Un tempo gli ananas erano come i Rolex oggi

Cioè un simbolo di lusso e ricchezza per pochi: venivano ostentati e persino noleggiati per sfoggiarli alle feste

Una natura morta dell'acquerellista inglese William Henry Hunt del 1830 circa
Una natura morta dell'acquerellista inglese William Henry Hunt del 1830 circa (Craig W. Englund, CC BY-SA 4.0 via Wikimedia Commons)
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L’ananas è un frutto tropicale che ora si trova un po’ ovunque e in Italia costa pochi euro al chilo, ma c’è stato un periodo in cui poteva arrivare a costare l’equivalente di migliaia di euro. Tra il Cinquecento e l’Ottocento, infatti, la sua dolcezza, il suo aspetto spettacolare ma soprattutto la sua rarità lo resero un frutto alla moda, un simbolo di opulenza e prestigio e quindi una specie di ossessione tra le famiglie aristocratiche europee. Come hanno riassunto Ben Bowlin e Noel Brown nel loro podcast Ridiculous History, per circa 250 anni gli ananas furono un po’ come i Rolex o le Rolls Royce.

Originaria della zona in cui scorrono i fiumi Paraná e Paraguay, in Sud America, la pianta dell’ananas (Ananas comosus) era conosciuta già tra le popolazioni indigene dell’America centrale e dei paesi caraibici. In base ai documenti arrivati fin qui, il primo ananas fu portato in Europa nel 1496 da Cristoforo Colombo, che lo aveva assaggiato a Guadalupa tre anni prima, durante il suo secondo viaggio nei Caraibi. A dargli grande popolarità furono anche le descrizioni molto enfatiche delle persone che lo avevano assaggiato nella prima metà del Cinquecento, come quella del cronista spagnolo Gonzalo Fernández de Oviedo y Valdés, che fu anche l’autore della prima illustrazione documentata dell’ananas circolata nel nostro continente.

Il giornalista olandese Lex Boon, collaboratore del quotidiano Het Parool e autore del libro Ananas. Viaggio alla scoperta di un frutto sorprendente, ha raccontato che la prima descrizione dell’ananas di Oviedo y Valdés, sembrava «quasi una lettera d’amore». Attorno al 1526 lo descrisse come il «frutto più bello che abbia mai visto, e quello che ha il profumo e il sapore migliori». A suo dire lasciava «completamente soddisfatti» tutti i sensi tranne il tatto, ma comunque «non c’era piacere più grande di tenerne uno in mano». Nel De orbe novo del 1530 invece lo storico Pietro Martire d’Anghiera raccontava che secondo Ferdinando II d’Aragona, re di Napoli dal 1504 al 1516, il suo sapore «superava quello di tutti gli altri frutti».

Con l’approvazione del re d’Aragona, «il “principe di tutti i frutti” divenne rapidamente il “re di tutti i frutti”», scrive sempre Boon nel suo libro.

Il quadro del 1671 di Hendrick Danckerts in cui si vede John Rose donare l'ananas a Carlo II

Il quadro di Hendrick Danckerts in cui si vede John Rose donare l’ananas a Carlo II (Wikimedia Commons)

In Europa gli ananas piacevano perché erano una novità, avevano un sapore dolcissimo e incuriosivano per il loro aspetto, che a Colombo aveva ricordato una pigna, da cui lo spagnolo “piña” e l’inglese “pineapple”. In tempi in cui lo zucchero era un bene raro e costoso e in Europa si mangiava solo frutta di stagione, gli ananas sapevano «di vino, acqua di rose e zucchero messi insieme», avrebbe scritto nel 1640 il botanico inglese John Parkinson. In più, visto che dovevano essere importati dalle Americhe, se li potevano permettere solo le persone molto ricche: è stato stimato che all’apice della sua popolarità un ananas potesse costare l’equivalente di circa 7mila euro di oggi.

Gli ananas diventarono così oggetti da esibire per ostentare le proprie ricchezze e indicare la propria classe sociale, più che delizie da servire nelle occasioni speciali: in poche parole, erano uno status symbol, qualcosa da mettere in mostra per mettersi in mostra. Mangiarne uno sarebbe stato «come mangiare una borsa di Gucci», ha detto alla CNN la storica Francesca Beauman, autrice di un altro libro sulla storia del frutto.

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Tra Seicento e Settecento gli ananas venivano sfoggiati, freschi o canditi, come curiosità durante i banchetti delle famiglie aristocratiche o reali europee, adagiati su piatti fatti apposta. Ma c’era anche chi, non potendoseli permettere, li noleggiava per esibirli a una festa per poche ore, racconta sempre Beauman. Chi non poteva arrivare neanche a questo, se li faceva ricamare sulle tovaglie o disegnare su quadri, ceramiche e carte da parati. Nel Regno Unito, nella seconda metà del Settecento, diventarono molto popolari persino le teiere a forma di ananas. «Non ci si stancava mai di guardarli», sintetizzò nel Seicento l’economista olandese Pieter de la Court.

La moda degli ananas si diffuse soprattutto nel Regno Unito con l’arrivo al trono, nel 1688, del re olandese Guglielmo III d’Orange e della moglie Maria II Stuart, che erano appassionati di orticoltura. Già verso il 1675 Carlo II d’Inghilterra aveva commissionato al pittore Hendrick Danckerts un ritratto in cui il giardiniere reale, John Rose, gli porgeva un ananas. All’epoca si pensava fosse il primo a essere stato coltivato in Inghilterra ma secondo le ricostruzioni di Beauman, in realtà, anche quello era stato importato: da Barbados, allora una colonia del Regno Unito.

