Donald Trump ha chiesto alla Corte Suprema di occuparsi del caso che riguarda la sua immunità
L’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha chiesto alla Corte Suprema statunitense di bloccare temporaneamente una sentenza di una corte federale di appello di Washington che gli aveva negato l’immunità per i reati commessi nel periodo in cui era presidente. La sentenza, emessa la scorsa settimana, riguardava l’assalto al Congresso del 6 gennaio del 2021 e altri presunti tentativi di Trump di modificare il risultato delle elezioni del 2020, per i quali è al momento sotto processo.
La decisione di appellarsi alla Corte Suprema era ampiamente prevista nel contesto di quella che è considerata anche una strategia da parte del suo team per ritardare i tempi del processo, facendolo slittare a dopo le elezioni del 2024, per non intralciare la campagna elettorale. I suoi avvocati hanno scritto nella richiesta alla Corte che «condurre un processo penale di mesi contro il presidente Trump in piena stagione elettorale interromperà radicalmente la capacità del presidente Trump di fare campagna contro il presidente Biden». La Corte Suprema è ufficialmente un organo indipendente, anche se i suoi membri vengono nominati dai presidenti, e al momento sei dei nove giudici sono conservatori: tre di loro sono stati nominati proprio da Trump.
Trump è ampiamente favorito alle primarie del Partito Repubblicano, e molto probabilmente affronterà l’attuale presidente Democratico Joe Biden alle prossime elezioni presidenziali, a novembre. È imputato di 91 capi di accusa in 4 diversi processi, incluso quello per l’assalto al Congresso. I presidenti statunitensi godono di alcune forme di immunità, ma non ci sono precedenti che attestino se questa immunità si possa estendere anche ai processi penali: Trump è il primo a essere incriminato per reati compiuti quando era presidente.
Già a gennaio i tre giudici della corte d’appello federale avevano espresso forti dubbi sul fatto che possa essere prevista questo tipo di immunità assoluta per i presidenti. Suggerendo possibili implicazioni a una possibilità di questo tipo, una dei tre giudici aveva detto che se così fosse un presidente potrebbe teoricamente vendere segreti militari o far assassinare dall’esercito un proprio rivale politico senza subire ripercussioni.