L’epidemia di colera nell’Africa meridionale
È la più grave degli ultimi dieci anni: a causa della malattia, da ottobre sono stati segnalati più di 220mila casi e oltre 4mila morti
Negli ultimi mesi una grave epidemia di colera ha interessato diversi paesi dell’Africa meridionale, con almeno 220mila casi rilevati e oltre 4mila morti a causa della malattia. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità è l’epidemia di colera con più morti nei paesi africani dell’ultima decina di anni, e con un tasso di letalità superiore al normale. Tra le cause ci sono le alluvioni che hanno interessato diversi paesi, peggiorando le condizioni già precarie dei sistemi di distribuzione e scolo dell’acqua.
L’epidemia di colera riguarda soprattutto Zimbabwe, Zambia, Malawi, Repubblica Democratica del Congo e Mozambico, ma sono stati segnalati focolai anche in altri paesi dell’Africa meridionale. La situazione è difficile in particolare in Zambia e Malawi, dove è stato rilevato il maggior numero di infezioni.
Solo in Zambia da ottobre sono morte almeno 650 persone a causa del colera sui 18.500 casi rilevati. Nelle ultime settimane c’è stato un rallentamento dei nuovi casi, ma alcune organizzazioni sanitarie hanno segnalato la difficoltà nel tenere traccia delle infezioni, anche a causa della scarsa conoscenza della malattia tra la popolazione. Questa settimana nel paese hanno riaperto le scuole, dopo una pausa di quasi un mese per ridurre il rischio di nuove infezioni e provare a rallentare la circolazione della malattia.
Il tasso di letalità in Zambia è del 3,5 per cento, ben superiore all’1 per cento di solito riscontrato nelle epidemie di colera. La malattia aveva iniziato a diffondersi nella capitale Lusaka, ma dopo poco tempo è stata rilevata la sua presenza in quasi tutte le altre province del paese. Più della metà dei decessi è avvenuta in casa, quindi è ipotizzabile che molte persone si siano ammalate senza sapere di avere il colera e senza le risorse per curarsi.
Il colera è causato da diversi tipi di Vibrio cholerae, un batterio che si sviluppa in acqua e alimenti contaminati con feci umane. Causa una forte diarrea e – se non trattato adeguatamente – molte complicazioni dovute soprattutto alla disidratazione, che si possono rivelare letali. Di solito è sufficiente un antibiotico per curarlo, ma in molte aree dell’Africa l’accesso alle cure non è semplice e non sempre sono disponibili i farmaci.
Esistono da tempo vaccini contro il colera, che si sono dimostrati sicuri ed efficaci nel dare una buona protezione contro la malattia. L’OMS li utilizza nei programmi di vaccinazione di massa e in particolare durante le epidemie, ma l’approvvigionamento non è sempre semplice perché la produzione è scarsa e non sufficiente per rispondere ai picchi della domanda durante le epidemie.
Al di là di farmaci e vaccini, il colera può essere prevenuto riducendo il più possibile le contaminazioni dell’acqua con le feci, mantenendo isolata l’acqua usata a scopo alimentare da quella di scarico. La mancanza di impianti fognari in molte parti del mondo, soprattutto nelle economie meno avanzate, rende più probabili le contaminazioni soprattutto nei periodi in cui si verificano alluvioni, quando è più complicato gestire i flussi d’acqua.
Nel caso dell’Africa meridionale, negli ultimi mesi ci sono state alluvioni ricorrenti e piuttosto anomale, che hanno favorito la contaminazione dell’acqua potabile (o che dovrebbe esserlo). Per le prossime settimane sono previste nuove piogge con il rischio di altre alluvioni, che potrebbero quindi incidere sulla situazione già difficile legata al colera.
Per affrontare l’emergenza, il Centro africano per la prevenzione e il controllo delle malattie ha ricordato l’importanza della vaccinazione e le difficoltà degli ultimi anni nella fornitura delle dosi. Tra il 2021 e il 2022 si erano verificate varie epidemie locali di colera in giro per il mondo, che avevano fatto aumentare sensibilmente la domanda a fronte di una produzione relativamente contenuta dei vaccini. Il problema ha avuto conseguenze sul 2023, periodo nel quale sono stati prodotti circa 37 milioni di dosi a fronte di una richiesta di 60 milioni.
La maggior parte dei vaccini contro il colera è prodotta da EuBiologics, un’azienda farmaceutica della Corea del Sud che da sola non riesce a soddisfare i picchi della domanda. Fino a qualche anno fa l’indiana Shantha Biotechnics, controllata dall’azienda farmaceutica francese Sanofi, produceva una propria versione del vaccino, ma ha via via ridotto le forniture in vista di una chiusura delle attività in questo settore. A circa 1,5 dollari per dose, il vaccino è poco remunerativo e di conseguenza non ci sono molti investimenti per la sua produzione.
L’OMS nelle ultime settimane ha intensificato il proprio impegno in alcuni stati dell’Africa meridionale, fornendo sia personale sanitario sia farmaci e altre risorse per trattare i pazienti. I sistemi di idratazione sono per esempio molto importanti, perché durante la fase acuta della malattia i ricorrenti episodi di diarrea portano a una forte disidratazione, tale da indebolire ulteriormente le persone malate. Anche per questo motivo i bambini sono più a rischio e devono essere tenuti attentamente sotto osservazione.
Oltre all’OMS, in molti paesi sono al lavoro varie organizzazioni umanitarie e senza scopo di lucro che offrono assistenza sanitaria. Tra queste c’è Medici senza frontiere, che ha da tempo una presenza piuttosto capillare in vari paesi dell’Africa meridionale dove svolge un lavoro di sensibilizzazione e prevenzione sul colera.
La Comunità di sviluppo dell’Africa meridionale, l’organizzazione internazionale che incentiva la cooperazione tra i quindici paesi di quell’area geografica, ha intanto rinnovato il proprio impegno per migliorare le condizioni igienico sanitarie. Fare manutenzione degli impianti di gestione dell’acqua o costruirne di nuovi è però costoso e non sempre possibile, soprattutto nelle aree rurali meno attrezzate.
Secondo i dati più recenti dell’OMS, ogni anno si registrano tra gli 1,3 e i 4 milioni di casi di colera in tutto il mondo, con decessi che variano molto a seconda delle epidemie in corso nell’anno di riferimento: si va dai 21mila ai 143mila morti. Nel 2017 è stata lanciata l’iniziativa “Mettere fine al colera: una tabella di marcia globale verso il 2030” per ridurre le morti dovute alla malattia del 90 per cento entro il 2030. Il programma non ha per ora avuto molto successo, anche a causa del sensibile aumento di casi segnalato negli ultimi anni.