ha detto al termine di un incontro a Washington con il re Abdullah della Giordania, ma lo aveva già detto domenica dopo una telefonata con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Le parole di Biden fanno seguito a quelle di vari altri importanti politici internazionali, che da giorni stanno facendo grosse pressioni sul governo israeliano perché non invada Rafah, l’ultima area sicura per i civili palestinesi nella Striscia di Gaza.
Lunedì Biden ha ripetuto che «una grande operazione militare» a Rafah non dovrebbe essere effettuata senza un piano credibile per garantire la sicurezza dei tanti civili palestinesi sfollati che sono rifugiati in città: a Rafah infatti si è rifugiata su richiesta di Israele più di metà della popolazione di tutta la Striscia di Gaza, circa 1,4 milioni di palestinesi, dopo l’intensificarsi degli attacchi israeliani su Khan Yunis, la principale città nel sud della Striscia.
Il re Abdullah ha detto che un’invasione di Rafah produrrebbe certamente «una catastrofe umanitaria» e ha chiesto un immediato cessate il fuoco: «Non possiamo stare a guardare e lasciare che tutto questo continui. Abbiamo bisogno di un cessate il fuoco duraturo adesso. Questa guerra deve finire».
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Netanyahu aveva annunciato venerdì scorso che Israele avrebbe invaso Rafah: finora l’attacco via terra dell’esercito israeliano non è ancora cominciato, anche se viene considerato imminente. Netanyahu aveva ordinato all’esercito di preparare un piano per evacuare i civili che al momento si trovano a Rafah, e per «distruggere» quattro battaglioni di Hamas che secondo lui sarebbero stati schierati nella città.
Ma evacuare tutti i civili che si trovano a Gaza è estremamente complicato, e non si sa come possa avvenire. Israele vorrebbe che i palestinesi, fuggiti da ogni parte della Striscia di Gaza, lasciassero anche Rafah, ma non è chiaro verso quale direzione dovrebbero spostarsi. Rafah confina a sud con l’Egitto, a ovest con il mar Mediterraneo, a est con Israele e a nord con il resto della Striscia, per lo più distrutto, non considerato sicuro e attualmente occupato dall’esercito israeliano
Come Biden diversi altri politici internazionali hanno chiesto a Israele di non invadere Rafah: nei giorni scorsi lo aveva fatto con grande veemenza Josep Borrell, l’Alto rappresentante per gli Affari esteri dell’Unione Europea. Rispondendo alla dichiarazione di Netanyahu secondo cui prima dell’invasione i profughi palestinesi dovrebbero essere evacuati dall’area di Rafah aveva detto: «Dove? Sulla Luna? Dove faranno evacuare queste persone?». Borrell aveva avvertito dei rischi umanitari di una simile operazione militare, ma anche di quelli politici, visto che un attacco di Rafah potrebbe provocare un esodo verso l’Egitto e creare una pericolosa situazione di tensione tra Israele e quest’ultimo.
Tra i principali politici occidentali che hanno espresso dubbi per un’invasione di Rafah c’è stato anche l’ex primo ministro britannico David Cameron, oggi ministro degli Esteri del governo di Rishi Sunak. Con un linguaggio più diplomatico di Borrell ha ribadito le preoccupazioni per la popolazione civile di Rafah e ha chiesto che «Israele si fermi e pensi seriamente prima di intraprendere ulteriori azioni».
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Tra gli altri politici che nei giorni scorsi avevano chiesto a Israele di non invadere Rafah c’erano stati Penny Wong, ministra degli Esteri australiana, e la sua omologa tedesca Annalena Baerbock. Lunedì inoltre Volker Türk, Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, ha detto che «il mondo non deve permettere che ciò accada». A tutti questi appelli internazionali contro l’invasione Netanyahu ha risposto lunedì in un’intervista alla tv statunitense ABC, in cui ha detto che chiedere di non attaccare Rafah vuol dire chiedere a Israele di «perdere la guerra».