In Indonesia si vota un nuovo presidente
Joko Widodo, che ha raggiunto il limite dei mandati, appoggia l'attuale ministro della Difesa, Prabowo Subianto, andando contro il suo partito e candidando il figlio alla vicepresidenza
Mercoledì si vota in Indonesia per eleggere il nuovo presidente, rinnovare i seggi del parlamento e anche la composizione di più di 2mila amministrazioni locali di vario livello. Gli aventi diritto al voto sono 205 milioni di persone che disporranno di più di 800mila seggi distribuiti sulle circa 18mila isole che formano l’Indonesia, il quarto paese più popoloso al mondo e una delle più grandi democrazie.
Il presidente uscente dell’Indonesia è Joko Widodo, conosciuto con il soprannome “Jokowi”, che per legge non poteva presentarsi dopo due mandati consecutivi. Widodo era stato eletto la prima volta nel 2014 dopo essersi presentato come “uomo vicino al popolo” e lontano dalla tradizione indonesiana delle dinastie politiche. Negli ultimi anni però è stato accusato di aver contribuito a peggiorare lo stato della democrazia del paese, di essere entrato a fare parte di quelle élite che aveva detto di voler combattere e di aver esercitato il proprio potere in modo ambiguo per condizionare le prossime elezioni.
Ha innanzitutto fatto in modo che il figlio maggiore, Gibran Rakabuming Raka, si potesse candidare alla vicepresidenza in ticket con una figura molto controversa che Widodo ha scelto di sostenere, cioè l’ex generale e attuale ministro della Difesa Prabowo Subianto, del Partito del movimento della grande Indonesia, nazionalista e di destra. La sua scelta è andata contro la linea del proprio partito, il Partito democratico indonesiano di lotta, liberaldemocratico, ed è stata molto criticata.
Prabowo è molto vicino all’élite più tradizionale del paese, è sostenuto da gruppi islamici radicali che spesso agiscono come una sorta di polizia morale ed è l’ex marito della figlia del generale Suharto, dittatore dell’Indonesia per tre decenni. È stato, tra le altre cose, accusato di aver organizzato il rapimento e la tortura di alcuni attivisti prima delle manifestazioni antigovernative del 1998, quando era a capo dell’esercito dal quale fu poi espulso.
Prabowo si era già candidato alla presidenza nel 2014 e poi nel 2019, perdendo entrambe le volte contro Widodo, che per il suo secondo mandato l’aveva però scelto a sorpresa come proprio ministro della Difesa. Alle prossime presidenziali, in caso di vittoria di Prabowo, il figlio maggiore di Widodo diventerebbe vicepresidente, ma il meccanismo con cui questo è stato reso possibile ha creato molte preoccupazioni sulla salute della democrazia del paese.
Lo scorso ottobre, infatti, il più alto tribunale dell’Indonesia presieduto dal cognato di Widodo aveva modificato le regole di ammissibilità alla vicepresidenza adattandole al figlio del presidente, che senza questi cambiamenti non avrebbe potuto candidarsi perché troppo giovane. Il tribunale aveva dunque abbassato l’età minima a 35 anni con clausola per il candidato di essere almeno stato sindaco per un mandato: il figlio di Widodo ha 36 anni ed è sindaco di Surakarta dal 2021.
Oltre a Prabowo, gli altri principali candidati alla presidenza sono Anies Baswedan e Ganjar Pranowo, entrambi ex governatori rispettivamente di Giacarta e di Giava Centrale. Anies Baswedan è un ex rettore universitario ed è stato in passato ministro dell’Istruzione. Ganjar Pranowo fa parte del partito attualmente al potere, quello di Widodo.
I programmi dei tre candidati non sono molto differenti tra loro: tutti hanno promesso di far crescere il paese, di creare milioni di posti di lavoro, di estendere l’estrazione mineraria, di ridurre il consumo di carbone (il combustibile fossile che produce maggiori emissioni di gas serra, la causa del cambiamento climatico, ancora usatissimo in Indonesia) e di portare avanti la costruzione di una nuova capitale, un progetto da 34 miliardi di dollari voluto dall’ex presidente. In generale, tutti hanno promesso di proseguire con le politiche di Widodo, che nonostante non siano state all’altezza delle promesse hanno portato a diversi miglioramenti, soprattutto dal punto di vista economico.
Durante i due mandati di Widodo, l’economia indonesiana è cresciuta, gli indici di povertà si sono ridotti, sono stati ampliati i sussidi alle fasce più in difficoltà della popolazione e alcuni importanti progetti infrastrutturali sono stati completati. Widodo ha costruito decine di aeroporti, porti, dighe e centinaia di chilometri di strade e autostrade. L’Economist ha scritto che se l’Indonesia proseguisse su questa strada entro i prossimi dieci anni potrebbe diventare una delle dieci maggiori economie del mondo.