Alla fine del secolo alcune famiglie facoltose provarono a far coltivare gli ananas in apposite serre sia in Inghilterra sia nei Paesi Bassi, nonostante fosse un’operazione estremamente costosa. Beauman ha ricordato che al tempo riuscire a crescere anche un solo ananas in Europa «era un risultato straordinario, che le persone avrebbero ostentato in ogni occasione disponibile». Quando si riusciva a coltivarne uno, lo si mandava in regalo a una persona speciale, oppure «lo si metteva in mostra come status symbol sulla tavola da pranzo, dove rimaneva fino a quando cominciava a marcire».

L'ananas al Dunmore Park in Scozia

L’ananas nella residenza di Dunmore Park in Scozia (Ian Murfitt, CC BY-SA 2.0 via Wikimedia Commons)

Boon racconta che, oltre ai resoconti di chi lo aveva assaggiato, la popolarità dell’ananas venne favorita dall’evoluzione delle tecniche di stampa, che permisero la diffusione delle sue illustrazioni in giro per l’Europa. Secondo lui c’entrava anche il fatto che questo frutto insolito fosse «qualcosa di totalmente nuovo. Un simbolo non ancora reclamato dalla religione». In questo senso, come ha notato anche Beauman, i reali e gli aristocratici potevano appropriarsene e attribuirgli qualunque significato volessero.

L’idea che fosse un simbolo di opulenza è evidente anche nell’architettura. L’esempio più noto è quello della decorazione a forma di ananas che spunta sulla sommità di una torretta di Dunmore Park, una residenza costruita in Scozia attorno al 1760. «Non c’era davvero alcuna ragione per costruire un ananas gigante e senza alcuna utilità nel bel mezzo del nulla», ha osservato Boon. «A ogni modo, Lord Dunmore lo fece semplicemente perché poteva».

Proprio perché questi frutti erano considerati simboli di ricchezza e prestigio, ci sono sculture di ananas sia sulla sommità delle due torri della cattedrale di Saint Paul a Londra, sia in cima agli obelischi del Lambeth Bridge. Probabilmente questo è lo stesso motivo per cui c’è un piccolo ananas anche sul trofeo assegnato al vincitore del singolare maschile di Wimbledon, uno dei tornei di tennis più prestigiosi al mondo.

Gli ananas comunque venivano esibiti e apprezzati anche in altre corti europee, come quelle di Luigi XV in Francia o di Caterina di Russia nel Settecento. La ricercatrice dell’Università di Cardiff Lauren O’Hagan ha spiegato a BBC News che erano così costosi e così desiderati che spesso venivano sorvegliati, e chi li trasportava durante i banchetti rischiava di essere preso di mira dai ladri. Alcuni documenti inglesi del 1807 citano diversi furti di ananas, tra cui quello di un certo Godding che fu condannato a sette anni di esilio in Australia per averne rubati sette, fa notare O’Hagan.

Dettaglio della coppa del torneo maschile singolo di Wimbledon, sulla cui sommità è riprodotto un piccolo ananas

Dettaglio del trofeo del torneo maschile singolo di Wimbledon, che ha un piccolo ananas ( Julian Finney/ Getty Images)

Secondo l’ex documentarista dello Smithsonian Libraries and Archives, Julia Blakely, «l’ananas può essere considerato uno tra i primi esempi di bene di lusso globale». Per gli europei però «era anche un emblema del colonialismo», e quindi dovrebbe ricordare le tremende vicende della schiavitù nelle piantagioni dei paesi in cui veniva coltivato. A ogni modo ci sono documenti che evidenziano come i marinai fossero soliti appendere un ananas fuori dalla porta di casa in segno di accoglienza: se sui pilastri dei cancelli antichi ci sono sculture di ananas o in certi alberghi si trovano ancora oggetti o disegni del frutto è perché sono intesi come simboli di ospitalità, raccontano sempre nel loro podcast Bowlin e Brown.

Quella che il sito gastronomico Eater ha descritto come «l’ossessione degli europei per l’ananas» cominciò a diminuire attorno al 1820, a mano a mano che le importazioni in Europa si fecero più frequenti, i prezzi più abbordabili e i metodi per conservare il cibo a lungo più efficaci. Quello che una volta era considerato un frutto di lusso insomma poteva essere trovato più a buon mercato nella maggior parte delle grandi città europee e, a poco a poco, consumato anche dalle fasce più basse della popolazione, con un certo disappunto da parte di quelle più alte, ha notato O’Hagan.

Anche a secoli di distanza dall’arrivo in Europa, comunque, gli ananas continuavano a essere frutti spettacolari da ammirare. Il protagonista del famoso romanzo di Charles Dickens David Copperfield (1850), per esempio, dice:

Quando avevo abbastanza denaro solevo comprarmi mezza pinta di caffè già fatto e una fetta di pane e burro. Quando non ne avevo, andavo a guardare un negozio di cacciagione in Fleet Street; oppure gironzolavo per tutto il tempo fino al mercato di Covent Garden per contemplare gli ananassi.

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