I più grandi insuccessi di Widodo hanno invece riguardato la deriva populista e clientelare degli ultimi anni del suo secondo mandato e la perdita di coesione sociale. Widodo ha usato il proprio potere per nominare ai vertici di ministeri e aziende pubbliche persone delle élite a cui si è via via avvicinato e ha contribuito a indebolire il confronto parlamentare e il ruolo dei diversi partiti. I casi di repressione del dissenso politico, soprattutto verso i movimenti studenteschi, sono aumentati e diverse riforme da lui volute hanno ridotto i diritti delle donne, della comunità LGBT, di altre minoranze e la libertà d’espressione.
Con Widodo, la società indonesiana è sembrata poi diventare sempre più divisa su linee religiose, come si è visto con il caso che tra il 2016 e il 2017 coinvolse l’ex governatore di Giacarta Basuki Tjahaja Purnama, più noto con il soprannome “Ahok” e alleato di Widodo. Ahok, di religione cristiana, fu condannato per il reato di blasfemia dopo essere stato accusato dai suoi avversari di avere insultato l’Islam. Il suo caso e le enormi proteste contro di lui organizzate da gruppi islamici fondamentalisti dimostrarono come i religiosi più radicali stessero diventando sempre più influenti in diverse zone del paese.
I tre candidati alla presidenza hanno in generale mostrato di voler portare avanti anche la politica estera di Widodo, tradizionalmente improntata al non allineamento del paese a Stati Uniti e Cina. La Cina rimane il partner commerciale di riferimento dell’Indonesia che ha controbilanciato questa posizione instaurando importanti legami con gli Stati Uniti nel settore militare. Durante la sua campagna elettorale del 2019, Prabowo si era dimostrato molto critico verso la Cina attaccando l’allora rivale Widodo per la sua posizione di neutralità; oggi ha decisamente ammorbidito le proprie posizioni dichiarandosi «amico» della Cina, ma anche degli Stati Uniti.
I sondaggi dicono che Prabowo è il favorito: non solo perché è sostenuto da Widodo, che continua ad essere piuttosto popolare, ma anche per la giovane età degli elettori, meno sensibili alle critiche sul suo passato controverso. In Indonesia il 25 per cento della popolazione ha meno di quindici anni, solo il 7 per cento ne ha più di sessantacinque e quasi quattro quinti degli indonesiani possiede uno smartphone. Anche per questo Prabowo ha fatto ampio uso dei social media durante la campagna elettorale.
Secondo un sondaggio del 2022 riportato da CNN, il 60 per cento degli elettori sotto i 40 anni ha detto che i social media sono la sua principale fonte di informazione, seguiti dalla televisione al 40 per cento. Più che della correttezza del processo elettorale, diverse organizzazioni indonesiane e internazionali che stanno seguendo le elezioni sono preoccupate della diffusione di fake news, problema che affligge il paese da tempo.
Le maggiori preoccupazioni espresse dai giornali, soprattutto internazionali, dipendono dal suo passato e dai suoi legami con l’ex dittatore del paese, ma anche da alcuni episodi che hanno riguardato il suo mandato da ministro della Difesa.
Lo scorso anno, durante una conferenza sulla sicurezza dell’Asia a Singapore, Prabowo aveva proposto un piano di pace per l’Ucraina piuttosto favorevole alla Russia che, tra gli altri, era stato criticato anche dall’Alto rappresentante per gli affari esteri dell’Unione Europea Josep Borrell. Prabowo aveva parlato di un cessate il fuoco «sulle posizioni attuali» e della creazione di zone demilitarizzate che sarebbero state garantite da forze di pace delle Nazioni Unite. Aveva inoltre suggerito un eventuale referendum nelle aree contese organizzato dall’ONU, sostenendo che l’Indonesia sarebbe stata pronta a contribuire. La proposta contraddiceva però la posizione ufficiale dell’Indonesia, che all’ONU aveva votato per denunciare l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Prabowo, scrive l’Economist, non aveva evidentemente consultato né il presidente Widodo né il ministro degli Esteri indonesiano.
Da ministro della Difesa, Prabowo ha anche tentato di abolire l’elezione diretta degli amministratori regionali e ha detto che l’Indonesia avrebbe bisogno di un leader autoritario. Insieme a tutto il governo è stato inoltre accusato di aver annullato arbitrariamente le manifestazioni elettorali dei gruppi vicini agli altri due candidati e aver intimidito gli oppositori.
Se il 14 febbraio nessuno dei candidati alla presidenza dovesse ottenere più del 50 per cento del totale dei voti espressi e almeno il 20 per cento dei voti in più della metà delle province del paese, si andrà al ballottaggio, previsto per il 26 giugno.